Abbiamo intervistato lo storico e critico d’arte Giuseppe Amedeo Arnesano che insieme a Caterina Quarta, Alice Caracciolo compongono il Collettivo FAC, che ha curato il progetto espositivo Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale nato a seguito della terza edizione del programma di residenza Industrial Therapy - presso la galleria LO.FT a Lecce - assieme agli artisti Aurora Paolillo, Veronica Bisesti, g. olmo stuppia, Lorenzo Galuppo e Gianni D’Urso.
Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale, si riferisce al celebre titolo sulle possibilità creative di Bruno Munari, la mostra a cura di FAC fa parte della III edizione di Industrial Therapy. Puoi raccontarci meglio il concept e la scelta degli artisti?
Industrial Therapy, promosso dal collettivo FAC, è un progetto incentrato sulla riqualificazione della Zona Industriale di Lecce e che coinvolge ogni anno artisti, ricercatori, urbanisti e creativi e si pone come obbiettivo quello di indagare la dimensione spaziale di questo luogo con un programma di residenza artistica. Il tema dello scorso anno è legato all’idea di “Immaginario” collettivo della zona industriale, nato da una considerazione fatta sul pensiero di Italo Calvino: “Di una città non godi le sette o le settanta meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Da questo spunto abbiamo individuato e chiesto a cinque giovani artisti in tutta Italia di partecipare, attraverso il loro personale linguaggio espressivo, a una riflessione sulle possibili domande, percezioni e immaginario che genera questo non luogo della modernità. Gli artisti selezionati sono g.olmo stuppia, Aurora Paolillo, Veronica Bisesti, Lorenzo Galuppo e Gianni D’Urso, vincitore della passata edizione con l’opera urbana Realizza i tuoi sogni, un cantiere a forma di stalla installato in maniera permanente all’interno di una delle rotatorie stradali della zona industriale.
La scelta degli artisti nasce da una precisa indagine sul territorio nazionale, ragionata in base alle specificità e caratteristiche che ognuno degli autori indicati presentava nel proprio portfolio. Per interesse, continuità e varietà delle proposte progettuali presentateci da g. olmo stuppia, Aurora Paolillo, Veronica Bisesti e Lorenzo Galuppo a inizio d’anno abbiamo pensato di concentraci anche sui progetti che fino a qualche mese fa potevamo solo leggere sulla carta.
Dalle preziose suggestioni del libro di Bruno Munari Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale, abbiamo ragionato sulla realizzazione della mostra collettiva e da qui, grazie anche alla forza e all’interesse degli artisti invitati, siamo passati dalla progettualità alla materialità delle opere vere e proprie con bozzetti, appunti e riflessioni installati successivamente negli spazi della galleria LO.FT di Lecce che per questa occasione abbiamo deciso di trasformare in un grande cantiere.
In mostra abbiamo Polarità di Aurora Paolillo, Humming di Veronica Bisesti, Tutto è vanità del giovanissimo Lorenzo Galuppo, una sezione di documentazione che fa parte di Realizza i tuoi sogni di Gianni D’Urso e Sinfonia di g.olomo stuppia, un lavoro esperienziale che nasce da un momento performativo realizzato dall’artista negli spazi della galleria insieme alla cantante Dionisia Cassiano durante i giorni di allestimento e trasformato in un’installazione audio-video in occasione della mostra.
Ci racconti come è nato il collettivo FAC? E quale sarebbe la vostra mission…
Il collettivo, formato insieme a Caterina Quarta e Alice Caracciolo, nasce da un intento comune che è quello di studiare e intervenire sulle criticità del tessuto urbano industriale del capoluogo salentino. Abbiamo formazioni e profili professionali differenti e questa trasversalità ci permette di investigare i possibili sviluppi futuri, capirne le potenzialità e le mancanze attraverso un lavoro aperto e in continuo divenire. Grazie alla collaborazione degli enti pubblici e alla sponsorizzazione delle realtà e delle aziende private del territorio che credono nel nostro lavoro abbiamo l’opportunità di creare nella zona un interesse fruibile attraverso l’arte contemporanea, le sperimentazioni e vari i metodi di riqualificazione e rigenerazione di quest’area. Ci proviamo!
Come si sta aprendo la città di Lecce e complessivamente la Regione nei confronti dell’arte contemporanea?
Negli ultimi tempi il panorama artistico indipendente è particolarmente dinamico, soprattutto per la presenza di alcuni artist-run spaces che animano il dibattito critico e artistico in città, l’attività di curatori e critici d’arte e la nascita di nuovi spazi non-profit gestiti da artisti.
Il problema è che forse vi è poca attenzione da parte del pubblico e per pubblico intendo quello formato dagli addetti ai lavori. In città non abbiamo gallerie di riferimento e nemmeno un Museo d’Arte Contemporanea e, se pensiamo al MUST, Museo Storico della Città di Lecce, che di storico ha ben poco ed è sprovvisto di una direzione esecutiva e di una linea editoriale, per dirla in termini giornalistici, inquadriamo subito il problema.
A Lecce non esiste una vera e propria comunità che crei una rete del contemporaneo e questo è un limite, ma forse l’aria sta cambiando. Per quel che riguarda l’ambito regionale l’unica grande istituzione di arte contemporanea è la Fondazione Pino Pascali, ma si tratta sempre un di museo monografico.
In Puglia esistono varie realtà molto interessanti che presentano progetti itineranti, e anche gallerie e spazi indipendenti, ma manca il perno centrale di questa enorme macchina che è il museo d’arte contemporanea di Puglia. In più non esiste un festival dedicato all’arte contemporanea o alle arti visive, mentre abbiamo molte manifestazioni dedicate alla musica, al teatro e al cinema. Qui l’arte contemporanea è la Cenerentola della situazione. Diciamo che la città che la Regione si aprono, ma non abbastanza e quando lo fanno non è nel migliore dei modi.
Che ruolo ha, secondo te, l’arte contemporanea, oggi? E la critica?
Domanda affascinante e complicata per essere consumata nella sua totalità. L’arte contemporanea oggi ha molti ruoli e forse proprio perché ha varie sfaccettature, non si riesce comprendere quale debba essere la sua funzione principale. Sicuramente l’arte deve essere un bene comune e porsi in maniera libera, di indagine, barricadiera e comunicativa; ma il mercato dell’arte ha quasi strumentalizzato il valore etico, artistico e sociale dell’opera e depotenziato la figura dell’artista che, nella maggioranza dei casi, è succube del sistema dell’arte. Anche la critica è ostaggio di un sistema sempre più ristretto nel quale si vuole solo apparire e fare parte di un mondo esclusivo che porta avanti sempre le stesse persone e non lascia spazio ai giovani artisti. Sono passati gli anni ruggenti della critica militante, oggi è tutto più moderato e pacato anche sulle riviste di settore.
Prossimi progetti? (anche utopici)
Come prima cosa, sempre con il collettivo FAC, stiamo realizzando il catalogo della mostra Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale. Nel mese di maggio invece, negli spazi di LO.FT, portiamo avanti un progetto espositivo insieme a Marco Schiavone, giovane artista torinese che utilizza la fotografia come medium espressivo. Poi siamo già proiettati all’estate per il quarto anno del programma di residenze Industrial Therapy. Un progetto utopico è quello di impacchettare e fermare tutte le brutture che lentamente demoliscono e inquinano il nostro paesaggio.