Pur giovanissima diciottenne, ha al suo attivo importanti riconoscimenti a livello internazionale ed è stata da poco nominata dal presidente Mattarella Alfiere della Repubblica per l’impegno nella diffusione del patrimonio pianistico italiano. Ha suonato nei principali teatri mondiali e ha recentemente inciso un CD dei Pechés de Vielillesse di Rossini, che è entrato nella classifica generale di tutti i generi musicali, prima pianista classica italiana a entrare in una classifica di questo genere.
Sono una diciottenne come tante altre, adoro la musica, è un po’ il mio ambiente naturale, ci sguazzo come una piccola lontra nell’acqua. Ma sono anche una rossiniana e perciò amante della buona tavola, del buon vivere e dell’ironia, un’arma preziosa per affrontare i momenti di difficoltà.
Progetti ne ho quasi quotidianamente, impossibile non averne quando ami la musica! Per ora i concerti di Paisiello e le Sonate di Cherubini, naturalmente Rossini e anche musica da camera. Tante pagine di musica restano ancora inesplorate o poco eseguite, il nostro patrimonio è ricchissimo. Ora, se pensiamo che Il viaggio a Reims di Rossini, un assoluto capolavoro, è stato portato alla luce solo negli anni ’80 e che Caravaggio era quasi sconosciuto ai più sino agli studi e alla riscoperta moderna di Roberto Longhi nel ‘900, immaginiamoci quanto lavoro resta da fare sulla musica italiana e non solo italiana!
Sinora ho avuto più gioie che delusioni, ho ottenuto dei riconoscimenti che sono andati al di là di ogni mia aspettativa e che mi spronano a continuare con sempre maggior impegno ed entusiasmo. L’emozione più grande l’ho provata al Quirinale, quando il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mi ha conferito l’onorificenza di Alfiere della Repubblica, mi tremavano le mani!
Ma dalle piccole delusioni che ho avuto, sino ad oggi ho imparato a trarre le giuste conclusioni e a continuare nel mio impegno senza demoralizzarmi. Speriamo di continuare, saper mettere a frutto le critiche o semplicemente saperle incassare è molto importante.
Quanto ai sogni, naturalmente tanti, ma in questo momento il primo è superare l’esame di maturità! Lo dico perché ho scelto il liceo linguistico e maneggiare limiti, derivate e quant’altro rimane un miraggio. Ho anche la musica perfetta: L’enfant et le sortilèges di Ravel: nello spettacolo scaligero interpretavo con le voci bianche gli incubi della matematica "C’est l’arithmetique ,tique, tique, tique”!
Quanto il tuo impegno musicale interferisce con la tua vita di giovane ragazza?
Moltissimo, ma in senso positivo. Il sacrificio non è così pesante se è motivato dalla passione. I miei impegni mi hanno portato a stringere amicizie con ragazzi che hanno i miei stessi interessi o con i quali condivido esperienze importanti, come è stato per esempio nel caso del Coro di Voci Bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala. O con alcuni giovani musicisti, come i fratelli Kaufman, con i quali spesso suono e studio in Conservatorio, ma anche mi diverto molto.
Poi viaggio spesso per concerti e questo mi ha permesso di conoscere luoghi bellissimi, città e anche teatri e musei. Il nostro Paese è davvero meraviglioso. Ma viaggio anche all’estero, Parigi, per esempio, dove sono nata e che è stata la mia residenza secondaria, o Salisburgo, dove ho studiato al Mozarteum.
Si apre il sipario, dopo gli applausi un silenzio “assordante”, sfiori i tasti dello strumento: cosa provi?
Prima di tutto dipende dal pianoforte che ci si trova a suonare! È normale che ai ragazzi capiti un po’ di tutto. Purtroppo è come voler offrire un buon pranzo agli invitati avendo a disposizione solo cibi precotti: è dura!
Il mio sogno è avere un assistente come Viggo Mortensen nel film Greenbook. In una scena, Mortensen - autista e assistente di un grande pianista di colore, incaricato tra l’altro di controllare la qualità del pianoforte - prima di un concerto “discute” con l’addetto che porta un pianoforte improponibile, pretendendo che si possa suonare di tutto. Dopo la “discussione” l’inquadratura riprende con il pianista che suona su uno Steinway gran coda! Però, anche questi inconvenienti rappresentano esperienze importanti.
Comunque, gli istanti prima di cominciare il concerto sono sempre i più difficili, bisogna controllare l’ansia e le tensioni, trasformarle in qualcosa di positivo. Poi la musica fluisce e tutto diventa naturale.
Perché proprio il pianoforte e non un altro strumento?
Fin da piccolissima, suonavo su un “libro-pianoforte”. Il pianoforte mi affascinava per la sua completezza, con tutti i registri dell’orchestra. Era lo strumento che più mi avvicinava alla musica nella sua interezza, che più degli altri mi permetteva di riprodurre i suoni di un insieme. Non è un caso che i maestri collaboratori suonino il piano e non un altro strumento; i cantanti provano al pianoforte perché meglio degli altri si avvicina all’insieme orchestrale. E poi è anche lo strumento che più di qualunque altro può suonare da solo, ma allo stesso tempo anche con altri strumenti in formazioni cameristiche e con le voci.
Hai inciso pezzi di Rossini come tuo primo CD: a cosa è dovuta questa scelta?
Mi sono innamorata di Rossini fin dal Coniglio di Siviglia dei Looney Tunes che guardavo da piccola. Poi, complice il DVD con la regia di Ponnelle, ho convinto i miei compagni delle elementari a mettere in scena in teatro Il Barbiere di Siviglia, curandone anche la regia. Io avevo il ruolo di Rosina e lo spettacolo era davvero divertente, il nostro Figaro sembrava un cartone animato, sbagliava tutte le acconciature, uno spasso. Ma già conoscevo altre opere di Rossini, come Il viaggio a Reims, L’Italiana in Algeri, L’occasione fa il ladro e naturalmente la mia preferita: La Cenerentola.
Il mio amore per Rossini cresceva nel tempo e Mario Marcarini, che avevo conosciuto da piccola agli Amici del Loggione del Teatro alla Scala, mi aveva suggerito di ascoltare anche i brani per pianoforte di Rossini, raccolti nei Péchés de vieillesse. Ne sono rimasta affascinata, nelle esecuzioni di grandi pianisti come Dino Ciani, Ciccolini, Marangoni, solo per citarne alcuni. Così, appena raggiunto il livello tecnico necessario – si tratta di pezzi diabolici - ho incominciato a inserirne alcuni in repertorio. Poi Mario Marcarini – che oltre a essere storico della musica è anche General Manager di Concerto Classics - mi ha proposto di incidere un CD dei Péchés de vieillesse con i recitati autografi (Rossini inserisce negli spartiti delle didascalie che devono essere declamate dal pianista durante l’esecuzione) e sono stata felicissima e onorata di farlo. Il CD ha avuto un grande successo – perché Rossini è irresistibile! - è entrato nella Top Ten di i-Tunes classica e nella Top of the Music, classifica di tutti generi: mi ha fatto una certa impressione vedermi subito dopo Vasco Rossi!! Spesso mi chiedo se Rossini sarebbe stato soddisfatto del mio lavoro. Mi piace pensare che avremmo gustato insieme una torta di mele, magari con un po’ di crema Chantilly.
A parte il musicista pesarese, quali brani pianistici ti fanno venire i brividi (di gioia)?
Senz’altro il Mendelssohn del Rondò capriccioso, il Concerto per tre pianoforti e orchestra di Mozart, la Rhapsody in Blue di Gershwin, La Valse di Ravel. Deliziosi anche i Concerti di Paisiello.
Quale pezzo sceglieresti per fare da sfondo a una coppia di innamorati?
Per i più spensierati Je te veux di Satie per piano solo, per i più romantici La plus que lente di Debussy.
E quale per esprimere la tristezza di un amore che finisce?
Hommage à Edith Piaf di Poulenc, un’improvvisazione ispirata a Les feuilles mortes. In caso di tradimento, perfette anche le Variazioni su un tema del Rigoletto di Liszt.
Come consideri l’educazione e l’approccio dei tuoi coetanei alla musica e cosa proporresti per avvicinarli di più alla musica classica?
Spesso molti adolescenti dicono di non amare la musica classica. Questo secondo me è soprattutto dovuto alla proposta che viene loro sottoposta. Tutti i giorni ascoltiamo musica leggera e quella classica passa ancora come qualcosa di polveroso e faticoso. Non è assolutamente vero. Anche la musica classica è talmente varia che è impossibile che qualcuno non trovi qualcosa che gli piace. Sarebbe come se mi chiedessero se mi piace la musica pop o rock o blues e io rispondessi di no!! Ma certo che mi piacciono, certo che ci sono pezzi che amo! Bisogna però proporre questa varietà, cercando sempre di capire come attirare l’attenzione dei giovani, imparando da Bernstein e dai suoi straordinari Young people’s Concerts. Ho fatto di recente un concerto per le scuole nel delizioso Teatro di Fiorenzuola, insieme a un violinista di talento, Indro Borreani, allievo di Uto Ughi, con cui ho formato un duo. Abbiamo suonato musiche di Paganini e Rossini, raccontando anche la storia della loro amicizia, i travestimenti carnevaleschi ecc. Alla fine, i ragazzi non se ne volevano più andare! Sarebbe bellissimo se tutti ascoltassero dei brani di musica classica come noi ascoltiamo quelli pop. Bisogna però trovare dei modi di comunicare diversi, più contemporanei e soprattutto più divertenti. Non è impossibile, sono ottimista.
Quanto l’ambiente musicale milanese ha contribuito alla tua formazione e alla tua affermazione?
Moltissimo. Milano è un polo di eccellenza musicale mondiale, il Teatro alla Scala ne è una chiara testimonianza. È una città che offre continue sollecitazioni culturali, a partire dalle mostre fino ai concerti. Crescendo in questa città è più facile capire le proprie attitudini e trovare le scuole di livello che permettono di svilupparle, da quelle per i più piccoli fino agli istituti di formazione superiore e di alto perfezionamento. Attualmente, per esempio, studio per la laurea triennale al Conservatorio Giuseppe Verdi, dove ho incontrato le mie insegnanti, Daniela Ghigino e Anna Abbate, persone di straordinaria competenza e sensibilità. Poi in questo momento Milano è certamente una delle città più vivaci d’Europa, è bello viverci.
Hai definito gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala una tua seconda casa: come li puoi raccontare?
Ho cominciato a frequentare l’Associazione dall’età di 8 anni. Andavo a sentire le conferenze del Presidente Gino Vezzini e di Mario Marcarini, che spesso incontravano anche grandi artisti e protagonisti scaligeri. Ho subito sentito un ambiente di sincera passione musicale e l’affetto di persone competenti, che mi hanno sin dall’inizio coinvolta con il loro grande amore per il nostro Teatro e per la musica. Poi è nato Classical Kids, una rassegna di concerti di giovanissimi strumentisti vincitori di concorsi internazionali, dove noi piccoli potevamo suonare in un contesto prestigioso e non competitivo (non amo l’eccesso di competizione, anche se ho vinto diversi concorsi, essere in gara con gli altri è uno spreco di energia, è molto più stimolante lavorare insieme agli altri, si ottengono risultati migliori). La manifestazione continua anche oggi e la seguo sempre, ora da spettatrice. Poi le prime al Loggione sono un’esperienza bellissima, le discussioni nell’intervallo, i pareri appassionati nel foyer… Ci sono sempre andata, tranne quando ero in scena!
Fai parte del Coro delle voci bianche dell’Accademia della Scala: che emozione ti dà trovarti sul palcoscenico di un mito della musica mondiale?
Far parte del Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala è stato un vero privilegio, una tappa formativa fondamentale. Prima di tutto lì ho imparato come coniugare disciplina e allegria, circondata da un ambiente di eccellenza professionale sotto la guida di grandi Maestri come Bruno Casoni, Direttore del Coro che ci ha sempre preparati insieme a Marco De Gaspari. E poi l’emozione del Teatro e di quale Teatro! Un’emozione che si rinnova a ogni produzione, a ogni recita. Bohème, Tosca, Carmen, Attila, Il Cavaliere della rosa, Il Flauto magico, sono solo alcuni dei titoli. Produzioni e concerti che mi hanno permesso di venire a contatto con direttori d’orchestra come Muti, Chailly, Gergiev e registi come Zeffirelli, solo per fare qualche nome. E poi s’impara a gestire l’imprevisto: un cantante che si ammala e viene sostituito, un asino che non si vuole spostare, un piatto che cade, un cappello che vola nella buca d’orchestra! Davvero una scuola di eccellenza dove abbiamo imparato con tanta allegria.
Quale ambiente all’aperto di Milano ti ispirerebbe maggiormente per un tuo concerto pianistico?
Mi è piaciuto molto suonare ai giardini di Villa Palestro per Piano City, al piano laghetto, vicino alle tartarughe e alle anatre. Non so però come l’abbiano presa loro.