Possono apparire sotto forma di perle colorate, cristalli semitrasparenti e pietre ambrate: sono le reliquie del Buddha e dei santi buddhisti, speciali oggetti di devozione piccoli come un bocciolo di gelsomino o una pepita d’oro che vengono spesso ritrovati tra le ceneri di coloro che hanno raggiunto un elevato livello spirituale. A volte, afferma la tradizione buddhista, questi speciali oggetti di culto possono comparire anche quando il santo è ancora in vita come emanazioni provenienti dalle mani, dai capelli, dai vestiti e dagli occhi; sembra inoltre che si offrano ai credenti manifestandosi all’improvviso sugli altari dei templi e a fianco degli stūpa, i tumuli buddhisti.
Si dice che il colore delle perle, dei cristalli e delle pietre dipenda dalla parte del corpo da cui provengono: bianco se originati dalle ossa, nero dai capelli, rosso dalla carne. La tradizione tibetana attribuisce alle reliquie un nome diverso in base al colore e alla provenienza: le sharira sono bianche e provengono dalla testa, le barira blu e sono originate dalle costole, le churira sono gialle e vengono emanate dal fegato, le sarira rosse e provengono dai reni, le nyarira verdi e originano dai polmoni.
Particolarmente famose sono le reliquie sharira, piccoli sassolini duri, sferici e colorati che vengono solitamente raccolti in reliquiari di cristallo, posti all’interno di statue che divengono oggetto di culto o conservati in tumuli. La tradizione sostiene che questi resti speciali vengano volontariamente manifestati dai santi e che rappresentino la materializzazione delle loro elevate qualità spirituali: se appoggiati sul capo dei credenti hanno il potere di purificare dal karma negativo accumulato dispensando enormi benefici.
Nel caso del Buddha storico vengono definiti “sharira” anche i frammenti corporei veri e propri, quali i denti e le falangi. Una falange è oggi conservata nel Tempio della Porta del Dharma nel villaggio di Famen, in Cina: nel 1981 la pagoda del tempio crollò e, qualche anno più tardi, sotto le macerie vennero ritrovati una cripta sotterranea che celava oltre mille scritture sacre, oggetti d’oro e d’argento, gioielli, tessuti e un reliquario dorato a forma di stūpa contenuto in altri sette reliquari in metallo prezioso in cui era custodita la falange di una mano che la tradizione attribuisce al Buddha. Un dente è invece oggi custodito nella città di Kandy nello Sri Lanka. La leggenda narra che alla morte del Buddha i suoi discepoli frugarono tra le ceneri della cremazione trovando l’osso mandibolare, una parte del teschio e quattro denti intatti. Tali frammenti corporei vennero, insieme alle ceneri, suddivisi in otto parti per essere consegnati ad altrettanti sovrani che ne rivendicavano il possesso ma il monaco incaricato della consegna, ritenendo di essersi meritato una ricompensa per gli sforzi fatti, decise di nascondersi nel cappello uno dei denti. Il re degli dei tuttavia, introducendosi furtivamente nel turbante del monaco, rubò il dente portandolo nel suo regno mentre altri due denti, come chicchi di grandine richiamati dalle nuvole, venivano assunti in cielo. Sulla terra rimase dunque un solo dente con il potere, dice la tradizione, di trasformare in re chiunque ne rivendicasse il possesso: dopo varie vicissitudini il piccolo pezzetto di smalto è giunto in Sri Lanka nella città di Kandy dove è tuttora conservato.