C’era una volta in un boschetto incantato un Pioppo Nero come i segreti della notte, che s’ergeva elegante e silenzioso in mezzo all’antico Olmo, al saggio Frassino, al cugino Ontano Nero e ai suoi figli Salice Bianco e Salice Rosso.
Era il più alto dei fratelli e di certo il più affascinante, e aveva l’aspetto di un uomo vittorioso, tanto che era stato soprannominato Albero Andronico. Il carattere originale, la forza e la determinazione, la dolcezza e la tenerezza lo rendevano l’albero più ambito tra le femmine del bosco, ma tutto questo movimento a lui non piaceva, anche perché spesso gli era stato spezzato qualche ramo e staccata qualche foglia di troppo. Ecco perché lui tendeva a rinchiudersi nel suo manto dorato ed era poco disponibile a lasciarsi andare alle lusinghe femminili.
Il suo aspetto era attraente per la chioma ovale verdissima e colma di foglie lunghe e strette, un immenso gioco di luci e di riflessi che in autunno conquistava tutte le sfumature del rosso e dell’oro. Questa regale capigliatura era costantemente scossa dal vento: che fosse refolo o tempesta, essa donava al bosco una sinfonia di note, come il soave canto degli Elfi e delle Fate che si celavano dietro a quelle fronde vellutate. L’albero era vivo e risplendente dalle radici alla corteccia, eretto nel suo abito nerastro e spesso, possente e tenace come un guerriero. E racchiudeva il mistero di migliaia di occhietti verdi, piccoli, vivaci che scrutavano il cielo dal tronco diritto e nodoso, dalla corteccia fessurata e stanca.
Pensava spesso che avrebbe potuto conoscere altri luoghi, erbe magiche e fiori profumati, la sensualità degli abiti femminili delle querce e delle sequoie, la freschezza dei tigli. Lo attraeva la magia degli alberi fioriti, il sussulto delle ginestre colorate di sole, il tramonto sull’oceano infinito… eppure restava fermo nel suo antico e possente radicamento, non lo avrebbe spostato dalla sua zolla nemmeno l’evento più catastrofico della natura, un potente sisma o un disastroso uragano. Forse perché il Piccolo Popolo di Gnomi ed esseri elementali gli teneva compagnia e gli ruotava intorno aspettando il suo canto e la musica irresistibile che donava magia anche all’aria.
Ogni anno il Pioppo Nero mostrava la sua splendida fioritura espandendo il suo intenso profumo tra le femmine del bosco, ma mai aveva dato dei frutti, finché un bel giorno i suoi frutti furono maturi, e da essi fuoriuscirono tanti piccoli semini piumosi come cotone che il vento portò molto lontano. Uno di questi andò a posarsi su una splendida Pioppa Bianca di nome Aurora.
Era una pianta dal temperamento giovane, audace e focoso. Aveva la corteccia liscia e candida con qualche screpolatura in corrispondenza dell’attaccatura dei rami. Le sue vesti svolazzavano alla brezza investendola di fascino e leggerezza e rendendola disponibile al cambiamento. Le bastava una farfalla variopinta o un gabbiano, o il canto di una civetta in una notte d’estate per essere attratta dal mistero e perdersi in fantasie e sogni che raccontava alle fatine nascoste tra le sue vesti scintillanti. Figuriamoci come palpitò il suo cuore alla vista di quel semino piumoso! Si mise subito in testa di trovare la pianta da cui proveniva. E a nulla valsero i consigli di chi voleva dissuaderla da quel pericoloso viaggio.
La Pioppa Bianca si tagliò qualche radice ed estrasse le sue sinuose gambe dalla zolla, abbandonando tutta se stessa all’ignoto. Nemmeno lei sapeva esattamente cosa cercare, trascinandosi il semino sul petto come se inseguisse un sogno, con le radici desiderose d’umido e d’acqua pura. Ogni tanto si bagnava nelle acque di un torrente o di un fiumiciattolo che scorreva pigramente verso valli ignote e si fermava a far riposare la sua immensa fatica. Un giorno si sedette in riva a un lago, vicino a una pianta di Sambuco e s’addormentò profondamente. Le apparve in Sogno una dolce Fatina Bionda che così parlò:
Il Semino Piumoso è volato
e proviene dal bosco incantato
appartiene ad un bel Pioppo Nero
nato proprio su di un cimitero.
La Pioppa Aurora aprì gli occhi ed ebbe davanti a sé uno spettacolo che le accese subito il cuore: aironi cenerini, garzette, gallinelle d’acqua, un germano reale e un martin pescatore volarono intorno a lei e le mostrarono la strada per proseguire il viaggio. La Pianta si congedò dagli altri amici conosciuti durante il cammino: la Signora Rana, il Signor Rospo e la loro piccola Raganella, salutò la Lucertolina e il Tritone e la loro amica Biscia e s’incamminò per la via indicata. S’inoltrò presto in un bosco vero e proprio, incontrando un Salice Bianco, un Frassino, tre Ontani Neri e un’altra pianta di Sambuco che la salutarono sorridendo. Dalle loro fronde s‘alzò un canto di usignoli e cinciallegre, un picchio verde s’affacciò tra le foglie e uno sciame di farfalline colorate s’unì alla comitiva in volo. Un Olmo campestre si levò gentilmente il cappello e tutto il sottobosco si fece avanti ricco delle sue fioriture: biancospino, frangola, corniolo, lantana, nocciolo, prugnolo, ligustro, sanguinello, fusaggine e luppolo. Il viaggio proseguì in un clima di festa e l’allegra compagnìa si spinse avanti fino al tramonto.
Un sole immenso scese dietro ai monti e lasciò spazio a una straordinaria Mezza Luna Rossa. La Pioppa fu ammaliata da tanta bellezza e restò a contemplare la scena prima d’abbandonarsi al Sonno e ai Sogni della notte. Una varietà di Esseri con le alucce verdi, azzurre e rosse la visitarono e una marea di Elfi e Gnomi le salirono sui rami accarezzandola dappertutto. Lo Gnomo più anziano le fece segno di seguire un coniglio bianco. Al suo risveglio tutto il Piccolo Popolo era sparito ma non il coniglietto, pronto a indicarle il cammino. La guardò con i suoi occhietti rossi e iniziò una veloce corsa. La Pioppa Bianca dovette districarsi tra le piante, attraversare campi di fiori, fiumi, selve e il verde prato di una rotonda collina, poi, giunta accanto a una cascata d’acqua azzurra, si lavò la chioma affaticata sotto quel getto miracoloso. Una Carpa dorata le rimase impigliata tra i rami e le sussurrò:
Il Coniglio ha concluso il suo viaggio
vieni nel fiume con forza e coraggio.
E si buttò nell’acqua con un salto.
La Pioppa Aurora seguì la Carpa per tre giorni e tre notti e la terza notte raggiunse una radura illuminata dal cielo stellato. Era piacevole il bagliore di tutti quei puntini e il suo cuore fu colmo di desideri. Non era più ansiosa di arrivare a destinazione, ma voleva assaporare ogni momento del viaggio. Nella notte attraversò un muro luminoso formato da tante piccole lucciole e all’alba si trovò finalmente proprio ai piedi del bosco incantato. Una strana luce rossastra danzava amabile sopra la chioma delle piante dove scorse subito la testa più alta. A quel punto si fermò e attese uno sguardo. Il Pioppo Nero era così preso dalla sua chioma agitata dai venti, dalla musica che passava tra le sue foglie che non s’accorse di lei. La Fatina Bionda le apparve di nuovo e disse:
Sei giunta a destinazione
hai seguito l’illusione
ora devi aspettare
il Pioppo ti deve invitare.
La Pioppa Aurora stava al suo posto ad aspettare, ma il Pioppo Nero non la guardava mai negli occhi, sbirciava ogni tanto da lontano, forte della distanza che li separava e poi si concentrava di nuovo su se stesso. Pensava e ripensava, valutava e soppesava, ogni tanto gli sfuggiva un’emozione, una sensazione, una voglia di tenerezza, ma poi ritornava sui suoi passi. Ci fu un momento che incontrò lo sguardo di Aurora, ma subito uno spiritello burlone con una spinta lo persuase che era meglio non fidarsi del mondo femminile. Aurora ci rimase molto male, quell’ostentata solitudine del Pioppo Nero la spaventava. Lei desiderava l’intrecciarsi di due vite, la condivisione profonda dei sentimenti, la perdita di se stessa nell’anima dell’altro, invece era tenuta a distanza come un essere pericoloso. Così, in lacrime, staccò di nuovo le radici dal suolo e tornò a casa.
Il viaggio di ritorno, pur con la tristezza nel cuore, fu comunque piacevole, grazie ai tanti interessanti incontri che la riavvicinarono ai lati positivi della vita. Aurora fu accolta dalla gentilezza delle Betulle, dalla tristezza dei Salici, dalla precisione dei Cipressi, dalla possanza dei Faggi e dalla sicurezza dei Frassini. I fiori le raccontarono i segreti dei loro colori inondandola della loro fragranza. Tartarughe e lumachine che s’affrettavano verso uno stagno le mostrarono splendide Ninfe intente a filare e tessere i destini degli uomini, deliziose Silfidi avvolte in vesti argentate tra i cespugli di rose bianche e Ondine danzanti sul far della sera o alle prime luci dell’alba. La lentezza del suo passo le consentiva di osservare quel mondo invisibile che spesso sfugge ai sensi distratti. Sfidò le colombe verdi del torrente che svolazzavano in aria festose, i Troll dei fiumi che aprivano porte e spazi, gli spiriti dei Jinn nascosti nelle rocce e i malvagi Goblin erranti negli antri misteriosi. Gli animali la guidarono: l’ermellino bianco nelle strade più fredde, gli scoiattolini nelle radure del bosco, i lupi attraverso le selve più intricate. Tutto la rendeva felice facendole pian piano sentire quella terra che nutriva le sue radici. Il Pioppo Nero aveva rifiutato la gioia, il sorriso, il sogno di unione e lei aveva rischiato di perdere forza, stabilità e allegria. Non aveva avuto altra scelta che la sua originaria solitudine, ma il viaggio le aveva donato conoscenza e aperto nuovi orizzonti.
Il Pioppo Nero, dal canto suo, non era indifferente a quella perdita, la Pioppa gli mancava, gli mancavano i suoi sguardi, i suoi sorrisi, la carezza della sua voce, ma era inchiodato alla sua zolla senza saperne il perché. Negli ultimi tempi si era chiuso alle novità, eppure più temiamo i cambiamenti più essi arrivano a minare la nostra stabilità. La distruzione degli uomini avanzava nella foresta: i tagli degli alberi, l’invasione del cemento, le costruzioni sempre più ingegnose con i metalli. Da quando il passaggio di automobili e di velivoli, il viavai chiassoso della gente aveva invaso l’ambiente incontaminato, molti alberi avevano abbandonato il bosco, altri erano appassiti per carenza d’acqua, altri ancora, allontanatisi un istante, non erano più tornati.
Il boschetto era scomparso lasciando spazio alle case di una grande città e al caos degli uomini. Anche se appariva disinvolto nella sua dura scorza di Albero Andronico, il Pioppo s’affliggeva per le più piccole cose. Soffriva quasi compiacendosi dei suoi problemi e se talvolta teneva per sé le sue lamentele, era per godersele meglio. Non lasciava mai trapelare il suo stato interiore, lo si poteva pensare sempre tranquillo e disteso, mentre in realtà era spesso torturato, inquieto, angosciato. Certo, senza più la freschezza della foresta, la magnificenza dei prati verdi e colorati di fiori, senza il calore degli animaletti del bosco, la pianta era spaesata pur dietro alla sua maschera d’allegria e coraggio.
Fu così che si rese conto che tutto passa nella vita tranne gli affetti importanti e quella Pioppa che lo aveva raggiunto spinta dalla passione forse avrebbe creato armonia nella sua anima tormentata. Cosa se ne faceva della sua forza, della sua conoscenza del regno invisibile, della sua determinazione se non poteva condividerla con nessuno? Forse quel sogno d’unione poteva risvegliare tutto il suo potere di creazione. Così tirò fuori i suoi germogli e sparse di nuovo al vento quei semini piumosi.
Non ci crederete, ma uno dei semini raggiunse ancora la nostra Pioppa con l’aiuto di qualche Fata dell’Amore. Aurora riconobbe il richiamo di quel Pioppo Nero a cui aveva pensato tanto, ma fu attraversata da un’infinità di dubbi, aveva paura del dolore, di non essere accolta. Eppure quel semino la guardava e la implorava, come se le chiedesse di partire ancora. Stavolta Aurora non disse nulla alla sua gente, nessuno l’avrebbe compresa e aiutata, nessuno le avrebbe suggerito di rimettersi in viaggio. Lei però ora era diversa, possedeva la sua creatività, il suo carattere, la sua innata letizia, avrebbe forse potuto condividere con lui il suo potere. Era aperta ad accogliere e trasformare anche il dolore, a superarlo con il movimento che crea la vita, desiderava quell’unione più di ogni altra cosa e credette di nuovo al suo sogno. Il viaggio, oltretutto, la stimolava, non le piaceva fermarsi troppo a lungo nella stessa zolla, voleva esplorare tutti i mondi possibili e così partì entusiasta all’avventura. Il cammino le donò sapienza, fu più piacevole che mai e la noia non la sfiorò nemmeno per un attimo. Si sentiva forte, saggia e piena di energia e ogni istante fu intenso e coinvolgente. Non si fece mai avvolgere dalla paura e angustiare dal dubbio, andò dritta per la sua strada e niente la distolse dai suoi propositi.
Quando giunse accanto al Pioppo Nero, stavolta, lo guardò negli occhi con determinazione e lui non abbassò lo sguardo, anzi l’accolse teneramente tra le sue foglie scintillanti. Lei si appoggiò con fiducia a quel tronco possente e sentì tutta la forza dell’Amore che debordava da quell’antica corteccia. In quel momento le due piante sorrisero e immediatamente le radici dell’una s’intrecciarono a quelle dell’altra. Ormai unite alla base, levarono le radici da quella terra arida e si diressero verso un giardino lontano. Ed è stato durante il viaggio che i loro tronchi e le loro chiome sono diventate una cosa sola portando una trasformazione alla pianta che non la rende né bianca né nera ma le regala l'aspetto di una vita intera, coraggiosa e vittoriosa, degna di un vero Albero Andronico.
Il viaggio è stato lunghissimo prima di arrivare al giardino lontano, ma la fioritura dell’Albero Andronico in ogni luogo e in ogni tempo ha portato gioia e risveglio a tutti gli animi in cui si è imbattuto. Inoltre ogni fioritura ha riempito il mondo di tanti piccoli alberelli, Pioppetti Bianchi e Pioppetti Neri, che hanno tramandato e tramandano ancora il suo messaggio segreto.
Ogni bell’albero dal fusto fiero
dall’alto domina sicuro e altero
senza coinvolgersi profondamente
perché sull’anima spicca la mente.
Il Pioppo Bianco spinto dal cuore
paziente aspetta e freme d’amore
spera e confida nell’aspetto gentile
danza e si muove con vero stile.
Ma se l’orgoglio non cede il passo
anche un germoglio diventa sasso
non basta un pianto di tenerezza
per risvegliare reale interezza.
Meglio star soli che in compagnia
con alti muri e una sana follia
chiusi nel carcere da un censore
da mane a sera a contare le ore.
Quando però il destino lo vuole
anche la Luna diventa un Sole
e la piantina può essere accolta
per non sbagliare ancora una volta.
La solitudine a noi tutti pesa
e il Pioppo Nero vuole la resa
la Pioppa Bianca lo guarda felice
e gli sorride da chioma a radice.
E nell’incanto dell’abbandono
ogni lamento diventa un suono
ogni radice cerca l’unione
e Amore porta trasformazione.
Così il bell’albero né Bianco né Nero
ora capace d’Amore sincero
può continuare la sua avventura
portando al mondo la sua fioritura.
Da ogni fiore poi nasce un frutto
che dona al mondo nuovo costrutto
tanti alberelli in un popolo amico
per raccontare del Pioppo Andronico.
Illustrazioni di Alessandra Murgia