Nel ‘78 si scrive Mondiali di calcio in Argentina, oggi si legge “il Mondiale della vergogna”. Un tutorial su come distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e non dai crimini commessi contro i diritti umani.

A fianco, stadi gremiti e pubblico in folla: gioca, vince e festeggia l’Argentina, anfitriona e vincitrice finale dell’evento. Un film che potrebbe essere tranquillamente candidato tra le migliori pellicole distopiche, se non fosse che rappresenta una cruda realtà riassumibile in due termini: dittatura e tortura. Il premio per il miglior attore non protagonista - il front man è il calcio - spetta a Jorge Rafael Videla, comandante del colpo di Stato militare che investì l’Argentina nel ’76. Per opprimere gli oppositori, il governo di Videla si rende responsabile di torture e violente detenzioni in strutture di massima sorveglianza e segretezza, di cui una per altro vicino al Monumental di Buenos Aires, uno degli stadi che accoglie la competizione quell’anno.

La situazione politica argentina risveglia la stampa internazionale nel momento in cui Videla manifesta una delle grandi passioni del suo regime: l’eliminazione fisica dei dissidenti e di qualunque genere di oppositore politico. Sono i desaparecidos, spariti tragicamente da un momento all’altro. Ironia della sorte, oggi gli opinionisti sportivi affidano l’appellativo di “desaparecidos” proprio ai calciatori “non pervenuti” in campo, non coinvolti nel gioco e mai entrati nel vivo della partita. La pratica preferita dal regime erano i cosiddetti “voli della morte”: i militari di Videla caricavano i dissidenti su elicotteri ed aerei per poi gettarli nel Rio de la Plata, fiume al confine con l’Uruguay largo circa 220 km (di fatto è un golfo).

Il Mondiale del ‘78, assegnato all’Argentina dalla FIFA già nel ‘64, rappresenta un’occasione idonea ed ideale per Videla allo scopo di ripulire le immagini di crimini e violenza sfruttando il settore con i più alti sani valori: lo sport. Nello specifico il calcio, lo sport più popolare per eccellenza, può migliorare l’aspetto del regime dinanzi all’opinione pubblica. All’epoca non lo sapevano, ma oggi gli studiosi lo definiscono sport-washing: come uno dei detersivi più efficaci sul mercato, lo sport lava ogni macchia, o quasi.

Se l’acqua del Rio de la Plata lava il sangue dei dissidenti che cadono dal cielo, il calcio è come una lavatrice: quando i panni sporchi sono troppi, qualcosa rimane inevitabilmente nel cesto. Così come i racconti dei giovani e degli anziani sopravvissuti alle torture con la corrente elettrica presso l’Esma (Escuela Superior de Mecánica de la Armada), ossia la scuola degli ufficiali della marina militare argentina, nonché teatro di un inferno dove Dante ci avrebbe aggiunto un girone ad hoc.

Il Presidente della FIFA dell’epoca, il brasiliano Joāo Havelange ribadì in maniera incrollabile che “si tratta di calcio, non di politica e non devono mescolarsi”. La FIFA si dichiara apolitica e super partes, ignorando i valori e i diritti umani di cui si fa vece. Inoltre, la nonchalance della FIFA nel confermare la fiducia all’Argentina per ospitare i Mondiali nonostante il polverone politico, lascia ancora più sgomenti se si considera che il primo esempio riconosciuto di sport washing è nientemeno che l’organizzazione delle Olimpiadi di Berlino del ’34 nella Germania nazista di Hitler.

Senza scomodare il cattivo dei cattivi e senza scavare negli anni, anche nel recente periodo la posizione della FIFA è risultata particolarmente controversa; l’ultimo Mondiale in Qatar del 2022 ha suscitato non di meno enormi polemiche tra episodi di corruzione in fase organizzativa, persecuzione della comunità Lgbtq in Qatar, violazioni dei diritti umani ed alta mortalità dei lavoratori (circa 6.500) che hanno partecipato alla costruzione degli impianti sportivi. Non sappiamo come verrà ricordato il mondiale qatariota a distanza di anni, ma siamo certi che il Mondiale argentino del ’78 rappresenta uno scheletro che non appartiene soltanto all’armadio albiceleste, ma anche a quello della FIFA e più in generale a quello del calcio.