C’è molta più vita e più forza in certe catacombe che per le strade apparentemente vive di una grande metropoli. A Napoli nel 1738 la costruzione della Reggia di Capodimonte creò il problema del suo accesso, il quale poteva avvenire solo attraverso un percorso impervio. Fra il 1806 e il 1807 si pensò a un ponte che creasse un collegamento fra Capodimonte e la città e tale ponte fu costruito sopra il grande vallone del rione Sanità. Quel ponte chiamato della Maddalena (o Ponte della Sanità) separò il rione dal centro della città, costringendolo a diventare ghetto per tantissimo tempo.
Da molto tempo vi è una voglia di cambiamento nella coscienza delle nuove generazioni, che non è più possibile ignorare, che è impensabile non raccontare. Nel Rione Sanità i ragazzi studiano musica, fanno teatro, hanno pensato e costruito un modello di auto sviluppo che funziona davvero. Qui è grande la voglia di riscatto, è la stragrande maggioranza di chi vive lì a volerlo, comprese le attività commerciali che stanno vivendo un momento felice, grazie alle visite dei turisti che hanno superato ogni più rosea previsione.
Le stese (fenomeno degli spari in aria), intanto cercano di prendersi il territorio a colpi di pistola. Tanti i giovani della Sanità; almeno il 95% con tutte le loro forze stanno riuscendo a cambiare lo stato delle cose. Giornali, televisione, libri e qualche film, invece, raccontano solo il 5% di quel territorio, e questo è davvero avvilente.
Anche la Sanità, come tanti altri quartieri di Napoli è lo specchio delle antiche ed eterne contraddizioni di una città ricca di storia. In questo quartiere è nato Antonio De Curtis, il principe della risata, conosciuto da tutti come Totò. Nel 2017 il quartiere si è impegnato con tantissime attività artistico-culturali per festeggiare il cinquantesimo anniversario della morte dell’attore e comico napoletano.
La chiesa più antica con la più lunga storia è la Basilica di Santa Maria alla Sanità, del Seicento, realizzata in stile barocco napoletano. Nella parte inferiore vi è la basilica paleocristiana e l’ingresso alle Catacombe di San Gaudioso. Il quartiere è racchiuso da Materdei, Capodimonte e Colli Aminei.
Storia e arte si fondono nelle catacombe di San Gennaro, in quelle di San Gaudioso e nel cimitero delle Fontanelle.
Il cimitero delle Fontanelle, chiuso per alcuni anni e poi riaperto, è noto per le Anime purganti. Nel cimitero vi sono migliaia di teschi ordinati in fila e secondo un’antica tradizione napoletana, i fedeli scelgono una ‘capuzzella’ da custodire e da porre su un fazzoletto bianco. L’anima del defunto adottata invia segni, per cui il fedele mette ceri, corone del rosario fino a quando riceve una grazia. Quest’anima, fino ad allora nel Purgatorio, viene salvata e guadagna il Paradiso ricambiando chi si è preso cura di lei.
Le Catacombe sono vere e proprie città sotterranee e quello che sorprende di più, oltre all’ampiezza degli spazi, è una luce diversa che le illumina, tanto che non sembrano affatto luoghi di morte. Simbolo della cristianità e di grande umanità, le catacombe raccontano molti riti legati al culto dei morti.
San Gaudioso era un Vescovo africano, che in seguito all’invasione dei Vandali non volle convertirsi e per questo fu imbarcato su navi in disarmo insieme ad altri Vescovi; approdato a Napoli trovò accoglienza e fondò anche un Monastero. Nella catacomba a lui dedicata, vi sono segni evidenti di una cultura multietnica, incrocio e incontro di antiche civiltà: anche questa è la storia millenaria di Napoli, da secoli aperta all’accoglienza.
In particolare, la gente della Sanità vive le emozioni sulla propria pelle, ama accogliere e incontrare turisti ma anche gente del posto, mischiarsi fra le viuzze traboccanti di vita; il rione è una delle zone più popolose e colorate di Napoli. Immergersi nel quartiere significa essere investiti da colori, voci, energia e un folclore originale, caratteristico di questa terra. Le catacombe sono realizzate nel tufo, materiale di cui il sottosuolo di Napoli è ricco. Si tratta di un tipo di pietra facilmente lavorabile e allo stesso tempo resistente ai segni del tempo.
La Paranza è il nome di una cooperativa fondata nel 2006 che si occupa del recupero della bellezza storico artistica della Sanità e di sfruttare le risorse presenti nel territorio per creare occupazione; sul sito ufficiale si legge: “Siamo nati nel Rione Sanità e qui lavoriamo per cambiare le cose. Mettiamo tutte le nostre conoscenze e la nostra volontà a sostegno di nuove attività produttive, per far crescere la speranza nei giovani”. Collabora, inoltre, con fondazioni e privati per alimentare le attività e reperire fondi.
I giovani impegnati nella cooperativa si occupano di visite guidate, di comunicazione e sistemazione dei turisti nei B&B; oltre al teatro, esiste un’orchestra sinfonica e le opportunità lavorative che i sono create ormai sono una realtà consolidata.
Associazioni e aziende si sono sempre più occupate di questa bella realtà, tanto che la promozione del territorio si sta lentamente radicando nella cultura di chi vi abita. Turisti da tutto il mondo arrivano per visitare queste immense bellezze; insieme alla cooperativa sono nati gruppi di lavoratori, fabbri e carpentieri per valorizzare il patrimonio della Sanità.
Questo quartiere non gode di una buona fama a causa della presenza della criminalità organizzata, la quale insieme all’assenza dello Stato avrebbe potuto portare questa zona ad essere terra di nessuno. Ma non è andata proprio così, anche se di problemi ce ne sono tanti; ogni giorno si lotta per un centimetro di legalità con tanti buoni propositi, per la vita che nasce ogni giorno anche da luoghi di morte e desolazione.
Questa nuova favola ricca di bellezza e di umanità potrebbe, se adeguatamente plasmata diventare un bel film: La paranza dei sognatori, potrebbe essere il titolo. Basterebbe trovare un cast di attori capaci di interpretare fino in fondo la straordinaria umanità di questa gente, un buon regista che scrivesse una sceneggiatura all’altezza di questa storia. Sarebbe una bella lezione di vita, di storia e cultura, di arte, cose per cui c’è bisogno di sensibilità d’animo, preparazione e studio. Ebbene, questo film potrebbe vincere perfino un premio al Festival del cinema di Berlino. Oppure no, potrebbe non meritare alcun premio, in fondo, un antico proverbio dice che il mondo gira proprio al contrario e vincere, forse non è sempre la cosa più importante. Infine: “Raccontare verità nel nostro Paese è diventato molto complicato” – Cit. È proprio vero! E quale verità vogliamo raccontare?