L'arte di Kepa Garraza è incentrata sulla relazione tra realtà e finzione, e in un mondo dove noi viviamo non solo nella realtà reale ma anche in una realtà virtuale (grazie a Internet, social network, ecc.) e dove la linea di demarcazione tra questi ambiti è davvero sottile, la sua pratica artistica è davvero utile e originale dando alla pittura una nuova linfa vitale. In occasione della pubblicazione del libro Kepa Garraza, ho incontrato l'artista e parlato con lui dei suoi recenti e futuri progetti.
Il tuo nuovo libro intitolato Kepa Garraza e pubblicato da Dardo include le opere riferite a 2 progetti: Riot e Power. Hai sentito l’esigenza di raccogliere insieme queste opere perché senti questi progetti oramai conclusi e volevi documentarli in un libro che li raccogliesse per intero?
Si infatti. Ho concluso entrambi questi progetti nel 2018, pertanto mi è sembrato giusto raccoglierli in un libro. Lavorando sempre per serie, è piuttosto facile individuare il momento giusto per pubblicare la serie completa. Entrambe le serie sono simili dal punto di vista estetico, sebbene diverse dal punto di vista dei contenuti. Sono accomunate dall’idea di rappresentare l’autorità nella storia oltre al rapporto con il controllo delle masse e all’abuso di potere nella società moderna. In aggiunta a questo, tutti i lavori presenti nel libro sono disegni, pertanto anche l’estetica del libro è piuttosto uniforme.
Amo molto questi due progetti e trovo in loro una qualità critica e artistica veramente straordinaria. Cosa ti ha portato a sviluppare questi due progetti?
Il mio interesse principale, non solo in questi due progetti ma in tutta la mia pratica artistica è offrire uno strumento lucido e utile che può essere usato dall’osservatore per interpretare la realtà. Può sembrare filosofico, ma è il mio modo di sentire. Il mio scopo è creare opere che trascendono l’ambito esclusivamente estetico e creano nuove idee per comprendere meglio il mondo nel quale viviamo. Certo l’estetica nelle opere è un mezzo potentissimo che uso per migliorare il loro potenziale. C’è sempre un equilibrio tra creare un oggetto bello e suggestivo e l’ossessione artistica di collegarlo con il mondo. Almeno questo è il senso con il quale io intendo l’arte.
Pastello su carta o olio su tela. Dati i risultati straordinari in entrambi i casi, quale tecnica senti più vicina a te e perché?
Dipende. Tutte le mie serie sono progettate per essere indipendenti tra di loro, così io scelgo la tecnica che sento più adatta a sviluppare le idee delle quali voglio parlare in quella determinata serie. Il disegno mi permette di creare immagini più drammatiche e realistiche mentre uso la pittura per rappresentare concetti più complessi. La scelta tra disegno e pittura è legata al mio sentire e alle sensazioni che voglio suscitare nell'osservatore. Non ho disegnato per molti anni, solo perché non avevo trovato un'idea idonea ad essere sviluppata con questa tecnica. Per contro, la maggior parte delle mie opere sono oggi disegni, come evoluzione delle mie idee e come miglioramento delle mie capacità tecniche.
Il tuo ultimo progetto è intitolato Apocalypse (Apocalisse). Il tema sembra simile a un altro dei tuoi progetti (This Is The End Of The World As You Know It). Quali sono le continuità e le differenze tra questi due progetti?
Entrambe le serie tentano di analizzare l'idea della fine del mondo e della sua rappresentazione nelle società moderne. L'idea dell'inevitabile e improvviso crollo della nostra civiltà è divenuta un'ossessione ricorrente nella cultura occidentale, una sorta di patologia morbosa riferita alla sensazione che non ci sia nessun futuro e che manchino utopie vitali. Se Apocalypse si concentra sull'estetica della fine del mondo nella rappresentazione cinematografica occidentale, This Is The End Of The World As You Know It è stato creato per riflettere sul modo nel quale i media insistono nel riportare informazioni che fanno pensare a un collasso indeterminato. Non c’è una continuità. Sebbene sia vero che le serie siano in un qualche modo legate probabilmente perché rappresentano una sorta di ossessione personale con il tema in oggetto.
Possiamo dire, correggimi se sbaglio, che la tua pratica artistica è incentrata sulla relazione tra realtà e finzione, tra una realtà reale e quella che noi viviamo attraverso il filtro dei media, della nostra cultura. In uno dei miei articoli ho affermato che un tempo era la finzione che si nutriva della realtà, oggi invece accade esattamente il contrario è la realtà che si nutre della finzione proposta dalla TV, dai social network, ecc. Cosa ne pensi?
Sono perfettamente d’accordo con te. I confini tra finzione e realtà si sono piano piano assottigliati, fino a quando la cultura moderna è diventata un'area fertile ideale per mezze verità e speculazioni. Se l'estetica riferita alla rappresentazione classica della realtà e i concetti basati sulla finzione sono stati associati tra di loro, oggi è davvero difficile separare l’una dagli altri. Viviamo in un mondo di verità liquide e bugie sofisticate.
In un mio recente progetto ho affermato che sei dotato di un ‘Faustian Factor’, cioè della capacità di essere straordinario, di non accontentarsi dell’ordinarietà in un mondo come quello dell’arte che premia l’omogeneità. Ti senti in un qualche modo straordinario?
In verità non mi sento straordinario. Ho solo voglia di fare un ritratto intelligente, sobrio e lucido del mondo nel quale viviamo. Non voglio essere un artista di comodo, non voglio essere prevedibile. Il mio scopo è essere capace di generare un dibattito con le mie opere, creare discrepanza, fare qualche cosa di eccitante che aiuti me e gli altri a capire meglio la nostra realtà.
Quali sono i tuoi progetti futuri e dove possiamo ammirare le tue opere?
Sto lavorando a una serie nuova di disegni chiamata Propaganda. In qualche modo si tratta di un ampliamento di Power anche se in un modo più complesso e ambiguo. Con Propaganda intendo analizzare l'uso della propaganda come uno strumento politico attraverso tutta la storia e il ruolo di base che l'arte ha giocato in questo processo. I lavori di questa serie tentano di offrire un viaggio non lineare nella storia e chiaramente rispondono a una selezione personale, parziale e voluta. La mia intenzione con questi lavori è pensare al ruolo dell’arte all'interno della nostra società e mostrare qualcosa che non è affatto nuova: il politico e la dimensione sociale dell’arte e la sua inevitabile influenza sullo sviluppo e narrazione della storia. La mia prossima personale raccoglierà le opere di questa nuova serie e sarà ospitata presso la Galleria Álvaro Alcazar di Madrid entro la fine del 2019.