Mi ha colpito l’interpretazione della zingara Alina al suo esordio italiano nel film Dimmi che Destino avrò di Peter Marcias, la sua personalità aperta e poliedrica, la disponibilità a mettersi completamente in discussione e l’indiscutibile fascino di donna dell’Est. Luljeta Bitri Lushnjë, nota Luli, è un’attrice di origine albanese, stimata ormai in tutta Europa, dopo il successo ottenuto nel 2010 dal film Amnesty del regista Bujar Alimani al Festival cinematografico di Berlino.
Luli, diplomata all'Accademia delle Belle Arti di Tirana, è tornata al Teatro – dove aveva esordito nel 2001 con Beckett – in occasione dello spettacolo portato in scena da Michele Placido e Isabella Ferrari a Roma alle Terme di Caracalla il 9 e 10 agosto scorso. Lo spettacolo, Un bacio nel cuore - Le donne nella vita e nella musica di Verdi, è costruito dalle lettere che ha scambiato il grande compositore con le sue donne, la prima moglie Giuseppina Streponi, interpretata da Isabella Ferrari, e il soprano Teresa Stolz, la musa e amante di nazionalità ceca che ha rappresentato le eroine protagoniste delle sue opere, da Leonora (Il Trovatore) ad Amelia (Un ballo in maschera), da Abigaille (Nabucco) ad Azucena (Il Trovatore), da Violetta (La Traviata) a Gilda (Rigoletto), interpretata appunto da una splendida Luli.
1. Come ti sei calata, Luli, nel personaggio di Teresa Stolz? Cosa ti ha regalato la vicinanza di questa grande donna della vita di Verdi?
Si tratta di un personaggio straordinario, di una storia coinvolgente che mi è capitata quasi per caso… Gli incontri importanti a volte sembrano un mistero, ma io preferisco credere al destino… e al Destino mi affido! Del resto ho esordito in Italia con il film di Peter Marcias Dimmi che destino avrò… Proprio per il ruolo di Alina in questo film ho vinto il premio come Migliore Attrice al B.A. Film Festival, così sono andata a Busto Arstizio per ritirare il Premio. È stato lì che ho conosciuto Michele Placido e, come si fa tra attori appassionati, ci siamo raccontati i nostri progetti. Sono rimasta colpita e affascinata dalla figura di Verdi, dalla personalità di queste due donne fuori dal comune. In ogni attrice esiste sempre il sogno di impersonare una donna dell’Ottocento, figurati con che gioia ho accolto la sfida di essere Teresa Stolz, una straordinaria soprano e inseparabile musa del compositore. Ho trascorso un periodo bellissimo: non ho fatto che studiare la parte, immergendomi anima e corpo nel copione. Mi sono tuffata nelle ricerche sulla vita di Verdi, sul rapporto con le sue donne, con le sue opere, con la magia delle sue note…
2. Come hai vissuto l’impatto con il pubblico romano, nella cornice magica delle Terme di Caracalla?
Non sai quanto io ami il teatro, la magia dello spazio libero di fronte allo spettatore! Condividere quest’emozione con la personalità di Michele Placido e Isabella Ferrari, travolta dal fascino dell’appassionante musa di Verdi, sul palco incantato delle Terme di Caracalla, per me è stato un grandissimo dono della vita. Immagina che estate inconsueta e coinvolgente avvolta dalle magnifiche note del genio nel tempio della pace romana…
3. È stato facile lavorare con Michele Placido e Isabella Ferrari?
Lavorare con i grandi è sempre un’opportunità, un motivo di crescita: è stato come se li avessi conosciuti da sempre, mi hanno fatto sentire a mio agio fin dal primo momento. Però, ammetto, che lavorare con loro è stata anche una grande responsabilità. Devi dare il massimo, non puoi permetterti cali di tono o di ritmo, devi essere sempre carica di energia. Non lo voglio nascondere, all’inizio non riuscivo a credere che avrei recitato accanto a loro, per di più a Teatro, poi mi sono fatta forza e ho affrontato il Destino preparandomi con impegno. Placido mi ha dato fiducia contribuendo a rafforzare le mie qualità e talenti. Ferrari è una donna di gran cuore, non è solo una brava attrice, mi sono veramente sentita accolta dalla sua umanità e poi mi sono decisamente innamorata del modo in cui ha fatto vivere il suo personaggio, la ammiro immensamente.
4. Preferisci misurarti con un pubblico dal palcoscenico o ti affascina di più il rapporto con la macchina da presa? Dove ti trovi più a tuo agio?
L’interpretazione a teatro non cambia tanto rispetto a quella davanti alla macchina da presa. Il segreto è saper gestire le diverse misure. Io ho iniziato col teatro e mi sento a mio agio davanti a una sala piena di occhi che mi guardano. Mi ha sempre affascinato, fin dal primo giorno, il momento in cui mi viene assegnata la parte. Ogni replica, poi, con i suoi brividi d’emozione e la sua ansia di prestazione, mi riempie di gioia. Il cinema è venuto dopo, ma, non lo nego, amo anche il grande occhio, quello della macchina da presa. Perché è proprio quello che mi rende immortale nel tempo.
5. Il film che ti ha resa famosa, Amnesty, ti ha vista nel ruolo di Elsa, la moglie di un detenuto finito in carcere per debiti. Questa donna si porta dietro una grande tristezza, la stessa che investe tutti i personaggi della storia e forse l’Albania stessa. Molte scene rappresentano lo stato sulfureo di una società senza via di scampo, la povertà investe ogni campo della vita, compreso quello delle emozioni, tanto che non è mai possibile sognare… Come ti sei preparata per affrontare questo complesso personaggio giocato spesso sulla comunicazione non verbale e sulla magia dei silenzi?
Come al solito, è stato tutto un gioco del Destino… Ero tornata a recitare a teatro, a Tirana, dopo anni in Italia, e proprio quella sera ho ricevuto la proposta di Alimani… Dopo aver letto la sceneggiatura del film, mi sono sentita fortunata, volevo essere quella donna, un profilo qualunque di femmina abortita dal sistema. Una tra le tante donne di provincia, una donna che non ha realizzato se stessa e che non ha più sogni o forse non ne ha mai avuti, una di quelle persone che vive nella grande disperazione di una vita che non vuole vivere, ma che nello stesso tempo non sa come migliorare. Ho cominciato a frequentare i pullman, a prendere il caffè nel bar davanti alla prigione. Volevo vedere con i miei occhi la tristezza di quelle piccole donne, leggere nei loro volti il terrore di quella solitudine, l’angoscia per il fallimento delle loro esistenze, il senso del supplizio subito da un’atavica programmazione. Non è stato difficile immedesimarmi nella loro sofferenza, nel dolore della mia terra...
6. Qual è stato il tuo rapporto con il regista Alimani e perché sei stata scelta per quella parte?
Alimani è uno sceneggiatore e un regista che conosce bene la psicologia di una donna, mi è stato di grande aiuto nei momenti difficili. Non so perché abbia scelto proprio me per il ruolo della protagonista, forse ha visto nella mia interpretazione i colori che cercava per il suo personaggio. Lui è stato capace di creare sul set un clima amichevole, sempre colmo di buon umore, è sempre stato delicato e costruttivo nel criticare quello che non andava. Personalmente adoro la sua penna e non vedo l'ora di iniziare il prossimo film. Siamo in fase di preparazione per il film Gold, nel quale reciterò di nuovo da protagonista.
7. Per il ruolo di Elsa hai ricevuto il Premio Miglior Attrice all’East East West Festival di Orenburg in Russia. La giuria del Festival era composta dal famoso regista polacco Zanussi, da Sherif Award, critico d’arte, e dal regista serbo Goran Paskaljevic. La descrizione del Premio è stata la seguente: «A Luli Bitri, un’attrice che riesce a trasformarsi senza aver paura di imbruttirsi. Un ruolo irriconoscibile con l’attrice della vita quotidiana. Una strong woman!».
Ho vinto anche altri due premi come miglior attrice protagonista al Festival Internazionale del Cinema di Vernon (Francia), edizione 2011, e il Premio Internazionale “Golden Goddess” al Prifilmfest. E naturalmente anche al Festival del Film Albanese del 2012 ho ricevuto il premio “Miglior attrice protagonista”.I premi mi hanno dato fiducia e mi hanno portato a un impegno maggiore per permettermi di crescere ancora per ruoli migliori ancora più difficili. Ogni sfida, per me, è un’opportunità.
8. Quanto è stato difficile rappresentare attraverso la lente sottile del tuo personaggio il doloroso e tragico mutamento della Storia dell’Albania?
Io sono un’attrice drammatica e non so se lo posso dire, ma trovo una grande soddisfazione se i ruoli sono complessi sia dal punto di vista psicologico sia politico-sociale. Questo ruolo è stato una grande sfida per me, ma credo di aver superato la prova. Sono stata felice di poter dar voce a quelle piccole donne che non sono in grado di uscire dalla trappola del proprio Destino.
9. Il racconto della passione di un uomo e una donna, nata ai margini di un carcere, una tenera storia d'amore, condizionata dalla detenzione dei rispettivi coniugi, che rapporto ha secondo te, con gli obblighi e divieti imposti da un regime in fase di trasformazione?
Elsa e Shpetim vanno verso la prigione a compiere il loro dovere nei confronti dei coniugi. Non hanno il coraggio di fare il contrario, ma non vedono neanche un raggio di sole intorno a loro. Vivono nella loro povertà, senza speranze, senza fantasia, senza ribellione. Anche se loro sono fuori dai cancelli, sono loro i veri prigionieri. Solo nel momento in cui le loro vite si incrociano, offrendo alla loro anima un reciproco specchio, allora c’è una specie di risveglio e nasce la speranza in una vita migliore, forse semplicemente più libera, dove non sono costretti a compiere solo doveri. Elsa ha due bambini, non ha più un lavoro e come se non bastasse ha un suocero che la controlla. Gli anni passano e lei si sente in trappola, senza un motivo per sorridere, con un marito che la considera solo un oggetto con cui soddisfare le sue esigenze sessuali.
10. Le scene erotiche sono interpretate secondo un canone di moralità sociale che inizia a sciogliersi solo oggi, nonostante la dissoluzione della Repubblica popolare sovietica sia avvenuta da oltre un ventennio – ricordiamo che la Nuova Repubblica di Albania è nata nel 1991 dopo quasi cinquant’anni di Regime. Quanto tempo passerà ancora perché l’Albania, le donne e gli uomini albanesi, si possano liberare di questo pesante condizionamento?
Questo film con queste scene erotiche è considerato un film coraggioso. Non è l'unico film che supera i condizionamenti del tempo del comunismo. Pensa che una volta nei film era impossibile vedere un bacio. Abbiamo recuperato in fretta. Questo film non rappresenta tutta l’Albania, ma parla proprio della sua parte malata.
11. Ti senti in linea con l’attuale ruolo della donna albanese nel film? E nella vita?
Io a differenza di Elsa ho cercato di realizzarmi, studiando. Ho sognato e ho sfidato il mio Destino. Sono libera e forte. Sono una che combatte per realizzare i propri sogni.
12. Come sta cambiando il ruolo della donna nel tuo paese e quanto è importante il suo ruolo per la crescita di tutto il paese?
Sono accaduti tanti cambiamenti in questi 20 anni e la donna è stata la prima a cercare la sua indipendenza. Abbiamo recuperato in fretta perché siamo ambiziose. C'è tanto da fare ancora, è vero, ma alla fine questo capita dappertutto. Io che vivo ormai in Italia da anni, mi sono accorta che problemi simili si vivono anche in questo Belpaese.
13. Le scene erotiche sono rare, le donne sembrano indifferenti, la sessualità è qualcosa di meccanico, quasi violento e senza eros, senza passione, è stata una scelta precisa di Alimani?
Tra di loro non c'è più amore. Il sesso è solo un dovere per le donne. Questo faceva parte della visione del regista.
14. Che differenze hai riscontrato tra la tua esperienza cinematografica in Albania e le luci della ribalta italiane?
A parte la difficoltà di dover recitare in una lingua straniera, nel modo di lavorare non ho notato nessuna differenza.
15. Al tuo esordio italiano ti abbiamo visto nei panni di una zingara a recitare insieme ad attori non professionisti del mondo dei rom, cosa ti ha insegnato quest’avventura sotto la guida di Peter Marcias?
L'esperienza in questo film è stata forte. L'impatto con la realtà rom è stato dirompente. Non mi era mai capitato di conoscere la loro cultura, la loro psicologia, la loro filosofia di vita e quando Marcias mi ha proposto quella parte, ho capito che dovevo prepararmi a fondo. Ho imparato ad accettare le persone per come sono, per tutte le scelte di vita che fanno, senza giudicare ciò che è lontano da quello che ho scelto io.
16. Come ti sei preparata per questo ruolo?
Mi sono tuffata nelle ricerche sulla cultura rom, sulla lingua Romanès e quando mi sono materialmente trovata al campo nomadi tutto è diventato più facile. Dovevo essere una di loro e per fare questo dovevo crederci in quel modo di vivere.
17. Nei due lungometraggi che hai interpretato come protagonista ricopri un ruolo ai margini della vita sociale: zingara, moglie di un detenuto, sono due tipi di detenzione differenti? Dove ti sei trovata più a tuo agio?
Elsa e Alina sono state due personaggi diversi. Elsa depressa, debole, buona e schiava del proprio Destino. Alina una donna in bilico tra due realtà: nata e cresciuta nei campi rom e poi trasferitasi per studiare e lavorare a Parigi. La cosa in comune è che tutte e due vogliono una vita migliore. Elsa per la sua famiglia e Alina per tutti i più deboli. Nel momento in cui mi viene affidato un ruolo da interpretare faccio l'impossibile per essere pienamente nella parte. Sono stata fortunata con entrambi i personaggi perché li ho sentiti profondamente dentro.
18. Come è nata la tua passione per questo lavoro - perché di passione si tratta naturalmente? C’è un evento o una persona in particolare che ti ha suscitato questo stimolo o è stato piuttosto un bisogno di andare a fondo nella conoscenza interiore di te stessa?
Dopo il liceo ho studiato un anno di Medicina. Capivo che non era il mio mondo, perché ero troppo sensibile agli odori degli ospedali, non tolleravo la sua tristezza, le sofferenze e i dolori. Da piccola amavo la letteratura, l'arte ma senza capire esattamente che era la recitazione quella che amavo. È stato grazie a una mia amica, di nuovo per caso, o meglio per Destino. Si è fatta venire l’idea di un concorso e io mi sono buttata a capofitto in questo sogno. Il Destino mi ha favorito, ho vinto la possibilità di studiare all’Accademia delle Belle Arti di Tirana. In quei 4 anni di percorso ho messo tutta la mia passione e l'amore per quest'arte. Non mi sono mai pentita di questa scelta, nonostante tutte le difficoltà che ho dovuto affrontare, è stata la migliore scelta della mia vita, un vero cammino del cuore.
19. A quali progetti ti stai dedicando in questo momento?
Ho appena finito di girare un corto a Tirana la settimana scorsa. Si intitola Finalmente a casa, e infatti mi sono sentita anche io finalmente a casa a recitare di nuovo nella mia lingua. Sono in attesa delle date delle repliche dello spettacolo Un bacio sul cuore di Michele Placido, e, nel frattempo, sto valutando una piece teatrale a Tirana. Siamo anche in fase di preparazione del nuovo film di Alimani Gold.
20. Dimmi che destino avrai… nel tuo futuro: resterai in Italia o ti aspettano nuovi viaggi?
In Italia ho la mia famiglia, quindi tornerò di sicuro. Sto pensando, però, a una nuova esperienza in Francia o in Inghilterra… Le vie del destino sono infinite… Credo nel Destino ma anche nel detto: “Il Destino non è altro che il risultato delle nostre azioni passate”.
Il prossimo appuntamento è per il 22 di Ottobre.