Il 18 agosto 1960 l’Amerigo Vespucci giunse a Siracusa. Arrivava dalla Grecia, dove aveva imbarcato la fiaccola destinata ai Giochi di Roma. Il tradizionale viaggio con staffetta della fiaccola, con l’accensione del sacro fuoco nel bosco di Olimpia, era stata voluta da Carl Diem, presidente del Comitato Olimpico tedesco, per i Giochi di Berlino del 1936. L’itinerario dei Giochi di Roma interessò la Grecia e la Roma Imperiale con l’attraversamento degi antichi luoghi della Magna Grecia. Per il viaggio della fiaccola dalla Grecia in Italia fu infatti escluso il tracciato terrestre da Trieste a Roma attraverso i Balcani, giudicato troppo lungo e poco originale, quindi quello via mare dalla Grecia a Brindisi, mentre l’attraversamento dell’antica Magna Grecia avrebbe, al contrario, consentito di rispettare lo spirito olimpico e caratterizzare con il congiungimento dei due poli della civiltà classica l’edizione romana dei Giochi. Il 27 maggio 1958 fu pertanto deciso lo sbarco della fiaccola a Siracusa, mentre per il suo trasporto dalla Grecia alla Sicilia fu scelta, nel 1959, in coincidenza con la sua crociera di addestramento estiva, la nave scuola Amerigo Vespucci della Marina Militare.
Il 12 agosto 1960 nel Tempio di Zeus, a Olimpia, l’attrice greca Aleka Katseli, vestita da antica sacerdotessa, rivolse circondata da vestali la sua preghiera alla divinità affinché i “raggi di Febo” accendessero la “sacra torcia”. La sacerdotessa quindi frappose una lente fra la torcia e il sole, attizzando il fuoco in un vaso classico greco, poi portato in processione fino al tempio di Hera, dove la sacerdotessa consegnò una seconda fiaccola al primo tedoforo, l’atleta greco Penaghiotis Epitropolous.
La staffetta, organizzata dal Comitato Olimpico greco, toccò Pyrgos, Patrasso, Corinto, Megara, Eleusi, Atene. Qui, il 13 agosto, nello Stadio Panathinaiko, un tedoforo consegnò la fiaccola al principe Costantino di Grecia. Da Atene la fiaccola raggiunse il porto di Zéas, nel Pireo, dov’era all’ancora l’Amerigo Vespucci. Nella notte greca una baleniera con alcuni cadetti dell’Accademia Navale s’accostò alla nave scuola della Marina Militare, dove la fiaccola fu issata a bordo da Giulio Francardi e dove il fuoco d’Olimpia, vegliato a turno, arse giorno e notte su un tripode del cassero.
L’Amerigo Vespucci giunse a Siracusa con la sacra fiamma che ancora ardeva nel braciere e subito le andarono incontro due corvette, che la scortarono fino alla rada, poco vicino Fonte Aretusa. Sulla Baionetta, la stessa su cui il re Vittorio Emanuele III s’era imbarcato dopo l’8 settembre 1943 per Brindisi, si trovava Angelo Nizza, inviato del quotidiano La Stampa di Torino. “L’incontro fra i mezzi di scorta e il gigantesco veliero scuola, che aveva messo alla cappa in alto mare” scriverà nella sua corrispondenza da Siracusa “è stato quanto mai suggestivo! Sul ponte il comandante, capitano Manca di Villahermosa, tutti gli ufficiali e l’equipaggio si tenevano schierati. Attorno al tripode stava sull’attenti il picchetto d’onore. Ha subito avuto inizio l’operazione di bordeggio e tutta la velatura del Vespucci ha preso il vento. Nell’aria della sera, lo spettacolo del tre alberi a vele spiegate, recante a poppa l’alto tripode fiammeggiante, aveva qualcosa di magico. L’Amerigo Vespucci è giunta poco più tardi nella rada di Siracusa, dove ha gettato le ancore davanti a una folla plaudente e strabocchevole che si accalcava sui moli. Un cadetto, allievo dell’Accademia di Livorno, ha recato a terra, su una lancia a remi, la fiaccola, ed il sindaco di Siracusa, ha acceso la face posta su un tripode. Il fuoco olimpico ha così iniziato la sua marcia verso Roma, mentre risuonavano le campane e le sirene del porto e salivano nel cielo i fuochi di artificio”.
In Sicilia, dopo l’accensione del braciere, primo tedoforo fu l’arbitro di calcio Concetto Lo Bello. Siracusa, Naxos, Taormina, Messina, Reggio Calabria, Locri, Caulonia, Crotone, Sibari, Turi, Taranto, Potenza, Paestum, Napoli, Santa Maria Capua Vetere, Castelgandolfo, Roma, dove giunse la sera del 24 agosto e dove arse tutta la notte su un tripode del Campidoglio.
“Arrivando sul Campidoglio” così una cronaca del tempo “l’ultimo tedoforo salutò la folla sollevando verso di essa la Fiaccola con la quale, subito dopo, fu acceso il tripode la cui fiamma rimase viva fino all’indomani. Si concluse così la grande staffetta salutata dagli squilli di tromba dei Fedeli di Vitorchiano. In quella manifestazione il popolo romano visse una delle più caratteristiche e suggestive cerimonie. Nella superba cornice dei palazzi michelangioleschi sul Campidoglio, dove Roma per volontà di Tarquinio il Superbo innalzò il Tempio di Giove Ottimo Massimo Capitolino, il Fuoco sostò l’intera notte mentre la Bandiera Olimpica garriva sulla torre Capitolina. All’indomani alla presenza del Primo Cittadino della Capitale e di larghe rappresentanze del Governo, delle Forze Armate e del Comitato Organizzatore, la staffetta riprese la sua corsa per giungere, dopo aver attraversato Roma percorrendo il Corso e la via Flaminia, nello Stadio Olimpico”.
Il 25 agosto, allo Stadio Olimpico, otto atleti consegnarono la bandiera con i cinque cerchi ad alcuni marinai. Il simbolo dei Giochi olimpici fu allora issato su un pennone con le campane di Roma che risuonavano a festa. L’ultimo tedoforo, Giancarlo Peris, vincitore quell’anno dei campionati studenteschi di corsa campestre della Provincia di Roma, arrivò poco dopo. Dopo un giro di campo s’avvicinò al tripode accendendo il fuoco nel grande braciere. Su un podio il discobolo Adolfo Consolini poteva ora pronunciare fra le bandiere delle nazioni, simbolo di sport e di pace, il Giuramento degli Atleti.