Perché ho scelto di essere un archeologo?
La parola “font” è ben nota a chi utilizza abitualmente il computer. Indica il tipo di carattere grafico di uno stile di scrittura, come per esempio il “times new roman”, il “courier new” o “arial”, tanto per menzionare quelli più comuni. Il termine è francese e significa “fuso” (come participio passato di “fondere”) perché anticamente i caratteri a stampa venivano creati fondendo il metallo. Quando si commetteva un errore nella riga, questa doveva essere distrutta e fusa di nuovo: da qui il termine italiano (ed editoriale) “refuso” (“re-fuso”) per indicare un errore di stampa.
“Anfi” è una particella grammaticale che in greco antico significa “doppio”, per cui tutte le parole italiane che iniziano così indicano una doppiezza, come ad esempio “anfibio”, che indica la possibilità di sopravvivere in due stati diversi (acqua e terra, nel caso delle rane), “anfiteatro”, che indica un doppio teatro (e siccome il “teatro” è una costruzione di forma semicircolare, ecco che un anfiteatro prende invece una forma ellittica come l’anfiteatro Flavio, più noto con il nome di Colosseo), o “anfiosso” che indica un tipo di animale marino che presenta due estremità appuntite.
Il mese di Agosto si chiama così in quanto nell’ottavo secolo a.C. la Curia (cioè il senato) romana decise di dedicare questo periodo dell’anno all’imperatore Ottaviano, che assunse il nome di Augusto (dal verbo “augeo” che significa variabilmente “sorgere”, “risplendere”, “elevarsi”). Ulteriormente, la Curia aggiunse anche un giorno particolare - le “feriae augusti”, letteralmente “riposo di Augusto” -, che fu stabilito essere il giorno 15 di quel mese. Da qui il “ferragosto” che conosciamo oggi, e siccome nel corso del tempo la Chiesa si è sovrapposta a quasi tutte le festività pagane, si decise che quel giorno dovesse essere quello dell’assunzione di Maria in cielo (che originariamente era il 1 agosto).
Talvolta nel linguaggio comune capita di sentire l’espressione “alle calende greche”. Le calende erano uno dei periodi in cui veniva suddiviso il calendario romano (tra l’altro la parola “calendario” deriva proprio da queste). Tuttavia non esistevano nel calendario greco, per cui dire “lo facciamo alle calende greche” significa dire “non lo faremo mai”.
Il “sesterzio” è stata la moneta principale della Roma repubblicana. Il suo valore era di due assi e mezzo (dove per “asse” si intende ovviamente un’altra moneta di valore inferiore). Esattamente come i soldi di oggi (£, €, ¥, etc.), le monete romane avevano dei simboli che li distinguevano. Il simbolo dell’asse era una linea verticale, “I”, mentre il simbolo che indicava la metà di qualcosa era la “S” della parola “semis” (che significa appunto “mezzo”), per cui poiché il sesterzio valeva -come abbiamo detto poco sopra- due assi e mezzo, il suo simbolo era composto da due linee (rappresentanti i due assi) e la “S” che indicava la metà. SESTERZIO = I + I + S =
La Corrida è il popolare (nonché controverso) spettacolo della tradizione spagnola. Si tratta dell'uccisione di un toro a opera di un matador dopo averlo fatto correre (da qui il termine “corrida”, che in spagnolo significa “corsa”) per sfiancarlo. Questa tradizione cruenta risale a una più antica che ha origine nella cultura minoica, una civiltà stanziatasi presso l'isola di Creta tra il 2000 e il 1500 a.C., e dalla quale nascerà per derivazione quella greca. Tale tradizione minoica è una “taurocatapsìa”, vale a dire uno spettacolo che prevede un “salto del toro” (questo il significato del termine): era dunque uno spettacolo incruento teso a dimostrare l'abilità atletica dei saltatori che erano loro stessi pronti a offrire la propria vita in onore del toro. Il tutto perché il toro, considerato sacro, era al centro della cultura minoica, cultura che non a caso prende il nome dal re cretese Minosse, che secondo il mito era il “patrigno” del Minotauro, il mostruoso essere metà uomo e metà toro che nascose all'interno del labirinto (e in seguito ucciso da Teseo).
Il nostro corpo è fatto (anche) di muscoli. Il termine “muscolo” viene dal latino “musculus”, parola composta dal sostantivo “mus” che significa “topo” e la particella “-culus” che in grammatica ha il valore di diminutivo/vezzeggiativo, per cui il termine “musculus” significherebbe “piccolo topo”, “topolino”. Perché questo nome? Provate a piegare il braccio, nella classica posa di chi intende gonfiare il bicipite. Guardate il rigonfiamento che si è andato a formare: non vi sembra la forma di un piccolo topo?
Per tradizione rituale, chi contrae matrimonio (o anche chi si fidanza) usa mettere un anello all'anulare della mano sinistra. L'origine di questa usanza ci è raccontata da Plinio il vecchio (autore romano del I sec. a.C.) nella sua Naturalis historia che spiega l'esistenza di una vena che parte direttamente dal cuore e raggiunge appunto il dito anulare sinistro. Tale vena è chiamata in anatomia “vena amoris” (vena dell'amore).
Uno dei simboli del cristianesimo, e di Cristo in generale, è il pesce, iconografia che trova riscontro soprattutto nelle parole di Gesù stesso che dice ai fratelli Simone e Andrea “venite, vi farò pescatori di uomini” (Mc 1, 14-20). La causa più profonda di questo accostamento sta nella stessa parola: in greco “pesce” si dice ιχθύς (“ictýs”, con la pronuncia della “y” come “iu”), da qui -tra l'altro- l'aggettivo italiano “ittico”. “Ictýs” a sua volta diventa l'acronimo di “Ièsus Cristòs Teù Yuòs Sotèr” che in greco significa “Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio”.
“Dedalico” deriva da Dedalo, nome del mitico architetto che inventò il labirinto (vedi sopra). “Grottesco” deriva dalle grotte in cui gli artisti del Rinascimento si calavano per poter osservare le decorazioni pittoriche dei grandi edifici romani (all'epoca ancora sottoterra e per questo considerati appunto “grotte”). “Passione” deriva dal latino “passio” che a sua volta deriva dal greco “pathos”, e che tra le varie sfumature significa principalmente “sofferenza”; da qui espressioni come “la passione di Cristo”.
“Alopecia” è il nome di una patologia purtroppo nota a molti con il nome comune di “calvizie”: “àlopex” in greco significa “volpe”, e una delle caratteristiche dell'animale è quella di perdere il pelo a chiazze una volta l'anno (ma a lei ricresce, i calvi non sono così fortunati).
“Osceno” indica qualcosa di volgare, contenente immagini o temi non adatti a tutti; il termine deriva da “o-skené”, dove la “o” indica l'idea di distanza e “skenè” la scena, o meglio quello che in teatro chiamiamo “palco”: dunque l'osceno non è altro ciò che è lontano dal palco, ciò che non è visibile, ciò che non si vede (o non si deve vedere) in pubblico.
Perché ho scelto di essere un archeologo? Perché noi crediamo di vivere in un mondo moderno, nuovissimo, futuristico -e sicuramente da un certo punto di vista è così- ma la verità è che questo mondo proiettato al futuro è la conseguenza di quello di ieri, e quello di ieri è la conseguenza di quello dell'altro ieri, e quello dell'altro ieri la conseguenza di quello di dieci anni fa, quello di dieci anni fa di quello di cento, quello di cento di mille e così via fino al momento in cui qualcuno -nel passato- scoprì come accendere un fuoco.