La Chioccetta per l’aia azzurra
và con il suo pigolìo di stelle(Gelsomino notturno, Giovanni Pascoli)
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati,
quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini
sotto le ali ma voi non avete voluto!(Matteo 23,37)
Un mistero doppio: una leggenda che diventa fiaba, quella di una gallina che fa uova d’oro, e quello, forse ancora più intricato, di manufatti antichi d’oro dedicati all’immagine di una chioccia con pulcini. Una realtà doppia, archeologica e letteraria. Mito che si incorpora in manufatti talismanici o al contrario gioielli che ispirano leggende? Racconti e tesori antichi che mostrano anomalie semantiche.
La prima viene proprio dalla più antica attestazione del tema: una favola di Esopo. Tutte le favole di Esopo mostrano fra le altre una costante data dall’assenza di elementi fantastici. Le sue favole mostrano sempre comportamenti antropocentrici di tipo ordinario. Nella favola delle rane che chiedono un re ad esempio non c’è nulla di strano: semplicemente si attribuiscono alle rane comportamenti umani per metaforizzare e visualizzare parabole morali umane, altrimenti noiose e autoreferenziali. Animali e dei vengono messi in scena da Esopo solo per mostrare il teatro dei vizi e delle virtù umane, come nel corteo delle maschere di Luciano. In un'unica favola Esopo veicola un “racconto altro”: proprio in quella della gallina che fa uova d’oro.
Il tema straordinario viene dato per scontato dal favolista greco e usato quale mera occasione per stigmatizzare narrativamente l’avidità umana. La gallina della favola greca è una normalissima gallina, tranne che per il suo anomalo frutto. Nella versione di La Fontaine si allude a una una gallina bianca, ma può trattarsi di una semplice esigenza compositiva. Altra ancora più profonda anomalia è data dalla presenza del medesimo racconto per più secoli e in diverse aree italiane.
Galline straordinarie dalle uova auree le troviamo in racconti popolari relativi al castello di Stilo e di Capistrello (Calabria), dentro al castello federiciano di Lagopesole (Basilicata), nella storia recente di Aversa (Campania), città il cui misterioso stemma è un basilisco con un motto latino altrettanto enigmatico, e nel racconto del tesoro dei Fieschi nella vicenda dell’assedio di Montoggio del 1547 (Liguria), e molti altri luoghi come Prato Rosello, Artimino e Malmantile in Toscana, Randazzo e Novara in Sicilia e Camerano fra le grotte del Conero.
Facile banalizzare il tema: ogni castello nasconde un tesoro e quindi ogni luogo antico, meta di battaglie, saccheggi e ritorni, cela e veicola narrazioni di tesori nascosti. Certo, è vero; ma perché inserire nei racconti l’elemento anomalo che identifica il “tesoro” proprio con la nostra gallina? L’analisi deve risalire dal detto popolare: avere o trovare una “gallina dalle uova d’oro”, e non subito tornarvi banalizzando le specificità del curioso tema. I detti popolari sono il precipitato di massa di antiche narrazioni, non la loro fonte! In alcuni casi i racconti popolari ci regalano dettagli preziosi su questo bizzarro immaginario, permettendoci di avanzare un poco nella nostra indagine, come nel caso del castello di Lagopesole, dove la gallina prodigiosa è presente in una delle 365 stanze del maniero, che si apre una volta sola all’anno, a Natale!
Chiaro segno della solarità della gallina quale simbolo (come già la fenice e l’avvoltoio) e del suo valore spirituale di tipo materno e trasformativo, tanto che la chioccia, oltre ad essere citata dallo stesso Cristo nel Vangelo quale autometafora di se stesso, compare anche nell’emblematica morale e alchemica quale allegoria di protezione e di paziente trasmutazione. In altri racconti di ambientazione contadina è la Pasqua il tempo epifanico di tali uova d’oro.
Abbiamo poi altre due importanti fonti: Elliano e Plinio. Il primo nel suo trattato sugli animali ci parla delle galline quali animali connessi al culto di Heracle e di Ebe, mentre Plinio nella sua Storia Naturale ci tramanda due racconti che rinviano all’immagine delle galline d’oro quale manufatto sacro e rituale. Il primo racconto rivela che un tesoro aureo e galliniforme erano contenuto dentro il labirinto sepolcrale del Re etrusco Porsenna a Chiusi, mentre in un altro passo ci ricorda che i Messapi in guerra strapparono ai Tarantini propria un’altra simile gallina aurea con pulcini aurei e la custodirono in un pozzo prodigioso sempre colmo di acqua nella città di Manduria. Si tratta di racconti antichissimi e attendibili in quanto pochi anni fa fu durante uno scavo archeologico nel centro di Manduria fu trovato proprio un ipogeo messapico (III secolo a.c.) contenente un pozzo con cisterna e sapete dove si trova questo suggestivo sito? A Manduria in “Via della Chioccia d’oro”!
La cosa interessante è anche data dal fatto che il tesoro della gallina aurea apparteneva al re spartano Archidamo. Sparta ed Heracle, semidio molto amato dai Lacedemoni, accomunati dal culto gallinaceo! Tutto spiegato dal decorso del tempo che ha trasformato gioielli aurei nel racconto di una vera gallina che depone uova d’oro? Il racconto pliniano delle galline auree etrusche e tarantine-messapiche ci parla di una gallina quale animale psicopompo, che accompagna le anime illustri nell'aldilà. Simile discorso nel racconto di Elliano in quanto Heracle è eroe solare come animali solari sono le galline ma pure è eroe iniziatico che conosce le vie di accesso all'Ade e di ritorno.
Se poi consideriamo l'origine mitica del gallo secondo il racconto greco scopriamo che Alectrione non solo era figura solare ma pure iniziatica in quanto appare associato al fatto mitico-esoterico dell'unione di Ares con Afrodite, da cui viene Armonia. L’unico elemento comune a tutto questo frastagliato e persistente immaginario emerge nell’aspetto rituale-iniziatico di tipo ctonio e tellurico. La gallina appare icona-talismano cultuale associato a una spiritualità demetrica, ermetica e infera.
I dati fisici appaiono sempre compatibili con i sensi profondi del Mito: la gallina è “animale della soglia”, dall’ottimo udito, in quanto ambula fra piccoli voli, tendenza a salire in alto per dormire, e il piacere di scavare buche e accovacciarsi dentro la terra. Non poteva che essere associato in senso cultuale in quanto la sua fecondità, la sua abilità nel covare e il segno dell’uovo, così amato nelle tradizioni pelasgiche e orfiche (ricordiamo l’uovo di Leda), rinviava a una sapienza profonda e primitiva.
Dal punto di vista alchemico la gallina appare votata a veicolare sensi ermetici in quanto versione femminile del gallo, segno di zolfo e di fuoco. Il calore della “febbre” della chioccia e la sua sapiente delicatezza nell’accovacciarsi sulle uova e nel farle ruotare ciclicamente sotto di sé doveva apparire agli antichi cultori dell’Arte Regia una chiara, semplice ed efficace metafora dell’opera di trasformazione alchemica, che abbisogna di un “fuoco dolce” e di congiungere gli opposti ignei-mercuriali, e così viene emblemizzata, anche in considerazione del fatto che il calore della chioccia appariva quasi un conferma biologica del tema alchemico del “fuoco dolce” necessario per l’Opera ermetica.
Quale animale solare che si sveglia alle prime luci e raspa la terra ancora umida di rugiada la gallina appare anche vessillo del cercatore del Mercurio Universale. Gli stessi colori delle galline (bianco, rosso, nero) richiamano i colori simbolici base dell’alchimia e il semplice uovo di gallina infine appariva anticamente, grazie alla sua quadripartizione (guscio, pellicola, albume e tuorlo), sia metafora mistica dei primi quattro apostoli che allegoria della pietra filosofale nelle sue quattro radici empedoclee.
Il vero mistero è come sia potuto persistere così a lungo tale immaginario sapienziale e come abbia attraversato culture differenti: spartane-messapiche, etrusche, normanne, germanico-longobarde fino allo stupendo gruppo aureo appartenente al Tesoro di Teodolinda di Monza, dove il numero sette dei pulcini rimanda alle Pleiadi ma pure alla numerologia apollineo-pitagorica. Non dice la scienza che l’oro della terra viene dalle stelle?