Siamo andati a visitare Thomas Reinhardt nella sua casa nella campagna toscana vicina a Cortona. I muri dell'abitazione e dello studio erano affollati da una collezione di collage abbaglianti e coloratissimi.
Bill Dodd: Dopo una carriera brillante come progettista di giardini nel Medio Oriente, in Europa e negli Stati Uniti, che cosa ti ha spinto ad avventurarti nell’arte del collage?
Thomas Reinhardt: La creatività è una trama che ha attraversato tutta la mia vita. E’ cominciata nell’infanzia: a scuola i miei disegni e dipinti venivano appesi ai muri dell’aula perché l’insegnante d’arte li riteneva molto originali. Per molti anni ho lavorato con matite colorate, magic marker e acquatec, e più di 35 anni fa ho iniziato a creare collage (ad esempio A River Runs Through It). Ma la mia creatività non si manifestava solo sulla carta. Negli anni ’70 ho iniziato a creare giardini, cosa che faccio ancora oggi. E’ stato sul Monte degli Olivi che ho costruito il mio primo giardino, un desert garden con muri coperti di mosaici. I critici d’arte che conoscono i miei collage e hanno visto le fotografie del desert garden trovano che i dettagli dei muri coi mosaici creati più di 35 anni fa abbiano una forte somiglianza con i collage di oggi. Dopo tutto, i giardini sono, anche loro, collage tridimensionali.
BD: La tua prima mostra, allestita l’anno scorso nella galleria municipale di Cortona, era intitolata Revolution in Collage. La sbalorditiva varietà, l’energia sprigionata dai tuoi collage, davano alla mostra la forza di un’esplosione. Come fai a liberare una tale energia? Raccontaci dello stato d’animo con cui lavori, e come inizi a creare un collage.
TR: Ho scoperto che sviluppare idee e poi cercare di realizzarle costituisce una specie di resistenza di fronte al vuoto. Se mi viene un’idea durante le ore di veglia e non posso eseguirla immediatamente, la lascio andare. Questo perché se un’idea viene conservata nella memoria e realizzata soltanto più tardi, diventa esclusiva e autoritaria, e così si perde l’apertura verso il nuovo. L’autorità dell’idea si contrappone a ciò che sta accadendo nel presente, e così si ha una dispersione d’energia. Come si vede da alcuni collage, un processo di apprendimento si sviluppa durante il flusso creativo. Questo può essere osservato sia all’interno dello stesso quadro, sia passando da un quadro all’altro. Mentre sto lavorando - disegnando su carta, o progettando un giardino - osservo il mio rapporto con il lavoro in atto: i colori, gli oggetti, la carta, gli spazi, ecc., e il rapporto degli uni con gli altri. Questo è assai importante per me. Non faccio mai correzioni fondamentali in base a un dato condizionamento, per esempio, un’idea preconcepita. Convivo con i miei "sbagli", e lascio che il lavoro si evolva secondo la propria logica. Sembra trattarsi di un flusso naturale di creatività, è come un fiume. In sostanza, non nasce dal conflitto. Non c’è alcuna lotta.
C’è molto umorismo, molto stupore per quello che accade. In realtà io non m’identifico con l’opera creata, non parto con l’intenzione di "esprimere me stesso". La musica per me è seconda natura; nella musica è come se sentissi colori, forme, struttura, spazio. Creare dei collage è per me come creare musica. Con le composizioni astratte non esiste una struttura determinante. Sono soltanto l’essenza delle varie forme e strutture, e il rapporto tra di esse e con me, che determinano il flusso (la danza). Emozione e intelletto si fondono insieme. Mentre disegno le forme, ciò accade senza alcuno sforzo. Il disegnare, la creazione di un collage o di un giardino, sono come il volo della rondine. Senza resistenza e senza opinione. Mentre disegno con la matita, rarissimamente faccio delle cancellazioni per correggere una forma. Nei miei collage utilizzo sia i ritagli positivi (le forme che disegno e ritaglio) sia quelli negativi (gli "avanzi" di carta); non scarto niente.
BD: Buona parte dei tuoi collage ha un titolo. Potresti dirci quando e come questi titoli ti vengono in mente?
TR: Il titolo si presenta in un secondo tempo. A volte colgo l'idea per un titolo dalla reazione di chi si trova di fronte al lavoro. Più volte mi è capitato di creare collage che riflettevano su un incidente o un evento accaduto nel cosiddetto futuro rispetto a quel momento. Per esempio, è successo prima del terremoto e dello tsunami che hanno provocato il disastro di Fukushima in Giappone nel marzo 2011. Dal novembre del 2010 stavo lavorando su dei collage pervasi da un’atmosfera giapponese. Sentivo un forte disagio durante la composizione di questi pezzi e non capivo da cosa nascessero. In seguito, quando ho ricevuto le notizie sugli avvenimenti in Giappone, mi si è chiarito tutto. Molti dei miei collage esprimono premonizioni.
BD: Che genere di effetto visivo complessivo persegui e quale impatto cerchi di produrre nel tuo pubblico?
TR: Tengo a non farmi manipolare dalle opinioni altrui e nemmeno dalle mie. Non cerco di fare colpo sul pubblico. Inoltre non voglio spingere chi osserva in nessuna direzione. Mentre creo non penso. Non faccio che concentrarmi sui colori, sulle forme e sulla superficie con cui sto lavorando, nonché sul rapporto tra di loro e con me stesso. Lo spazio a disposizione, i colori, le forme, e la consistenza delle carte mi affascinano (nel creare giardini sono affascinato dal colore, dalla forma, dalla consistenza e dalla struttura delle piante, oltre che da tutti gli altri elementi utilizzati nella paesaggistica - rocce, acqua, muri, sentieri, terra scolpita, spazi vuoti; tutto questo comporta la simulazione e l’utilizzazione della natura, e il diventare tutt’uno con essa). Ma, a differenza della natura, nei collage i contorni non sono mai sfumati, sono sempre nitidi. Nei collage l’oggetto è in netto contrasto con il niente. Stanno in un rapporto dinamico l’uno con l’altro. Il senso di profondità visiva può essere creato in un collage senza i mezzi tradizionali della pittura. Ma l’illusione della profondità non è tra le mie priorità.
Dopo aver creato un’opera non giudico il risultato in alcun modo. E’ importante nella vita esporsi ai propri sbagli senza giudicare, convivere con i propri errori, senza conflitto tra giusto e sbagliato, e rimanendo attaccati ai fatti. E’ importante per me anche nel giardinaggio. Non sono il genere di progettista che sposta o elimina le piante in continuazione - sarebbe un’azione crudele. Per questo, nel corso degli anni l’atto creativo stesso è diventato un atto disciplinato. Impari a rispondere alle condizioni e alle esigenze di ogni parte del giardino - ad esempio, dove sta l’ombra, i diversi tipi di terreno - impari a rispettare le caratteristiche e lo spirito del luogo.
BD: I tuoi collage sono una cornucopia di ritagli intricatissmi e di ghirigori ricavati da una grande varietà di carte decorate, spesso dalla trama ruvida. Mostrano degli abbinamenti straordinari di colori oltre a una dialettica tra forme altamente fluide e motivi decisamente formali. Con una tale esplosione di plenitudine, come fai a sapere quando fermarti? Hai una particolare idea di equilibrio, di completezza?
TR: Quando avevo due anni e mezzo mi piaceva danzare sulla musica classica. Il senso di spazio e tempo di un danzatore, che si manifesta attraverso la musica e il corpo, è la sensazione prevalente che mi accompagna quando creo un quadro. Ecco perché i quadri danno un senso di fluidità. E’ come se stessi creando musica attraverso il colore, la forma e lo spazio. Quando finisce la musica, quando il fiume si disperde nell’oceano, è arrivata la conclusione. Il quadro si ferma da solo.
BD: Sebbene si tratti di una tecnica antica, si tende a datare l’arte del collage ai modernisti del primo Novecento come Bracque, Picasso, Matisse e tanti altri. Sei stato influenzato da qualche artista del collage in particolare? Ti collochi all’interno di una particolare corrente dell’arte moderna?
TR: Sono sempre affascinato dal lavoro degli altri, ma non ho particolari preferenze. Durante tutta la mia vita ho riflettuto sul mio rapporto con la letteratura, la musica, la pittura, la scultura, l’architettura, le tecniche, e in generale con ogni sorta di struttura. La scienza è una mia passione. Sono affascinato anche dagli scacchi, sono l’essenza del pensiero. Mi immergo continuamente nell’arte, nella musica, nell’architettura, nella poesia e nella scienza. Studio la struttura e la distruzione - in altre parole il vivere e il morire - che avvengono nella natura, in me stesso, negli esseri umani in generale, nella vita nel suo insieme. Si tratta di un processo di apprendimento continuo, sempre incompiuto, senza risultato e senza autorità. Passeggiare nella natura è il mio "pane quotidiano". Una delle mie attività preferite è osservare il mio rapporto con altre persone dotate di particolari abilità - guardare un carpentiere, un muratore, un elettricista, o un giardiniere al lavoro.
BD: Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai delle mostre in programma?
TR: Ora come ora non ho mostre in programma. Ho l’intenzione di lavorare con studenti adolescenti in Inghilterra. Ritengo che l’istruzione sia forma più alta dell’arte e della creatività.