“New York è la città più fetida che esista”, ma anche la più stimolante, la più suggestiva, la più misteriosa. E Giovanni Umicini, maestro della Street Photography, toscano di nascita e padovano d’adozione, questo lo sa. Ecco perché, dagli archivi immensi delle sue immagini, è uscito un tesoro sotto forma di polaroid. Una scoperta che si deve ad Alessandra Lighezzolo che stava riordinando l’opera del maestro.
Di 117 scatti realizzati ne emergono cento fotografie che alla patina del tempo assommano il colore lucido e inconfondibile del 1985. Trentatrè anni hanno dovuto aspettare queste istantanee di “una New York che non esiste più” per vedere la luce in un libro che è di per sé un’opera d’arte. My New York. 100 Polacolor Photos/1985, volume impeccabile realizzato da un artigiano della tipografia come Grafiche Turato Edizioni che ha lasciato intatti anche gli errori del maestro si accompagna a un testo poetico e in punta di penna come solo un grande giornalista, Paolo Coltro, sa e può scrivere. Ma la scelta della polaroid è una sorta di roulette russa come spiega lo stesso Coltro nel saggio introduttivo: “La scelta della Polaroid è estrema e difficile. Vuol dire che c’è un unico originale, non esiste negativo. Non è solo «o la va o la spacca» – con Umicini va praticamente sempre – significa che quell’immagine non avrà copie, che è un delicato tesoro come individualità, che dev’essere salvata pena la scomparsa definitiva”.
È tutto studiato nel dettaglio nel lavoro certosino di questo fotografo dell’anima. E il racconto di questi suoi giorni del 1985 sono un’epopea del tempo in cui il digitale non era che un miraggio lontano e sconosciuto. Meglio così, direbbe Umicini che il photoshop non lo userà mai, “non ho mai ritoccato una mia foto”, scandisce orgoglioso. “Quando decisi di andare a New York nel 1985, avevo già avuto modo di fotografare quella incredibile metropoli – racconta – ci ero stato la prima volta nel 1955 quando ero nell’aeronautica militare”.
Ma nel cuore degli scintillanti anni ‘80 il volto della Grande Mela era già mutato in modo incredibile rispetto a 30 anni prima. Umicini non ha macchina fotografica con sé e decide di acquistare da Adorama, il paradiso dei fotrografi newyorchese, una Fotoman 810 “Point & Shot” cinese con un obiettivo Scheider G-Claron da 270 millimetri. Ma da fotografo consumato decide di inserire nello chassis la pellicola Polacolor 2 Type 808 negative/positive. Il formato è importante: 20 per 25 centimetri e nel catalogo è riprodotto nelle dimensioni originali. “Per sviluppare quelle polaroid – spiega ancora Umicini – ci voleva uno sviluppatore che pesava ben 15 chili e che doveva essere portato in giro”. Insomma, non è proprio la modalità in cui uno street photographer dovrebbe girare per immortalare una città come New York.
Il maestro non si perde d’animo e decide di affittare una city car di dimensioni assolutamente americane che gli consente di svolgere il lavoro in modo efficace. Ad accompagnarlo in questa incredibile avventura è l’autista di colore, Barbara, che diventerà una sorta di presenza imprescindibile. In 25 giorni di lavoro Umicini scatta quindi 117 fotografie, per il libro ne seleziona cento: 54 orizzontali e 46 verticali, vi sono scatti fatti dall’alto di un elicottero per misurare con esattezza la città dei grattacieli.
La maggior parte delle immagini ritraggono la New York più autentica, quella dei volti, dei quartieri poveri, di una quotidianità metropolitana stordita da un ritmo senza sosta. A tratti solitaria, a momenti ridanciana, dall’anima popolare. Quell’anima popolare che attrae il fotografo di strada che sa scattare nella frazione di un secondo senza perdere di vista il senso della sua ricerca. Come sanno fare solo gli artisti, i sognatori, i vagabondi. Coloro che amano la vita in ogni sua espressione, soprattutto la più umile.
Umicini ci riporta un’idea di New York che è completamente scomparsa. “Da anni non vado più a New York perché è troppo cambiata e ci sono divieti ovunque. Nel 1985, 33 anni fa, era diverso era ancora la New York che amavo, quella della gente, delle cose che cambiano in ogni istante. Una mattina vedi 100 grattacieli, il giorno dopo ce ne sono meno, il giorno dopo ancora ne sono sorti altri. Nelle mie polaroid non c’è una foto dei quartieri ricchi, né di Central Park. La New York del 1985 era quella della gente che se gli piaci ti piglia e altrimenti ti scansa. Oggi non esiste più”.
Cosa colpisce degli scatti polaroid di Umicini? Sicuramente la pastosità vintage del colore, ma anche l’autenticità del messaggio che giunge dall’immagine, la bellezza della verità senza infingimenti, senza retorica. Senza filtri, se si vuole usare una metafora fotografica, i filtri che oggi ci ammorbano nascondendoci e imbrogliandoci. La New York di Giovanni Umicini, come le sue foto, è vera come è vera la sua arte.