Nel mezzo delle infinite polemiche americane sul cyber-spionaggio ecco emergere una circostanza che non era nota al grande pubblico. Sapevamo, ad esempio, che Facebook nacque ufficialmente il 4 febbraio del 2004. Quindici anni fa e sembra un secolo. Ma non sapevamo che, in quello stesso giorno fatale, il Pentagono cancellò un progetto identico, che si chiamava LifeLog ed era stato costruito dal Dipartimento della Difesa (DOD), attraverso il DARPA (Defence Advanced Research Projects Agency). La notizia venne data, proprio quello stesso giorno, da Wired, che descrisse il progetto con queste parole: “Uno sforzo ambizioso di costruire un database in grado di tracciare l’intera esistenza di una persona”.
Il progetto del DARPA, nella accurata descrizione di Wired, doveva essere “in grado di raccogliere in un unico luogo tutto ciò che un qualunque individuo dice o fa: le telefonate che seleziona, gli spettacoli televisivi che guarda, i giornali che legge, i biglietti aerei che compra, le mail che riceve e che invia. Da questo oceano apparentemente infinito di informazioni, gli specialisti avrebbero potuto selezionare distinti percorsi in grado di rappresentare le relazioni, i ricordi, le esperienze e gli eventi”. E questo, praticamente per ciascun individuo. Cittadino degli Stati Uniti, in prima battuta. Poi per i sette miliardi e mezzo del pianeta.
L’anonimo redattore di Wired sottolineava che “un tale diario, in grado di riassumere tutto, avrebbe potuto trasformarsi in una quasi perfetta memoria digitale, fornendo ai suoi utilizzatori un supporto contenente il ricordo, pressoché totale, di tutto ciò che essi hanno fatto nel loro passato”. Dimenticandosi di aggiungere, tuttavia, che “gli utilizzatori” di LifeLog sarebbero stati pochissimi, ma avrebbero potuto applicarlo a tutti gli altri.
In altri termini il governo degli Stati Uniti stava dotandosi di uno strumento assolutamente nuovo, senza precedenti, in grado di sottoporre centinaia di milioni di persone a un controllo totale. C’era però un problema. Tenere del tutto segreto un tale programma sarebbe stato tuttavia impossibile per lungo tempo. Renderlo pubblico equivaleva a distruggerlo perché la gente, sapendosi spiata, avrebbe rifiutato di servirsene.
La sperimentazione cominciò comunque, molto segretamente. E si scoprì che funzionava a meraviglia sulle cavie. È, più o meno, quello che Edward Snowden racconta nell’ormai famoso film di Oliver Stone e che lo indusse alla fuga per sottrarsi alla macchina infernale di LifeLog. Adesso sappiamo che la CIA e la NSA non rinunciarono al progetto. Semplicemente lo affidarono al settore privato. Il nome che venne dato alla “macchina” fu accattivante: Facebook. Venne fatta una raccolta di capitali attraverso un’impresa finanziaria collegata alla CIA, dal nome cifrato: “In-Q-Tel”. Il personale che aveva messo in piedi LifeLog passò nelle fila di Facebook. Il lavoro era lo stesso. Adesso sappiamo che anche il destinatario di tutti quei dati sarebbe stato lo stesso: la NSA.
Era una “caramella” molto bene incartata e buona da succhiare. L’illusione fu che ciascuno avrebbe potuto, in perfetta libertà, contattare i suoi amici, vicini e lontani; farsene altri, a suo piacimento; chiacchierare con loro e con chiunque, senza limiti di tempo e di spazio, in completa privacy; comunicare le proprie idee e i propri sentimenti, desideri, passioni; condividere i propri progetti con altri; commentare, criticare, suggerire ogni cosa gli piacesse; scambiare le proprie fotografie e quelle del proprio gatto; sentirsi meno solo.
Un meraviglioso gadget per le “folle solitarie” di consumatori. Con l’apparenza di un servizio pubblico. Un regalo all’umanità intera. Con la sola postilla che ogni click di ogni computer, di ogni telefono cellulare, che ogni fotografia sarebbero stati registrati, all’insaputa del suo proprietario, nella macchina infernale di LifeLog, divenuta Facebook. Zuckerberg venne lanciato sul palcoscenico e trasformato in multimiliardario. Un bel premio, sicuramente, per un prestanome. Adesso Facebook ha superato i due miliardi di utilizzatori e, attraverso i miliardi di dati che incamera ogni secondo, ne conosce, statisticamente, le loro storie. Al punto che può “influenzare” i loro comportamenti, i loro desideri, i loro sentimenti. Può perfino far credere loro che la Russia influenza i risultati delle elezioni americane, o italiane, o francesi. Può perfino convincerli che esiste ancora la democrazia in Occidente.