Muoversi in bicicletta lungo gli argini dei fiumi, incontrare chiuse e sistemi idraulici complessi, antichi mulini, reperti di una ruralità che fanno parte di un vissuto da preservare. L’eco-turismo ha una valenza che soprattutto i giovani hanno iniziato ad apprezzare e conoscere.
Per gli addetti ai lavori rappresenta una sfida da cogliere e un’occasione per generare occupazione e flussi economici. Si possono appellare come ‘aree artificialmente naturali’ e sono il risultato di una trasformazione avvenuta nel corso di un lungo arco di tempo.
Un’evoluzione che ha ridisegnato il paesaggio e che è frutto di interventi di carattere prevalentemente idraulico ma anche agronomico e sociale. Un esempio di questo processo sono appunto le ‘terre di bonifica’, ambiti che stanno acquisendo un ruolo rilevante nel turismo ecologico e nel cicloturismo, un modo particolare di intendere il viaggio a contatto con la natura e la sua storia.
Queste aree non distano da importanti centri urbani e sono spesso delle enclave naturali, ci spiega Elisabetta Novello, docente di Storia Economica e di Storia Ambientale all’Università degli Studi di Padova e da anni impegnata nel portare alla luce il patrimonio culturale che sottende alle cosiddette aree artificialmente naturali di cui il Veneto è portatore generoso. “Nel corso degli anni – sottolinea Novello, ideatrice e anima di Terrevolute: Festival della Bonifica che si svolgerà dal 16 al 19 maggio 2019 a San Donà di Piave, in provincia di Venezia – in queste aree, tra cui quella del Veneto Orientale, si sono stratificate le impronte di diverse attività socio-economiche e si sono formati veri e propri giacimenti di un patrimonio culturale materiale, fatto di infrastrutture, manufatti, piccoli centri rurali, aziende, produzioni agricole tipiche, e immateriale come identità, memoria, tradizioni, usi e costumi”. Questi territori ricchi di elementi identitari trovano una definizione che Novello ha coniato e che prende il nome di Terrevolute. “Un’espressione che si offre a due possibili letture – aggiunge – ‘terre volute’, perché desiderate, necessarie per soddisfare i bisogni di comunità in continua evoluzione, e ‘terre evolute’, perché sviluppate, trasformate da esperienza, competenza e innovazione tecnologica”.
E nelle ‘terrevolute’ del nostro Veneto il turista può imbattersi in siti archeologici e musei etnografici, così come in edifici idrovori di elevata fattura architettonica che ospitano le più importanti attività svolte dai Consorzi di bonifica, opere affascinanti di ingegneria idraulica e urbanistica. “Può assistere alle diverse fasi del ciclo vitale delle piante – osserva la docente padovana – incontra tracce e manufatti che lo riconducono alla storia della scienza e della tecnica, alla storia della medicina, alla storia socio-economica, a quella delle istituzioni di governo del territorio”.
Le Terrevolute possono offrire molte opportunità di sviluppo sostenibile, così come le reti ecologiche elaborate alla metà degli anni Settanta. Ed è proprio il patrimonio immateriale costituito da conoscenze e tradizioni, folklore ed economia di sussistenza, a interessare sempre più il settore turistico in un’ottica di valorizzazione. “Si tratta certamente di flussi turistici non semplici da generare e indirizzare – avverte Elisabetta Novello – ma le più recenti tecnologie multimediali, l’accesso alle open source, i social network, oggi sono a nostra disposizione. Si tratta di condividere il patrimonio e metterlo in rete”.
Per raggiungere tale obiettivo il diretto coinvolgimento dei giovani nella rilettura dell’ambiente che li ospita è fondamentale: “Gli studenti oggi hanno una grande capacità di cogliere contemporaneamente molteplici stimoli e di trasformarli in un linguaggio universale. Questa abilità, assieme alla loro innata curiosità, è la loro e la nostra ricchezza.