Pinocchio. L’abbiamo letto e riletto, l’abbiamo già visto e rivisto al cinema, l’abbiamo già visto e rivisto a teatro, l’abbiamo già visto e rivisto in TV. Ebbene, è il momento di rivederlo. Il burattino di Carlo Lorenzini (Firenze 1826-1890) è fresco eternamente e chi muove i suoi fili sorretto da un pensiero autonomo non teme di scimmiottare l’opera dei predecessori.
“Una delle funzioni del teatro è quella di rispolverare i classici della letteratura e Pinocchio è un capolavoro, malgrado l’autore, che sarebbe stupefatto di questa consacrazione e, secondo me, si sta divertendo molto - esordisce Tuccio Guicciardini che, con Patrizia de Bari e Rosanna Brocanello, sta allestendo un Pinocchio ballerino al debutto il 16 marzo alle 20 al Teatro Goldoni di Firenze (replica il 17). In Pinocchio ci sono molto segnali autobiografici di Collodi: l’autoironia toscana, il modo di rapportarsi alla morte onnipresente, alla miseria”.
Questo Pinocchio nasce due anni fa, a cena, quando Rosanna Brocanello se ne uscì con: “Perché non facciamo Pinocchio?”. Al terzetto, legato da una amicizia recente ma convinta, sembra interessante proporlo perché “la danza è la sintesi per eccellenza”: una scommessa coraggiosa visto che lo spettacolo non è una rivisitazione, ma racconterà proprio la storia di Pinocchio.
Per Guicciardini e de Bari di Giardino Chiuso e Brocanello di Opus Ballet Pinocchio è una semi-divinità. Lo spiega Guicciardini, che firma la drammaturgia: “Al personaggio è appiccicata l’etichetta di bugiardo, discolo, invece questo ciocco magico che arriva nella bottega di Mastro Ciliegia è il collegamento tra trascendente e terreno. Non se ne sa la provenienza e nessuno se lo chiede. Determinato a diventare burattino, è ingenuo, crede a tutti, il bugiardo non è lui: sono gli altri, la fata è una bugiarda che si finge morta. Tutti lo prendono in giro, è un diverso con gli occhi puliti, sincero, l’unica bugia la dice per uscire dalla galera. Un’avventura non facile la nostra - continua Guicciardini -. Una delle fortune di Pinocchio, e la sua diffusione in tutto il mondo, è dovuta a tutte le letture possibili del libro: religiosa, politica, sociale, pedagogica, con un’infinità di testi e sotto testi”.
“All’inizio non avevamo pensato che sarebbe stata un’impresa così enorme - interviene Patrizia de Bari, autrice della coreografia -. Ma noi sentiamo l’esigenza di avvicinare il pubblico al teatro che ormai è un mondo vario e frammentato, dove si è persa la bussola, di raccogliere le idee e le esperienze di questi anni passati in palcoscenico a capire, a scegliere testi e con Pinocchio, con la volontà di aderire a Collodi, lo possiamo fare. Inoltre è una proposta italiana da portare anche all’estero”.
Con una galleria di personaggi strabilianti e un bestiario nutrito ai quali non si fa l’abitudine mai (come si fa ad abituarsi al Grillo parlante?), Pinocchio, frizzante eppure tristissimo, rappresenta l’apertura che si contrappone alla piccineria delle frontiere fisiche e mentali, adesso di nuovo sbandierate come se non ci fosse da vergognarsene. “Pinocchio è l’anti-chiusura. Anche se il finale non è positivo perché quando lui diventa bambino in realtà si suicida. In quel momento la sua storia finisce, non ha più bisogno di essere raccontato - prosegue Guicciardini -. Sicuramente questo Pinocchio sarà anche criticato, ma noi speriamo che passi la nostra lettura e la sua coerenza scenica. Avremo un sacco di linguaggi scenici: la coreografia, l’attore, il grande Virginio Gazzolo, che non è un narratore ma è dentro il meccanismo drammaturgico, ci sono i video. Tutto in bianco e nero, in ricordo dei primi disegni che illustrarono il romanzo. Costumi di colori neutri, nelle gamme del grigio, Pinocchio in bianco. Lo spettacolo dura un’ora e dieci e molte scene saranno brevi ma avranno compiutezza”.
I ballerini hanno età diverse, dai venti ai quarant’anni. Ed è voluto. Pinocchio è impersonato da una danzatrice armena. Quando Guicciardini e de Bari l’hanno vista per la prima volta in Armenia si sono detti: quella è Pinocchio.
“I danzatori si trovano davanti a un testo. Con il gesto e il movimento devono affrontare una narrazione che non può diventare mimica, ma neanche così astratta sennò si rischia di essere incomprensibili - spiega de Bari -. Sulla scena, davanti al pubblico gli artisti hanno la responsabilità di mantenere vivo lo spettacolo. Tamara, che fa Pinocchio, ha caratteristiche fisiche e artistiche particolari rispetto al gruppo italiano ed è perfetta per rappresentare la diversità senza mimare il burattino”.
“Pinocchio è una produzione grossa. Stiamo provando a fare un bello spettacolo da portare in tournée, anche in Cina - dice Rosanna Brocanello -, con Tuccio e Patrizia mi trovo da dio! Hanno conosciuto la mia compagnia Opus Ballet al loro festival di San Gimignano, cinque o sei anni fa, e a questo punto dovevamo fare qualcosa insieme. Nella situazione tragica dello spettacolo italiano bisogna creare situazioni, inventarsi le cose più strane e io penso che questo Pinocchio sia un’occasione importante. I danzatori sembrano averlo capito. Il danzatore di oggi è a 360 gradi, non solo sbarra: deve essere anche un po’ acrobata. E il movimento fatto bene non basta: ci vuole un lavoro espressivo che avvicini al teatro. Io mi godo la danza solo se mi emoziono. Una coreografia diventa interessante grazie a tanti fattori e sempre ci vuole il cuore, l’anima, non un’esecuzione impeccabile ma gelida”.
Tuccio Guicciardini conclude ricordando che tutti i personaggi di Pinocchio sono esistiti: il gatto e la volpe, per esempio, erano due ladri di polli. Il libro è stato scritto a Firenze dove il mare è lontano, ma con la barchetta si andava nelle paludi. E che Carlo Lorenzini era stato adottato dai Ginori: suo fratello era l’amministratore della fabbrica di porcellane celeberrime e lui lo scapestrato, quello che le porcellane, metaforicamente, le rompeva.
Pinocchio è una produzione Opus Ballet e Giardino Chiuso in coproduzione con Versiliadanza e con Fondazione Fabbrica Europa, in collaborazione con Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. In scena i danzatori Tamara Aydinyan, Leonardo Diana, Lorenzo Di Rocco, Isabella Giustina, Gianmarco Martini Zani, Stefania Menestrina, Giulia Orlando, Riccardo Papa, Françoise Parlanti e Jennifer Rosati. Virginio Gazzolo recita testi da Collodi, Kleist, Rilke, Hugo, Baudelaire, Meyerhold. Firma la coreografia Patrizia de Bari, la drammaturgia è curata da Tuccio Guicciardini, i video creati da Andrea Montagnani, i costumi disegnati da Santi Rinciari.