Dopo essere stata segretaria della Panasonic Italia e segretaria-interprete della Società di Joint Venture Jmac Considi, Sanae Yakota ha fondato la società di consulenza New Consert e organizzato la Fiera dei tessuti giapponesi a Milano per conto di Jetro Milano Center. È ricercatrice per vari ministeri giapponesi su temi sociali, in particolare “La terza età in Italia”.
"Circa 40 anni fa, sono arrivata in Italia per studiare il canto. La prima città che ho scelto fu Perugia per imparare la lingua italiana presso l’Università per gli stranieri. In seguito, ho cominciato a studiare a Torino, poi a Genova presso il baritono Michele Casato. Dopo circa 5 anni di studio il maestro morì. Alla fine, dopo altre vicissitudini e pensando alla mia scarsa capacità, all’età e al carattere non adatto per diventare un soprano, ho deciso di abbandonare il mio sogno di cantare e di stabilirmi a Milano per lavorare e comunque continuare a studiare il canto. Non conoscendo molto bene il mondo del lavoro in Italia, non era facile lavorare e contemporaneamente studiare, allora, dopo aver abbandonato definitivamente lo studio del canto, ho frequentato spesso diversi concerti, a Milano e in altri luoghi, e mi sono accorta ogni giorno di più che la musica mi dava una grandissima soddisfazione e la “felicità”. Sicuramente, l’educazione musicale che ho ricevuto da piccola (a 3 anni ho iniziato a studiare il violino e a 9 il pianoforte), mi ha instillato questa bellissima e profonda gioia nell'ascoltare la musica".
Donna giapponese e donna italiana - Uomo giapponese e uomo italiano
Purtroppo, non frequentando tante donne giapponesi in Italia, non sono in grado di fare la comparazione tra le donne giapponesi e quelle italiane. Soprattutto non conosco le giovani giapponesi d’oggi. Generalizzare le cose non è opportuno, anche in Italia tra le donne ci sono tante differenze, a seconda della regione di provenienza. Quando sono stata nella provincia di Salerno e anche a Perugia, mi sono stupita che di pomeriggio, nella piazza o nel viale principale delle città ci fossero numerosi giovani in piedi, in diversi gruppi, per tante ore, senza fare qualche cosa di speciale, soltanto a chiacchierare per ore. Dentro di me mi dicevo che se avessero utilizzato quel tempo ogni giorno per imparare qualche cosa, la musica, lo sport, le lingue straniere, sarebbe forse stato più interessante... Invece le mie amiche italiane del nord sono più attive e curiose. Cercano di fare diverse attività, per esempio andare a mostre, concerti, musei o a visitare qualche borgo antico.
Mentre le ragazze giapponesi, come i ragazzi, devono studiare tanto per poter entrare in un’università possibilmente di livello alto. Quindi, nella loro gioventù, soprattutto studiano; ma recentemente sono più che convinta che il metodo generale dello studio in Giappone non sia efficace e migliore tranne qualche università particolare. Ci viene chiesta soprattutto la capacità della memoria. Rispetto alle donne italiane che hanno le loro opinioni personali sui diversi temi, le donne giapponesi spesso hanno poche o scarse opinioni personali. Forse perché quando una persona è diversa dalle altre, viene spesso schiacciata. In Giappone è più facile essere una persona media e “normale”, non una persona speciale con un carattere originale o forte. Forse, ora, grazie a mezzi tecnologicamente più avanzati, anche i giovani giapponesi stanno cambiando. Per le differenze tra uomini italiani e uomini giapponesi, posso parlare soltanto dalle mie piccole esperienze. Sul lavoro ho trovato un po’ di difficoltà e scarsa gioia nel parlare con gli uomini giapponesi, spesso dopo 30 minuti di conversazione non trovo più un argomento, tranne con alcuni professori universitari, giornalisti e imprenditori. In genere, per gli uomini giapponesi, il lavoro copre la maggioranza di loro vita. Con gli uomini italiani credo sia più facile parlare di diversi argomenti. Comunque, penso che dipenda anche dalle classi sociali e dall’educazione familiare.
Differenza della formazione tra Italia e Giappone
Nonostante non conosca bene il contenuto e la caratteristica delle recenti scuole giapponesi, penso che in Giappone sia importante avere la capacità di memoria, non la capacità di osservare, di analizzare, di valutare e di trovare una soluzione al problema. Penso che questa sia la grande differenza con la formazione in Italia. Credo fermamente che sia importantissimo conoscere la storia nazionale e le storie degli altri paesi; imparando bene dal passato, forse potremmo evitare di ripetere simili errori. Per esempio, quando studiavo in Giappone, la storia giapponese più o meno finiva sempre dopo l’epoca dei Samurai (dal 1603 al 1868), della dinastia di Tokugawa e all’inizio della nuova epoca Meiji. Purtroppo, non abbiamo mai avuto l’opportunità di studiare la storia recente, che secondo me è molto importante.
Il 93 % della popolazione vive in area urbana…
Le industrie sono concentrate nelle grandi città come Tokyo, Yokohama, Osaka, Nagoya e Fukuoka. Gli affitti degli appartamenti o delle case sono altissimi. Quando vedo le tante case accanto alla ferrovia, mi viene tristezza per coloro che devono vivere in un ambiente così alienante. Ma parlando con alcuni giapponesi, ho capito che va bene così, perché avendo la casa vicino a una stazione, quando ogni sera si torna a casa tardi, non si deve camminare tanto. Le campagne giapponesi erano bellissime, ma stanno purtroppo scomparendo anche per un’errata politica agricola. Continua a diminuire l’autosufficienza, secondo me questa impostazione sbagliata e miope sta distruggendo il mondo dell’agricoltura, importando enormi quantità di prodotti dall’estero, per esempio dagli U.S.A., dal Canada, dall'Australia, dove si utilizzano tanti i pesticidi e in grande quantità.
La diminuzione della produzione di riso e di verdura ha fatto cambiare il panorama delle campagne. Avevamo risaie bellissime che purtroppo stanno notevolmente diminuendo. Importando legna che costa poco dall’estero, non si fa più la manutenzione dei boschi in modo adeguato, provocando disastrose valanghe. Nei paesini ci sono rimasti solo gli anziani, soprattutto nel centro nord e nel nord dove nevica tantissimo d’inverno, e hanno difficoltà a rimuovere la neve dai tetti: ogni anno muoiono molti anziani cadendo dai tetti.
Nelle grande città, gli affitti carissimi costringono i lavoratori ad acquistare o affittare case o appartamenti lontani dal centro, conseguentemente, devono impiegare tanto tempo per andare a lavorare (anche 3 o 4 ore di A/R in treno e bus). Spesso, all’ora di punta, non si riesce a salire sui vagoni senza l’aiuto dei cosiddetti ”spingitori”. Si lavora per 10~12 ore al giorno. Personalmente penso che con così tante ore la produttività di ogni lavoratore naturalmente scenda. I padri spesso tornano a casa tardi, non esiste più la famiglia di una volta, madre e bambini cenano verso le 19 e il padre da solo verso le ore 22 o 24. I padri spesso sono stanchi e dormono nel weekend per recuperare; ogni mattina, circa l’80 % dei passeggeri sui treni si addormenta. Questa scena è ormai diventata normale.
Il Giappone ha una bassissima natalità…
Il sistema di assistenza dei neonati e dei bambini piccoli in Giappone è peggiore che in Italia, crescere i bambini costa tantissimo. Quando i nonni abitano lontano, le famiglie non possono aspettarsi aiuti quotidiani. Purtroppo è difficilissimo e costosissimo frequentare le scuole e spesso le madri non possono continuare a lavorare dopo la nascita dei bambini per la scarsa assistenza dalla parte delle amministrazioni locali. Inoltre, le donne che lavorano dopo la nascita dei bimbi subiscono spesso pressioni psicologiche per abbandonare gli impieghi.
Come vive, nella sua attività, il problema del consumismo?
Il mio lavoro è commercializzare tessuti di maison italiane e alcune francesi. Quindi, cerco di venderli in ogni stagione. In passato ho anche esportato diversi tipi di prodotti italiani per il mercato giapponese, per esempio vini piemontesi, prodotti di vetro di Murano, biancheria intima da donna, materiali per i cappelli, componenti per le macchine utensili e altro. Tutto ciò mi ha resa consapevole del consumismo che condiziona il mondo. Soprattutto il sistema “usa e getta” e l’utilizzo dei prodotti in plastica, non bisognerebbe accettarli. Odio anche la moda dei jeans nuovi lavorati come fossero vecchi con buchi creati dalle sostanze chimiche Se potessi ritornare indietro, avrei cercato di svolgere altri tipi di lavoro. Per fortuna, ho un’altra attività: è l’organizzazione delle delegazioni sia italiane che giapponesi per le ricerche e lo studio. Questa attività mi dà grande soddisfazione.
Ci parli della sua società di consulenza.
Quando ho cominciato a lavorare presso una società di joint venture italo-giapponese appena nata a Milano, ho potuto conoscere tantissime aziende italiane quotate sul mercato, spesso leader nei settori. Sono sempre stata molto curiosa di conoscere e visitare le aziende e le loro fabbriche. Per produrre un prodotto, ho imparato che sono necessari tanti processi, marketing, design, progettazione, industrializzazione, lavorazione, controllo di qualità e vendita. Ho imparato che bisogna trattare con una specie di "rispetto" i prodotti, pensando alle persone che li hanno faticosamente realizzati. Dopo aver condotto un’indagine commissionata da un gruppo multinazionale sul tema del “Management delle aziende giapponesi all’estero”, ho capito che uno dei principali problemi sono le difficoltà causate dalla scarsa capacità e conoscenza dei manager giapponesi in Europa. Quando lavoravano in Giappone erano direttori di un settore o una divisione, gestendo 10 o 20 collaboratori, ma quando sono diventati presidenti in Europa, avendo poca conoscenza della lingua, della società, delle leggi, della mentalità dei paesi di accoglienza spesso hanno diverse difficoltà.
Che cosa le piace e cosa le dispiace di Milano?
Anzitutto devo ringraziare Milano per avermi dato opportunità di lavoro, poi mi piace moltissimo la ricchissima offerta culturale che ci propone la città. Ogni sera ci sono diversi concerti di alto o altissimo livello. In questo senso, Milano è sicuramente leader in Italia. Fino pochi anni fa non apprezzavo tanto la città per l’aria sporca, la gente piuttosto nervosa e il pericolo degli scippatori e dei ladri (quante volte io e i miei clienti abbiamo passato brutte esperienze). Inoltre, non dovendo stare sempre a Milano perché spesso nel fine settimana vado ai laghi, posso assaporare le bellezze culturali della città e nello stesso tempo la tranquillità della quiete lacustre.