Nell’ottobre del 1911 Henri Matisse si recò a Mosca per supervisionare l’istallazione della Dance e della Musique in casa di Schukin. In quell’occasione riscontrò forte interesse nelle Icone che definì il “miglior patrimonio” dell'arte medievale invitando gli artisti europei a “cercare i propri modelli nei pittori di icone piuttosto che nei maestri italiani”.
Il termine icona (dal greco eikon) significa ritratto, immagine, forma, somiglianza ed è, in estrema sintesi, una raffigurazione sacra dipinta essenzialmente su tavola, anche se propriamente qualsiasi immagine, sia dipinta a tempera su tavola o ad affresco su muro, realizzati con smalti o a rilievo in avorio o altro materiale può considerarsi un’icona.
Fondate su precise conoscenze teologali, le Icone vengono realizzate mediante adeguate tecniche artistiche nel rispetto ad un linguaggio grafico e coloristico che ha assunto forma di canone progressivamente nel tempo. L'icona è infatti epifania del divino ed essenza di sacralità, presentando, artisticamente e dottrinalmente, alcune caratteristiche specifiche, come la costruzione piramidale, la simmetria ottenuta con proporzioni geometriche, il frontalismo della figura, l’astrazione, la spiritualizzazione del volto, il colore come gioia dello Spirito, l’armonia, la bidimensionalità e l’incorporeità della figura rappresentata, l’atemporalità, in quanto la dimensione del divino è al di là del tempo cronologico. Tra le opere d’arte più conosciute della Chiesa, le Icone possiedono un forte significato spirituale e contestualmente educativo, essendo in grado di enunciare la liturgia con immagini, aiutando quindi i fedeli a comprendere quanto la religione insegna.
Le Icone, siano esse cristiane, bizantine, greche ortodosse, ecc., come anche le preghiere, sono il prodotto della creatività comune, realizzato faticosamente da centinaia e centinaia di generazioni. Il rispetto della tradizione investe non soltanto l’iconografia dell’opera d’arte, ma anche la scelta del materiale, il modo di preparazione della superficie per il dipinto, la sequenza della pittura, la preparazione dei colori. Tutto questo per trasmettere un profondo significato spirituale e, nonostante la serialità della rappresentazione spesso con lo stesso tema, sono sempre diverse, come diversi sono gli iconografi, gli autori cioè che le dipingono.
L’Icona, illustrando un episodio evangelico lo rappresenta al di fuori del tempo e dello spazio in tutte le sue parti, presentando contemporaneamente tutti gli avvenimenti ad esso connesso. I personaggi sono rappresentati in una visuale generalmente frontale, in atteggiamento fisso ieratico, con movimenti quasi assenti e sobrietà nei gesti. Vengono dipinti non in modo realistico, il disegno dei corpi non tiene infatti conto dei canoni anatomici e il volto viene trasfigurato per denunciare che essi appartengono al mondo celeste, essendosi già rivestiti di un corpo incorruttibile. In particolare, l'Icona cristiana ha lo stesso valore dei testi sacri permettendo di adorare il Signore, la Vergine e i Santi che il Cristianesimo considera sempre viventi non essendoci per il Cristianesimo una vera distinzione fra la vita prima e dopo la morte.
Le Icone sono quindi illustrazioni di personaggi e scene di vita religiosa create anche a scopo didattico-divulgativo e per questo motivo la tavola non si dipinge ma si “scrive”. Scriverla significa però rispettare alcune esatte regole e persino i colori possiedono un significato peculiare:
Blu: il Divino
Bianco: la purezza e la vita
Rosso: l'umanità
Verde: la natura
Giallo: la luce divina
Nero: la privazione della vita
Nell’atto di “scrivere”, l’iconografo svolge un servizio ecclesiale. Egli deve contemporaneamente considerare la dimensione teologica e spirituale, artistica e artigianale, in obbedienza alla Sacra Scrittura ed al canone iconografico. Per questo motivo, essendo autentici “oggetti” sacri, come il Vangelo o gli arredi liturgici sull’altare, quando l’iconografo termina la sua opera, la deve presentare al sacerdote per la benedizione. Non a caso chi realizza una icona è un graphos, uno scrittore, variare un particolare può voler dire cadere nell'eresia. Le regole che un iconografo deve seguire sono riportate in appositi manuali, hermeneia, il più famoso dei quali di Dionisio di Furnà risale all'inizio del XVIII secolo.
Le Icone possono essere ricondotte ad un numero limitato di "tipi" che prendono il nome da caratteristiche interne (Madonna Glycophylousa o Madonna della Dolcezza; Madonna Galactotrophousa o Vergine Allattante) o da fattori esterni, quali il luogo di venerazione (la Blachernitissa che prende il nome dalla basilica delle Blacherne a Costantinopoli; la Vergine Axion Estin rivelata da un miracoloso evento accaduto sul Monte Athos).
Le immagini raffigurate nelle Icone sono definite. Tra queste abbiamo le Icone della Madre di Dio rappresentata abitualmente come Madre, ossia assieme al Figlio, indossa una tunica l'imation e ha le spalle ed il capo coperte da un manto, il maforion, su cui spiccano tre stelle, una sul capo ed una su ciascuna spalla a significare la perpetua verginità: prima, durante e dopo il parto. La Madonna può essere raffigurata anche in Trono, Orante, Fonte della salvezza, Roveto ardente, Maria Bambina.
Le Icone di Gesù Cristo lo raffigurano in genere a mezza figura, con barba corta e ben curata, in atto di benedire con la destra e con un libro aperto o chiuso nella sinistra. È caratterizzato dal nimbo con la croce in cui spiccano le lettere O ON - colui che sono – (Esodo 3,13-14). Il colore azzurro dell’imation simboleggia la sua natura divina, il bruno della tunica la natura terrena, la sua umanità. Eccezionalmente Cristo può essere raffigurato a figura intera o in trono. In quest’ultimo caso è rappresentato a figura intera seduto su un seggio spesso molto decorato ed indossa la tunica e l'imation.
L'icona del Mandylion riproduce invece la miracolosa immagine di Edessa acheropita, cioè non realizzata da mano umana. Rappresenta il solo volto di Cristo riprodotto su un drappo, talvolta retto da due angeli. Tra i santi maggiormente raffigurati nelle Icone troviamo San Giorgio, San Basilio, San Giovanni Battista, Santa Barbara, Santa Valeria, SS. Pietro e Paolo, ma anche Sara moglie di Abramo, Anna con Maria, Amos profeta, Arcangelo Michele. Ancora oggi si realizzano Icone d’autore, commissionate dalla Chiesa ma anche da privati. Queste vogliono ricreare e riportare all’attenzione, in un mondo votato sempre più alla tecnologia, un antico sapere, un’arte quasi dimenticata, una visione del mondo così come la raffiguravano i nostri antenati, ristabilendo un legame con un mondo di sorprendente spiritualità e bellezza.
Tra gli iconografi cristiani contemporanei, spicca il talento di Maria Galie. Nata a Costanza sul Mar Nero, dove a soli dodici anni inizia la scuola d’arte e quindi la realizzazione delle prime opere. Nel 2001 si laurea all’Università delle Belle Arti di Bucarest e subito dopo si trasferisce in Italia per insegnare la scrittura di icone in corsi privati e di gruppo in varie città e in particolare a Roma, nel Battistero della Chiesa di San Policarpo. Le sue Icone si trovano in varie chiese d’Italia, Romania, Stati Uniti d’America e in numerose collezioni private in tutto il mondo. È nota in Italia anche per aver realizzato riproduzioni fedeli agli originali di icone portate in restauro o trasferite per motivi di conservazione (Madonna dell’Aracoeli, Madonna di Casaluce).
Tra le sue mostre citiamo quella del 2010, Esposizione Internazionale “100 Presepi” di Roma, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il patrocinio della Conferenza Episcopale Italiana; sempre nel 2010, quella alla Galleria Lagostiniana, Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma; nel 2004, Bellezza Celeste, chiostro dell’ex Convento Francescano di Pordenone.
Le Icone realizzate da Maria Galie sono opere originali, eseguite interamente a mano con la stessa tecnica e l’esclusivo utilizzo di materiali originali secondo la tradizione pittorica medievale. Si tratta di lavori unici, in quanto gli effetti del colore sono irripetibili. Le opere sono eseguite a tempera, con pigmenti naturali in emulsione d’uovo, dorature a bolo con colla di coniglio e foglia d’oro zecchino 24 K brunita con punta d’agata. I supporti sono in legno stagionato di tiglio con traverse in legno di quercia.
Tutte le opere dell’iconografa romena sono intrise di un profondo significato spirituale, ma le più “toccanti” rappresentano la Vergine al di fuori del tempo e dello spazio, non in atteggiamento realistico, ma con un volto trasfigurato il quale rivela che essa appartiene al mondo celeste rivestita di un corpo incorruttibile. Nelle icone, infatti, il disegno del corpo non tiene conto dei canoni anatomici, come nel caso delle famose icone antiche conservate in alcune chiese mariane, soprattutto a Roma, come quella di Santa Francesca Romana, di Santa Maria in Trastevere e di Santa Maria Maggiore, detta Salus Populi Romani.
Nelle Icone di Maria Galie che raffigurano la Madre di Dio esiste una sobrietà nei suoi gesti, rappresentata in una visuale frontale e in atteggiamento fisso ieratico. Si tratta spesso della Madonna della Tenerezza, della Madonna di Vladimir, della Madonna Odigitria, di colei cioè che indica il cammino, la direzione della fede, ed è un tipo di iconografia cristiana diffusa in particolare nell’arte bizantina e russa del periodo medievale. Quest’ultima iconografia è costituita dalla Madonna con in braccio il Bambino Gesù seduto in atto benedicente che tiene in mano una pergamena arrotolata o un libro che la Vergine indica con la mano destra (da qui l’origine dell’epiteto).
In questo tipo di Icone su un fondo oro la Madonna è coperta da tunica e veste di colore verde, con manto rosso, filettato d’oro e decorato di stelle. Colori e simboli denunciano archetipi antecedenti il cristianesimo, così come le linee del volto, ed in particolare degli occhi e del naso, che manifestano uno stato psicologico preconfezionato; le stelle sul manto simboleggiano la sua perpetua verginità. La Madonna è calzata di rosso su di un cuscino rosso, e presenta le dita delle mani estremamente affusolate. Il Bambino è nimbato, vestito di bianco e arancio con piedi scalzi, la mano destra è benedicente mentre con la sinistra tiene un libro.