Che effetto farebbe a ciascuno di noi se riuscissimo a vedere la forma dei nostri ricordi, dei nostri, pensieri, delle nostre emozioni? Probabilmente resteremmo esterrefatti. Se poi vedessimo il nostro flusso mentale muoversi a seconda del nostro stato d’animo, disegnare sinusoidi, assumere forme e direzioni come un corpo di ballo assolutamente affiatato? Sarebbe emozionante. La realtà aumentata è in grado di dare forma e sostanza a quello che non possiamo vedere coi nostri occhi. Le installazioni d’arte immersive hanno proprio questo straordinario effetto. E nel mondo dell’arte mondiale i riflettori sono puntati sull’artista visuale turco, Refik Anadol, di fronte alle cui opere non si resta mai indifferenti.
Perché non è facile vedere ritratto il flusso mentale che ci attraversa. Le reti neurali che si intersecano per disegnare il pensiero sotto forma di onde, il cui movimento genera forme sempre diverse. Di struttura tridimensionale, nel segno del plasticismo che hanno solo le grandi sculture, le opere di Anadol entrano in risonanza con la parte più profonda di chi le osserva. Anadol, artista multimediale nonché ricercatore e docente presso il Dipartimento di Design Media Arts dell’UCLA di Los Angeles, è riuscito a superarsi ritraendo la memoria. Col progetto Melting Memories Anadol ha rappresentato con un’installazione monumentale il processo mnemonico.
Melting Memories è stato presentato nel marzo 2018 alla Galleria Pilevneli di Istanbul, ma il progetto è frutto della collaborazione tra l’artista e il Neuroscape Laboratory dell’Università della California, un centro per lo studio delle neuroscienze specializzato nella creazione di tecnologia e ricerca scientifica sulla funzione cerebrale di soggetti sani e con disabilità. “Anadol – si legge nel sito del video artist turco - ha raccolto i dati sui meccanismi neurali del controllo cognitivo dall’Eeg (Elettroencefalogramma) che misura i cambiamenti nell’attività delle onde cerebrali e fornisce prove di come il cervello funzioni nel tempo.
Questi dati costituiscono l’edificio che ha definito un unico algoritmo (procedimento informatico n.d.r.) con il quale l’artista ha realizzato la sua installazione multidimensionale. L’opera si dispiega su di uno schermo Led della dimensione di 5x6 metri fatto su misura con schiuma rigida fresata”. Ai partecipanti all’esperimento è stato chiesto di focalizzare la loro attenzione su specifici ricordi a lungo termine, dell’infanzia o della giovinezza. E a quel punto sono state isolate le onde cerebrali beta (13-17 Hz) e theta (3-7 Hz), appunto corrispondenti all’attivazione della memoria e breve e lungo termine. Il risultato è evidente nell’opera di Refik che comprende dati su dipinti, dati aumentati su sculture e proiezioni di luce, il tutto utilizzando una tecnologia avanzatissima che consente a chi guarda di vivere un’esperienza estetica che interpreta il movimento all’interno del cervello umano nella elaborazione dei ricordi. Un’esperienza affascinante che ha messo insieme la tecnologia più sofisticata e l’arte contemporanea.
Un’altra opera che ha suscitato grande interesse è Archive Dreaming, esposta a San Francisco nel febbraio del 2017 e a Istanbul nell’aprile dello stesso anno, l’opera di Anadol è frutto della collaborazione con Salt Research, il museo d’arte moderna della capitale turca. In questo caso l’artista, come si legge nel suo sito, ha utilizzato una macchina per l’apprendimento degli algoritmi per ricercare le correlazioni dei 1.700.000 documenti forniti dal museo. Le interazioni dei dati multidimensionali trovati negli archivi sono state proiettate in una video installazione, una sorta di architettura immersiva nello spazio. Dove i visitatori possono a loro volta interagire, navigando nella memoria dell’opera.