Mi rendo conto che nei miei articoli ricorre spesso la meteorologia. Forse perché invecchio, e le mie ossa reagiscono in tempo reale alle variazioni di temperatura/umidità, producendo sinistri rumori. Al di là della ragione, ne scrivo spesso, e per non smentire questa tendenza, oggi segnalo che con lo sganciamento della bomba d’acqua piombata sulla mia terra nel penultimo giorno di settembre, l'estate può dichiararsi archiviata.
Tutto ciò mi serve non per aggiornarvi sull’arrivo dell’autunno (informazione comunque utile e gratuita) ma per stilare la classifica dei concerti dell’estate. E’ una graduatoria parziale, va presa come un diario personale, e non come un borsino dei migliori spettacoli passati per l’Italia nei mesi scorsi. L’imbuto che mi impedisce di proporre una classifica esaustiva e tuttologa, oltre alla carenza di preparazione che vi prego di trascurare con eleganza, è fatto essenzialmente di due ragioni: i miei gusti e le ridotte disponibilità finanziarie.
Nonostante il budget di grandezza decisamente finita, nell’estate 2013 ho visto (sentito) un bel po’ di concerti. La parte principale è toccata, visto che vivo in Toscana, al Lucca Summer Festival e al Pistoia Blues. Ma sono andato a cercarmi un po’ di musica fino al Galles (Brecon Jazz), non ho disdegnato incursioni fiorentine ed esibizioni a numero chiuso per pochi intimi. Dal punto di vista economico, nonostante qualche provvidenziale accredito, l’esborso ha ridotto il mio rating al livello junk. Ma ne è valsa la pena, ed ecco qui la top five.
5) Carla Marciano Quartet al Serravalle Jazz. La sassofonista salernitana, che non avevo mai ascoltato, mi ha letteralmente travolto, alla fine di agosto. Alternandosi tra il contralto e il soprano, suona una musica non facilissima, d’ispirazione coltraniana, fatta di violente sfuriate, di intrecci improvvisati: un flusso spontaneo di ispirazione (non a caso il suo ultimo disco si intitola Stream of consciousness à la Joyce) che viene controllato con maestria sia dalla titolare che dagli altri membri della band. La differenza con altri concerti jazz ascoltati quest’anno è proprio il perfetto affiatamento tra i musicisti, che hanno tenuto l’acceleratore a tavoletta e hanno obbligato il pubblico a continui applausi di approvazione, prima dello scrosciante tributo finale.
4) Van Der Graaf Generator al Pistoia Blues. E’ difficile spiegare a parole il clima vissuto durante questa esibizione, che precedeva l’ottimo live di Steven Wilson. Più volte il pubblico si è alzato in piedi e ha camminato dalle poltroncine fino al bordo del palco. Non per scattare foto e girare cilp, come ormai succede ogni singolo istante in ogni singolo concerto, né per vedere o sentire meglio degli altri. Non era nemmeno una generica processione adorante: il fatto è che pochi resistevano all'impulso di ringraziare Peter Hammil e compagni per quello che stava uscendo dalle casse. E’ stata una rara e preziosa dimostrazione di come si possa avere l’aspetto di pensionati sottratti alla serata bingo, eppure rilasciare nell’aria continue esplosioni di genio, senza indulgere mai nell’autocelebrazione.
3) Leonard Cohen a Lucca. Lo metto sul terzo gradino del podio solo perché non è corretto farlo concorrere con esseri umani, essendo Egli notoriamente di origine soprannaturale. E poi anche perché ero al suo terzo concerto, quindi non sono stato stordito dallo stupore della prima volta. I suoi live sono perfetti, ripercorrono una carriera piena di perle senza dimenticare le tappe fondamentali, coccolando il pubblico per tre ore abbondanti, non regalano illuminazioni impreviste ma non scendono mai al di sotto dell’eccellenza. Insomma, tutto ciò che avreste sempre voluto da Cohen e non avevate (fino al 2008, quando la bancarotta l’ha spinto on the road) osato chiedere. Peccato che sia probabilmente l’ultimo tour mondiale, perché il Grande Canadese è ancora in forma, e l’ultimo Old Ideas dimostra che l’ispirazione non è scomparsa.
2) David Byrne e St Vincent a Firenze. Questo è il concerto che ha sigillato l’estate, al Teatro Verdi. Non sono ferratissimo sulla produzione di Byrne solista (per usare un eufemismo, in realtà mi fermo quasi del tutto ai Talking Heads) e Love this giant in coppia con la brava e bella cantautrice, al secolo Annie Clark, non mi aveva entusiasmato. Lo spettacolo mi ha offerto alcune conferme (per esempio su quanto St Vincent sia brava e bella) e mi ha fatto cambiare idea sulla coppia. Non perché nel disco, riascoltato nei giorni precedenti e successivi allo spettacolo, ci siano canzoni memorabili (qualcuna proprio bella c’è), ma perché, semplicemente, il concerto è stato una delizia per le orecchie da ogni punto di vista. Con la brass band sul palco (cioè con una banda di ottoni) alla quale si aggiungevano solo le percussioni e le due chitarre dei solisti, l’atmosfera è stata magica dall’inizio all’ultimo mini-bis, quando i musicisti sono usciti dal palco e rientrati nel corridoio centrale della platea, continuando a suonare a un metro dalla mia poltroncina, per via di una sfortuna sfacciata. Ho tenuto a lungo in ballottaggio questo spettacolo con
1) Nick Cave a Lucca. Nonostante una passione più che ventennale, non ero mai stato a un concerto di Nick. E avevo fatto molto, ma molto male, perché quello del Summer Festival è il mio concerto dell’estate. Warren Ellis nella parte del regista spiritato, Cave in quella dell’attore lascivo che, dal vivo, mette (quasi) da parte le ballad più delicate e sceglie di sferzare il pubblico con i pezzi rock più elettrici e chiassosi. Quella dei Bad Seeds non è stata un’esibizione senza sbavature (Nick ha cominciato con una voce incerta, Ellis ha steccato più volte con quel violino provocatore, il filo si è perso qua e là) ma l’impatto emotivo è stato portentoso, indimenticabile. Alla fine era sudato lui, eravamo sudati noi, tutti felici e fradici. Più o meno - per usare una metafora che piacerebbe a Nick Cave - come alla fine di una serata spesa molto bene, se capite quello che voglio dire.