Jamuna Mishra, Maestro di yoga, Guru e medico ayurvedico è nato a Rangoli, nella regione del Madhya Pradesh, al centro dell’India, da una famiglia di Brahmini. Il padre che era Guru, l’appellativo onorifico con il quale viene designato un maestro spiritual, e sacerdote del tempio, lo scelse fin da bambino per proseguire il suo insegnamento attraverso lo studio dei testi tradizionali che sono la base e la guida per entrare nel vivo dello yoga così come ancora oggi lo si pratica e lo si insegna.
Accanto a questa sua formazione per così dire “dinastica” Guru ji Jamuna ha conseguito il dottorato in Naturopatia presso la Gandhi National Academy of Naturopaty di New Delhy, anche se, quando gli si chiede di parlare di questa sua doppia veste, dice di essere prima maestro che medico dal momento che da generazioni il compito della sua famiglia è stato quello di tramandare la spiritualità e cercare il Bene dell’umanità. La sua vita è stata segnata da incontri importanti, primi fra tutti quelli con Gandhi e con Madre Teresa di Calcutta che lo ha spinto ad uscire dall’India per portare, seppur da un approccio religioso diverso, un messaggio di pace e benessere. Anche per questo da ormai vent’anni insegna in molti paesi del mondo dall’Europa all’America al fine di sviluppare la conoscenza e la formazione. Attualmente vive a Khajuraho nel centro-nord dell’India dove dirige l’Ashram di Gaya. È sposato con Shoda, ha due figli e un nipotino.
Incontrarlo è un’esperienza che cambia qualcosa nella tua vita. Con il suo modo delicato, discreto, colmo di gentilezza ti conduce, quasi senza che tu te ne accorga, in una dimensione che non è quella del quotidiano anche se, stando in sua presenza, tutto appare semplice: è come se una leggerezza sottile iniziasse ad attraversarti mentre lo spazio si amplia e cambia la nozione di tempo. È una sensazione di pace quella che ti pervade e ti sembra più facile entrare in contatto con quella parte sottile, aerea che è spesso schiacciata, quando non annullata dal peso del vivere.
È questa condizione di benessere, di unione dell’anima e del corpo che si ottiene attraverso lo yoga?
La pratica dello yoga è realmente benefica. Conferisce calma e stabilità alle membra riducendone lo sforzo al minimo perché lo yoga è immobilità in opposizione al continuo agitarsi delle forme dell’esistenza. Dà pace alla mente riducendo l’irrequietezza e la tensione del corpo e producendo così il rilassamento fisico. Quanto più si fa profondo e regolare il respiro, quanto più il ritmo cardiaco entra in quiete, tanto più i pensieri rallentano e si dà spazio alla forza vitale per poter ascendere ai regni più sottili della coscienza. Lo yoga porta chi lo pratica al di sopra delle fluttuazioni della mente fino alla sorgente da dove nasce la saggezza. Così mente e corpo si placano. Non è imparare una postura, non è dimostrare che sei bravo: lo yoga ti indica come devi vivere tutta la vita; è per te che lo fai. Non ci sono posizioni obbligate: devi trovare il tuo limite e accoglierlo. Ognuno ha un proprio limite. Quando assumi una postura in armonia con il ritmo del tuo corpo hai un potere incredibile. Le nuove generazioni dovrebbero praticare lo yoga per trovare la felicità.
Felicità è una parola impegnativa che spesso siamo riluttanti ad usare quasi per timore di pretendere troppo, ma mi faccio coraggio e pongo la domanda delle domande: la felicità esiste? Che cosa può renderci felici? Con la sua incrollabile pazienza Guru ji mi risponde.
Ci sono tante cose che possiamo fare per star bene, in buona salute ed essere felici, ma per essere felici veramente dobbiamo avere meno desideri. Più ci aspettiamo dalla vita e dagli altri, più siamo attratti dalle cose materiali, più ci allontaniamo dalla possibilità di essere contenti, di godere di poco come fa il bambino. Quando sentiamo di appartenere a quell’unico organismo che comprende l’umanità ed ogni essere allora troviamo la felicità che ci permette di stare in pace, in armonia e serenità. Ogni creatura, ogni cosa del mondo, con le proprie caratteristiche e attitudini, ha una responsabilità nella felicità degli altri oltre che della propria. La foglia ci aiuta a respirare e noi aiutiamo le piante a crescere ponendole nella terra e coltivandole. Il nostro ruolo di umani è quello di aiutare la Natura e questo concorre alla nostra felicità: sei veramente felice quando aiuti gli altri.
Il nostro corpo è un grande e meraviglioso organismo dentro al quale si trovano gli stessi elementi che troviamo in Natura: aria, acqua, fuoco, terra. Quando onoriamo gli elementi che sono fuori di noi rendiamo felici quelli che stanno dentro di noi: più siamo in armonia e in equilibrio al nostro interno, più lo siamo con ciò che ci circonda, più siamo in buona salute. Vivere cercando questa armonia è già parte dello yoga.
Quando è nato lo yoga?
Difficile se non impossibile dirlo. Secondo lo storico delle religioni Alain Danielou si hanno indizi della sua esistenza già nell’epoca pre-ariana, nella civiltà dravidica. Nei Veda, gli antichi testi in cui si parla un po’ di tutto: di scienza, di medicina, di religione, del percorso che deve compiere l’essere umano per liberarsi dalla sua condizione, per elevarsi, si trovano indicazioni anche sullo yoga. Successivamente nelle Upanisad che dei Veda sono un’estensione, esso compare come termine indicante una “tecnica”, ma fu Patnnjali, il grammatico indiano vissuto nel III o II secolo a. C. a mettere per iscritto il percorso dello yoga che fino ad allora era stato trasmesso oralmente dai Maestri. Lo Yogasutra è una raccolta di circa 200 brevi frasi che noi potremmo definire “aforismi” per tradurre la parola sanscrita sutra “filo” per infilare le perle, che è appunto il filo conduttore dello yoga.
Lo yoga che il dottor Jamuna porta nel mondo è profondamente legato alla filosofia e alla cultura induiste e affonda le sue radici nell’India vedica. Si può dire che è uno yoga sacro?
Lo Yoga nella visione induista è un percorso, uno stile di vita che attinge a una tradizione antichissima di pensiero, di tecniche ascetiche e metodi di meditazione. È la base spirituale per una vita umana completa poiché genera sintonia con la vita divina nella quale l’uomo ha la sua esistenza. Incanalando le energie del corpo verso la nostra interiorità cioè verso la nostra anima possiamo trovare un’armonia, una percezione elevata che ci pone al di sopra del dolore e del piacere perché da lì osserviamo questi “opposti” come semplici onde alterne del grande oceano della vita.
Lo yoga realizza l’unione della materia cosciente con la Divina Presenza dentro di noi e dà il potere di fondersi con essa. Quello che di più importante si deve ricordare nello yoga è che esso unisce l’individuo con l’infinito. Quella parte del cervello che si trova situata alla base del cranio, dove si unisce alla colonna vertebrale, quello che, con termine “scientifico”, è chiamato midollo allungato, viene definito “la bocca di Dio”. Nell’energia cosmica che attraverso questo canale penetra si trovano tutto il potere e l’energia di cui abbiamo bisogno e anche qualcosa di più grande: la pace e la gioia.
È un sistema scientifico da mettere in correlazione alle condizioni fisiologiche e psicologiche del corpo, ma tutto ciò è solo un mezzo per ottenere un fine più alto: elevare le nostre anime per unirle all’Infinito. È una strada per cercare Dio, per portare pace al mondo, una missione per aiutare gli umani, una preghiera. Quella attuale è un’era caratterizzata da conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale. Il termine Kali-yuga (“yuga” è appunto l’epoca) sta a indicare questa era oscura, l’età del ferro nella quale dominano la mancanza di verità e di compassione. Dobbiamo imparare di nuovo a non vivere nella menzogna, a praticare ahimsa la “non violenza” e a tenere in considerazione il concetto di “non sprecare”, una condizione importantissima nello yoga che ci insegna ad economizzare l’energia, a cercare l’essenziale, a capire ciò di cui abbiamo veramente bisogno senza fare o chiedere troppo né troppo poco.
Che cosa occorre per praticare questo yoga?
La pazienza, un’energia positiva senza la quale non c’è spiritualità. Quando sono arrabbiato la pressione si alza, fanno male le reni, il fegato si prende la mia energia e faccio male prima di tutto a me stesso. E la verità. Se vivi nella verità non hai paura. La falsità produce depressione e malinconia. Quando usi l’energia per mentire la tua respirazione cambia; cambia il ritmo del tuo cuore perché ci vuole tanta energia per nascondere la verità.
Il dottor Mishra parla molte lingue e questo è un altro segno della gentilezza e del rispetto che riserva a tutti coloro che vogliono incontrarlo. E quando parlo di lingua non intendo soltanto quella della comunicazione verbale, bensì anche quella che sottende a differenti approcci culturali e filosofici. È abituato a incontrare l’enorme varietà dei punti di vista che caratterizza quella miriade di fedi, culti, tradizioni, terreni di ricerca spirituale e scientifica che, talora anche teologicamente distanti tra loro, costituiscono quello che l’Occidente definisce Induismo quasi come fosse una religione, ma l’Induismo è una religione?
La storia del popolo Indù ha avuto inizio più di 5000 anni fa. Il termine Indù significa semplicemente “dell’Indo” ovvero il grande fiume che scorre dall’Himalaya tibetano, attraverso il Kashmir e per tutta la lunghezza dell’odierno Pakistan. Indù o Induista è colui che è nato da una famiglia Hindù così come Italiano è colui che è nato in Italia. Non si può diventare Induisti per il semplice fatto che l’Induismo non esiste. Se volessimo definire con un nome la religione indiana, ammesso che sia possibile definirne una, potrebbe essere chiamata Sanathana Dharma che, nella traduzione, ha un significato molto simile a Legge Eterna o Philosophia Perennis: non una religione rivelata ma una via capace di accompagnare l’uomo nell’eterno ciclo.
Per questo motivo potremmo definire Induista ogni persona che segua il proprio percorso senza ritenerlo superiore a quello degli altri, senza cercare di convertire al proprio credo. Ogni religione nella sua storia è riuscita a dare il peggio di se stessa, così come pure le più divine altezze. È invece la spiritualità ad essere rilevante e in questo cammino la meta è uguale per tutti nel pieno rispetto dell’identità di ognuno. Ogni anima deve nascere come un bambino, diventare giovane, poi vecchia, e poi alla fine di questo percorso il corpo nel quale è contenuta deve essere distrutto per sostituirlo con un altro. Questi sono secondo l’Induismo i passaggi della nostra anima. Così come noi cambiamo i vestiti con facilità perché sono vecchi, rotti, sporchi e siamo contenti di cambiarli, allo stesso modo la nostra anima cambia il nostro corpo come fosse un vestito.
Lo Yoga è davvero universale?
Si tratta certo di una disciplina universale per il semplice fatto che tutto il genere umano ha un corpo e una mente. Certamente ci sono differenze etniche, culturali, antropologiche, di sesso, di lingua, ma non sono di ostacolo alla pratica di questa disciplina. Così, per fare un esempio, la respirazione diaframmatica, addominale che è uno degli obiettivi per raggiungere stabilità ed equilibrio, è più facile per la donna perché il suo corpo è stato creato per partorire e di conseguenza tale tipo di respirazione le è funzionale e naturale. In base al corpo che si ha, o meglio al corpo che si è, si mette l’accento su certi esercizi piuttosto che altri, lo si mantiene flessibile senza forzarlo, senza fargli violenza.
Lo yoga nelle varie forme che si sono diffuse sempre più in tutto il mondo è ancora quello della tradizione più antica? Quanti yoga ci sono oggi? Come riconoscere quello autentico fra le tante proposte anche bizzarre che si incontrano?
Decine di milioni di praticanti, un terreno di dispute anche politiche, un giro d’affari che in Occidente è diventato notevole: anche questo è lo yoga oggi. Ma, qualunque sia la sua evoluzione la parola yoga continua a riverberare l’intensità di una storia millenaria, la forza di un metodo che, in modi anche molto lontani fra loro, agisce profondamente nel modificare le nostre possibilità e modalità di stare nel mondo. Al centro di questa storia, imprescindibile punto di riferimento, riconosciuto da ogni “scuola” c’è l’Astanga yoga [1] ovvero “lo yoga delle otto membra” esposto da Patanjali nel testo degli Yogasutra. L’Astanga Yoga è un cammino di vita, è un sistema di pensiero coordinato a un ordinato programma di esercizi giornalieri. Non si deve dedicare molto tempo a questi esercizi, tuttavia è necessario praticarli con costanza se si desidera avere dei benefici. All’interno dell’Astanga yoga vi sono diversi sentieri come l’Athayoga che lavora soprattutto sul corpo fisico, il Raya yoga o il Bhakti yoga che si specializza nel sentiero della completa devozione.
Il dottor Jamuna Mishra, pur riconoscendo l’unica radice dello yoga nell’antica tradizione della Bagavad Gita ha messo a punto un suo metodo che tiene conto del periodo temporale, dell’area geografica e della cultura, dello stile di vita e dell’alimentazione in stretta simbiosi con i concetti espressi dalla medicina ayurvedica. Che cosa lo caratterizza?
Il cuore di questo metodo sta nella sincronizzazione del respiro con il movimento, nella pratica di una sequenza di posture che sono collegate e concatenate tra loro proprio dal respiro, come in una danza. La dinamicità delle posture che allungano e tonificano ogni fibra muscolare, la particolare respirazione e il controllo fanno sì che durante questa intensa pratica il corpo elimini le tossine: i risultati per chi si esercita con costanza si vedono in un corpo flessibile, tonico, forte, negli organi interni purificati, in un'aumentata consapevolezza corporea e nella mente rilassata, ma sempre attenta e presente. Uno yoga per tutti non finalizzato ad ottenere delle “prestazioni” bensì benessere ed equilibrio. Fondamentali sono l’alimentazione e lo stile di vita poiché se la macchina-organismo funziona bene anche la mente sarà lucida e serena e avrà la possibilità di spaziare in altri campi che non siano quelli prettamente materiali. Il corpo va tenuto in grande considerazione in quanto è strumento di accesso alle sfere più interne: il tuo corpo e la tua mente non sono indipendenti.
La civiltà occidentale che con l’India condivide le radici nel tessuto indoeuropeo ha conservato dei tratti comuni con la cultura indiana?
Nell’Induismo il primo attributo di Dio è ananda, la beatitudine. La ricerca della felicità, l’eudaimonìa è una costante nella filosofia greca classica ed ellenistica e lo stesso accade nella cultura latina. La filosofia cristiana identificava il fine della vita nella felicità, nel sommo Bene che consiste nella contemplazione di Dio e nella riconquista dell’Eden perduto. Le analogie sono dunque profonde ed evidenti. La bellezza, la giustizia, l’amicizia, la verità, la ricerca del senso della vita sono tratti comuni così come il detto socratico “conosci te stesso” riecheggia il precetto yogico dello svadyaia che invita a studiare se stessi e a cercare la verità. La differenza fondamentale consiste nel diverso approccio: mentre la civiltà occidentale si limita ad affrontare le cose da un punto di vista esclusivamente teorico, la civiltà indiana, con lo yoga, affianca all’approccio teorico una realizzazione pratica.
Per secoli in India la trasmissione degli antichi testi sacri è stata legata al sistema delle caste e il dottor Mishra ha preso posizioni importanti in questa direzione. Credo anche che le sue scelte non siano state sempre facili.
La suddivisione in caste della società indiana ha conservato per millenni i segreti della scienza sacra, della conoscenza suprema. Fino a cinquant’anni fa i Veda non erano aperti a tutti. Solo i Brahmini potevano impararli. Così è stato anche per il Tantra Kriya l’insieme di tecniche segrete che i Guru utilizzavano per rimanere senza malattie, per rafforzare il sistema immunitario, per restare giovani. Io l’ho imparato da mio padre e il mio Guru quando venne a sapere che avevo insegnato le tecniche del Tantra Kriya a un vasto pubblico, si arrabbiò molto; mi disse che avrei dovuto insegnarlo solo agli allievi più bravi, più affidabili, ma per me tutti gli allievi sono affidabili. Mi chiese almeno di non scrivere queste conoscenze, ma io ho voluto dare forma scritta e tradurre queste pratiche perché tutti le possano utilizzare.
Mi viene da dire che questa generosità, questa visione aperta e disposta a concedere ha qualcosa in comune con quell’attitudine materna, con quella forza e amorevolezza del femminile che torna spesso negli insegnamenti di Jamuna.
Uno spiritualista nel corso del suo progresso deve dare spazio all’attitudine femminile e materna e quando col passare del tempo svilupperà il suo avanzamento spirituale l’energia dell’amore materno che è energia creatrice come quella che può dare alla luce la vita arriverà al cuore con un sentimento di Madre Universale. In questo modo comincerà a vedere le altre entità viventi come dei figli, così come è naturale per una donna essere materna con i bambini. Un Maestro così formato vivrà l’amore come un senso di protezione e di affetto verso gli altri, interamente proiettato al loro Bene.
Ed è un abbraccio materno quello nel quale si sente avvolta la gente che incontra Guru ji Jamuna durante la sua quotidiana attività di medico e di Maestro. Una giornata che inizia molto presto. Con questa attitudine accogliente si prende cura dei suoi pazienti in un dialogo benevolo e rasserenante. È così piacevole sentirsi accolti dalla levità e dalla quiete serena della sua voce che si vorrebbe fermare il momento per rimanere più a lungo, molto a lungo in quello stato di grazia, anche se, mentre scrivo mi rendo conto che questo è un punto di vista eminentemente occidentale poiché non c’è nulla che duri più dell’istante che stiamo vivendo.
A cura di Save the Words®
[1] cfr. J. Mishra-G. Cimolai, Astanga yoga, L’antica disciplina insegnata da un maestro indiano, Editoriale Programma, Padova 2013