Bellissima è il titolo di uno di quei film che difficilmente si dimenticano, nonostante il trascorrere degli anni e il dilagare odierno della magia di effetti speciali che ha preso il sopravvento sulla regia, sulla sceneggiatura e sull’interpretazione di attori di grande bravura.
È il 1951. Un cast di eccezione, con Anna Magnani, Walter Chiari e Tecla Scarano, la regia di Luchino Visconti e la sceneggiatura scritta dallo stesso Visconti, da Francesco Rosi e da Suso Cecchi D’Amico ne determinano un successo strepitoso. Di grande attualità la trama. Gli studi di Cinecittà vengono presi d’assalto da una folla di mamme, di zie e di nonne che si trascinano per mano la propria bambina con la speranza di farle ottenere la scrittura per un ruolo in un film che un regista di fama deve girare.
Anna Magnani nelle vesti di una popolana romana, dai modi spicci e combattivi, cerca disperatamente di proporre la candidatura di sua figlia, tutt’altro che bella e vivace, con una incrollabile tenacia che mette in crisi anche il suo matrimonio. Ma di fronte alle mortificazioni che la bimba subisce la volitiva mamma rinuncia al progetto di vederla attrice e di prepararle così un futuro più vivibile di quello che è toccato a lei; e rinuncia anche quando le comunicano che ad essere ammessa è proprio sua figlia, rifiutando perfino il cospicuo compenso di ben due milioni di lire. Una rinuncia quella della romana Maddalena Cecconi, interpretata dalla Magnani, che apparirebbe inattuale e impensabile oggi, per il trionfo dell’incontenibile e a volte impudica volontà di apparire, di vedersi e farsi vedere nel cinema e, ancor più, in televisione: una vera e propria libido che non conosce tregue e che induce anche genitori a spingere figli e figlie al salto nel gran mondo dell’apparire, del farsi conoscere e riconoscere.
“Ti ho visto in televisione”. È la frase del conoscente e dell’amico o dello sconosciuto incrociato in un supermercato o al bar, cui agogniamo oggi un po’ tutti, schiavi, come siamo, dell’onnipotente presenza nella nostra vita della televisione. Spesso il sogno d’essere famosi non si realizzerà, o si realizzerà solo per il tempo necessario alla televisione di servirsi della tua faccia e del tuo corpo per coprire gli spazi nel corso di un serial o di una trasmissione. Perché l’ingresso in uno studio televisivo non soddisfa solo la vanità di un momento, ma illude anche con la speranza di avviare una nuova vita di successo, che difficilmente ci sarà. Può accadere che il successo di uno sceneggiato televisivo sia trascinante e contagioso, soprattutto quando arrida a esordienti sconosciuti, generando il sospetto, a volte la certezza, che anche noi spettatori potremmo, se se ne presentasse l’occasione, essere altrettanto bravi e altrettanto noti, una volta trasformati da spettatori in attori. E chissà che anche noi…
Così sull’onda del riscontro della trasposizione televisiva dell’Amica Geniale, tratta dall’avvincente romanzo di Elena Ferrante, la produzione si prepara a una nuova serie per un altro romanzo della tetralogia della misteriosa scrittrice. Si cercano comparse; il bando è in rete. L’affluenza è straripante; al suo confronto la folla di mamme e nonne che accorre a Cinecittà nel film del 1951 è assai ben cosa poca. Per accogliere la marea di aspiranti si sono resi necessari gli spazi di un grande e noto centro commerciale: code interminabili e attese estenuanti. Il tutto solo per un ruolo di comparsa. Tantissimi saranno gli esclusi e i delusi. Ma anche degli gli inclusi, che cosa sarà quando le lavorazioni saranno terminate? Quanto a lungo, per ciascuno di loro, durerà la fatidica frase “Ti ho visto in televisione”? E, soprattutto, a quale prezzo si pagheranno le brevissime illusioni e le lunghissime disillusioni?