A Wimbledon si gioca in bianco, nel tempio del tennis internazionale si scende in campo solo se vestiti di bianco e tutti i grandi sponsor tecnici devono adeguarsi e limitare le proprie mise ad un uniforme colore bianco senza fronzoli né stranezze. La caratteristica di Wimbledon è la sua tradizione, la storia del tennis che nasce qui sull’erba inglese.
Il tennis ha avuto i suoi natali nella terra di Albione che al momento della sua nascita non conosceva la terra rossa, perché anch’essa, alla fine del XIX secolo, non era ancora stata utilizzata come terreno per i confronti tennistici, ma conosceva bene l’erba, che in Inghilterra ammanta ogni dove e che quindi fu una scelta naturale per il campo di gioco.
La consuetudine di giocare in bianco rispecchia la tradizione di uno sport pulito e limpido come deve essere il tennis, dove le scorrettezze restano fuori dal rettangolo di gioco e l’educazione dei giocatori deve essere assoluta, tant’è che chi alza un po’ la voce nei confronti dell’arbitro di sedia o fa un gesto non propriamente consono come, in un momento di stizza, gettare la racchetta a terra viene immediatamente ammonito.
Il tennis è stato per molto tempo una disciplina sportiva di nicchia poiché la sua discendenza disegnava scenari popolati da dame e cavalieri che si sfidavano sul prato di gioco in momenti di relax, contornati da familiari e servitori nell’atto di servire tè e pasticcini, cosa che, ovviamente, era possibile solo se i protagonisti di queste immagini erano nobili, possidenti terrieri o ricchi borghesi che cercavano di avvicinarsi alla possibilità di ottenere uno stemma ed un motto. Poi il tennis si è evoluto e di conseguenza si è aperto a tutti, chi non ha mai, nemmeno una volta, provato a maneggiare una racchetta e a spingere la pallina al di là della rete?
La tradizione, tuttavia, resta e il torneo del grande slam più importante è quello che si gioca sull’erba di Wimbledon, come ho già detto rigorosamente in bianco. Purtroppo, il bel gioco degli anni ‘70 e ‘80 non esiste più, McEnroe, Vilas, Jimbo Connors, Cash, il compianto Vitas Gerulaitis non giocano più ormai da decenni e il serve and volley ha perso progressivamente importanza fino a praticamente scomparire dalle tenzoni tennistiche.
Ma quanto era bello vedere John McEnroe battere con la sua tecnica tutta personale e fuori da qualsiasi canone per poi seguire velocemente a rete il colpo di ritorno del suo avversario e batterlo sistematicamente con una volée praticata in modo sopraffino, oppure seguire con gli occhi le corse e i colpi di una difficoltà unica effettuati dal grande Jimmy Connors detto “Jimbo”.
In quell’epoca risuonava il tennis di Borg che, a differenza degli attaccanti da serve and volley, giocava un tennis da fondo campo tutto forza e difesa ma che, essendo un campione, gli permetteva di battere i suoi più fantasiosi avversari. Adesso quel tennis non esiste più, i grandi campioni da Djokovic a Nadal, ma anche le giovani leve come Sinner e Alcaraz, giocano un tennis tutto forza e velocità da fondo campo e lasciano spesso da parte la meraviglia dei colpi al volo da vicino alla rete e che, solo se chiamati ad uno sforzo fisico a causa di una palla corta, si avventurano fino alla metà del campo e sfruttano il gioco di volée.
Il tennis resta uno sport bellissimo, circondato da un alone di nobiltà ed eleganza che tanti altri sport non hanno e non possono neppure sognare di ottenere, ma il gioco di servizio e volée dovrebbe ritornare perché la meraviglia negli occhi di chi assiste non ne dovrebbe essere privata.
Il prossimo torneo del grande slam sarà Wimbledon dove, per non veder morire definitivamente il gioco d’attacco e di fantasia, quello spregiudicato e di difficoltà elevatissime, dovrebbero obbligare i giocatori, non solo a vestirsi di bianco, ma anche, almeno una volta a game, a giocare una palla serve and volley. Sarò un romantico, ma il tennis è uno sport raffinato ed elegante, dove la bellezza è la sua essenza e vederlo costantemente snaturare, scendendo alti gradini che lo stanno portando alle bassezze di altri sport popolani, mi lascia un groppo in gola e da ciò mi resta solo una cosa: andarmi a rivedere le magie dei grandi tennisti dell’ultimo quarto di secolo scorso così da poter riordinare le idee e gustare nuovamente il suo aroma nobile e fantasioso.