Sicuramente sarà stato il caso, questo “imprevisto, a volte terribile, a volte piacevole”, a far incontrare negli anni ‘90 Bruno Munari e Antoh Mansueto, artista napoletano, trapiantato a Milano per lavoro, che reinterpreta l’idea dell’arte come gioco, tanto cara al Maestro, esponendo le sue opere nella mostra Distruzione creativa, alla Casina di Raffaello di Roma, visitabile fino al 15 settembre.
Durante i mesi di permanenza della mostra, per i bambini e i ragazzi dai 3 anni ai 14 anni compiuti sarà possibile iscriversi a due laboratori didattici ideati dall’artista in collaborazione con la didattica della Casina: “Fare e disfare pittura” e “Fare e disfare scultura”, dove sarà possibile creare delle piccole sculture riciclate con pezzi di legno di scarto e comporre dei collages riciclati da disegni originali che Antoh metterà a disposizione. Anche gli adulti, a fine percorso espositivo, potranno distruggere uno schizzo dell’artista, oppure dare un calcio a una scultura temporanea di legno: “Ebbene, quando infrangi una struttura di pezzi di legno, il fragore produce una stupenda ed emotiva scultura sonora! Anche questa è arte! Interattiva.”
La distruzione di una piccola opera dell’artista che ha cercato di parlarti con le opere in mostra è una comunione simbolica.
Come per Bruno Munari la creatività e la fantasia dei bambini dovevano essere sempre sviluppati attraverso il gioco, considerato un’attività cognitiva a pieno titolo, così anche per Antoh l’arte stessa deve essere considerata un’esperienza fatta di gesti, azioni, che va sperimentata e non solo raccontata. L’esplorazione del Metodo Munari indagava e ricercava tutte le possibilità espressive dei diversi strumenti e tecniche della comunicazione visiva, indipendentemente dai significati: “Solo così i bambini possono sviluppare la capacità di osservazione, la loro manualità, la creatività e il pensiero critico e progettuale”. L’arte diviene quindi maestra di vita, cercando di indagare la complessità del mondo dove viviamo e di comunicarlo in maniera pura e autentica.
Per Antoh tutti i grandi movimenti artistici, impressionismo, cubismo, astrattismo, sono nati dalla volontà di infrangere i canoni allora dominanti e di sperimentare una nuova creatività, una sorta di distruzione creativa quindi: “Nell’arte, la distruzione è spesso l’altra faccia della creazione. Pare che a un certo punto, proprio all’inizio di tutto, ci fu una enorme esplosione, chiamata il Big Bang. Immensa e distruttiva. La più grande distruzione di sempre. Così cominciò la creazione dell’universo. Da allora, la natura è piena di piccole e grandi distruzioni creative, drammatiche e feconde. L’uomo specula su questo concetto da sempre”.
Osservando le opere esposte in mostra, tele, grafiche, alluminio sagomato, sculture in legno riciclato, percepiamo la vivacità creativa dell’artista che, attraverso un turbinio di colori ed emozioni, evoca e suggerisce sempre nuove interpretazioni del mondo che si crea e si distrugge. Il suo linguaggio artistico, spaziando dal surrealismo all’espressionismo, realizza composizioni quasi decostruttiviste dove il caos è l’elemento primordiale, con i suoi equilibri dinamici e le sue fratture.
Rivolgendo una particolare attenzione al mondo che viviamo, Antoh affronta anche l’importante tematica del recupero degli scarti, indagando i frammenti di scarto della nostra società: “Questi ultimi sono densi di carattere poetico, in quanto essi stessi sono rappresentazione di una parte del sentire umano. Più che smaltire agli scarti, sarebbe bello ricreare con gli scarti. Io questi scarti di legno li chiamo PEPITE e li adoro come fossero d'oro, spero che la mia mostra lo trasmetta. Forse, oggi anche l’economia circolare, di cui tanto si ha bisogno, può essere un girotondo creativo, simbolizzata dall’arte circolare. La vita prosegue grazie alla rinascita perenne, senza rinascita la vita nel mondo cesserebbe”.
I soggetti principali delle sue tele sono delle creature mutanti e incomplete, a metà tra i puppet e i cartoons, deformate e ingrandite per effetto di “prospettive accentuate”, che inviteranno i visitatori a riflettere con ironia sulla nostra società, caotica e sempre in continua evoluzione come l’artista stesso.