È la materia a parlare, a raccontare, a farsi decifrare nell’opera fondamentale di Alberto Burri. È l’idea che il fuoco possa sì purificare, ma anche intensificare l’esperienza estetica della tela oltre il suo dato intrinseco. Cosa c’è oltre la materia? Sembra questo l’interrogativo che ha accompagnato la ricerca artistica di un maestro dell’informale che ha segnato uno spartiacque necessario nella storia dell’arte del Novecento.
Nelle tele di Burri, magistralmente esposte nella mostra Burri, la pittura, irriducibile presenza, che si tiene a Venezia alla Fondazione Cini fino al 28 luglio, si può osservare un mondo celato attraverso le forature nelle tele, le bruciature che diventano feritoie da cui spiare un’altra dimensione. Mille altre dimensioni, fatte di materie, di tempo e di spazio rarefatti. Uno sforzo concettuale e filosofico che solo i grandi artisti riescono a compiere. E Alberto Burri, senza dubbio appartiene a questa schiera di eletti.
Un’esposizione rigorosa e necessaria quella allestita all'isola di San Giorgio Maggiore; suddivisa in tre sale che danno una temperatura emotiva alle opere del maestro umbro. Bianche le pareti per le tele bruciate, dove spiccano i rossi, i marroni, i bianchi e i neri. Nere le pareti dove emergono le tele ebano in cui l’oro regale dona l’eleganza di un concetto, l’apertura di un ragionamento geometrico, la bellezza di un istante prezioso. Legno, ferro, fuoco, plastiche, ovunque si spinge Burri, emergono le viscere della terra, la lava del vulcano, la potenza energetica della natura. La natura degli elementi.
La Fondazione Giorgio Cini inaugura, quindi, un’importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, a coronamento di una stagione anche di grandi celebrazioni internazionali per l’artista umbro. La mostra è curata da Bruno Corà, presidente della Fondazione Burri e organizzata con Fondazione Burri, in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA e in partnership con Intesa Sanpaolo.
Burri, la pittura, irriducibile presenza è un progetto concepito appositamente per Venezia che ripercorre cronologicamente le più significative tappe del percorso del Maestro della ‘materia’ attraverso molti dei suoi più importanti capolavori. Dai rarissimi Catrami (1948) agli ultimi e monumentali Cellotex (1994), con circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri e da prestigiose collezioni private, la mostra ricostruisce nella sua interezza la parabola storica di uno dei più grandi protagonisti dell’arte italiana ed europea del XX secolo e riporta Burri a Venezia dopo la memorabile personale che nel 1983 vide protagoniste 18 opere del ciclo Sestante nel suggestivo edificio degli ex Cantieri Navali alla Giudecca, segnando una tappa fondamentale nella carriera dell’artista.
Il percorso espositivo offre al visitatore l’opportunità unica di ammirare una selezione inedita di opere che rappresentano tutti i più famosi cicli realizzati da Burri: dai primi e rari Catrami (1948) e dalle Muffe (1948), presentati in stretto confronto con gli iconici Sacchi (1949-50), ai Gobbi (1950), per arrivare alle affascinanti Combustioni (1953), i Legni (1955), i Ferri (1958), le contorte Plastiche (1960) e l’evoluzione straordinaria dei Cretti (1970), divenuti uno dei temi di ricerca più rappresentativi di Burri, fino ai grandi Cellotex, realizzati fino a metà degli anni Novanta.
La mostra veneziana – il cui titolo si rifà alla celebre definizione data dallo stesso artista alla sua opera, e alla difficoltà di tradurla in parole – offre così una lettura penetrante del modo in cui questo pioniere della nuova pittura del secondo Novecento ha affrontato il tema centrale del suo tempo: quello dell’utilizzo e della trasformazione della materia in opera d’arte.
“Dopo un quarto di secolo dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1995, la mostra pone in evidenza la trasformazione recata da Burri nell’arte del XX secolo – ha sottolineato Corà. “Non è improprio paragonare l’innovazione linguistica introdotta da Burri con la ‘presentazione’ sistematica della materia reale al posto della mimesi rappresentativa, alla rivoluzione giottesca compiuta nel sostituire ai cieli d’oro della pittura medioevale il celeste che si poteva osservare in natura. In entrambe le innovazioni veniva introdotto il ‘vero’ nella pittura al posto della finzione imitativa di esso. Lo shock prodotto da Burri negli anni dell’immediato dopoguerra – continua il curatore – si può misurare solo con l’effetto ottenuto in tutto l’arco di esperienze artistiche da lui influenzate: dal New Dada di Rauschenberg, Jonhs e Dine, al Nouveau Réalisme di Klein, César, Arman e Rotella, dall’Arte Povera di Pistoletto, Kounellis, Pascali e Calzolari all’arte processuale e fino al neominimalismo a base monocroma”.
Nella mostra alla Fondazione Cini vengono ricostruiti alcuni fondamentali passaggi della pittura di Burri quale caposcuola della pittura materica: sono, ad esempio, stati riuniti per l’occasione alcuni grandi Sacchi del 1952, larghi 2,5 metri ciascuno, che Rauschenberg ebbe l’occasione di osservare l’anno successivo durante la preparazione della propria mostra alla Galleria dell’Obelisco di Gaspero Dal Corso e Irene Brin dal titolo Scatole e Feticci, in occasione di una visita compiuta nello studio di Burri, e che lo impressionarono così fortemente da indurlo a cambiare l’approccio al lavoro, giungendo nel 1954 a dipingere i Combine Paintings sotto l’evidente influsso burriano. In esposizione c’è anche un nucleo rilevante di Plastiche e un monumentale Cellotex del 1979 di quasi 3 metri per 4.
Burri la pittura, irriducibile presenza porta inoltre a compimento un percorso di riconoscimenti internazionali che negli ultimi anni ha ulteriormente affermato la grande attualità dell’opera di Alberto Burri, confermandolo tra i grandi maestri dell’arte italiana del Novecento: nel 2015 in occasione delle celebrazioni del Centenario della nascita dell’artista il Solomon R. Guggenheim Museum di New York ha dedicato a Burri una retrospettiva antologica, così come la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen K21 Ständehaus di Düsseldorf, a cui si sono aggiunte manifestazioni in numerose istituzioni italiane, tra cui la grande mostra nella sede della Fondazione Burri a Città di Castello (Perugia) a fine 2016.
La lettura della carriera di Burri viene resa organica dalla presenza di una sezione documentaria multimediale dell’intera attività dell’artista, in cui è possibile vedere anche alcuni rari film che lo ritraggono in azione. Il catalogo bilingue (italiano-inglese), introdotto da un saggio critico del curatore Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e di Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, contiene il repertorio di tutte le immagini delle opere e offre così rinnovati strumenti di conoscenza del lavoro e del profilo dell’artista stesso, anche grazie a una sezione bibliografica interamente aggiornata. L’allestimento è realizzato dall’Architetto Tiziano Sarteanesi.
Intesa Sanpaolo, nell’ambito di Progetto Cultura, piano triennale delle iniziative culturali della Banca, partecipa alla realizzazione della mostra anche attraverso il prestito di opere del grande artista appartenenti alle raccolte d’arte di proprietà. I capolavori di Burri Sabbia (1952) e Rosso Nero (1953), tra le opere di maggiore rilevanza del programma “Cantiere del ‘900” – dedicato alla valorizzazione delle collezioni del XX e XXI secolo – ospitato nel museo della Banca a Milano, le Gallerie d’Italia, trovano in una città d’arte come Venezia e in particolare in questa mostra l’occasione per rinnovare il proprio significato e valore.