Illustrato da Lorenzo Ceccotti, Ranocchio salva Tokyo è il libro di Murakami uscito a metà novembre per Einaudi. La demarcazione tra reale e surreale è labile, così come il tempo durante il quale si svolge l'incontro tra Katagiri e Ranocchio. Katagiri è un solerte impiegato che si occupa di recupero crediti per una nota azienda finanziaria, che tornando casa dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro trova un Ranocchio gigante che sorseggia del tè nella sua cucina.
Il surrealismo di Murakami si dipana al lettore. La curiosità di Katagiri spezza la nota di diffidenza che si crea inizialmente nei confronti del grande Ranocchio. Ciò che lo stesso Ranocchio racconterà poco dopo è una storia che terrà Katagiri impegnato per molto tempo: un lombrico gigante minaccia la popolazione di Tokyo, l’intenzione è quella di provocare un terremoto dagli effetti devastanti. Le previsioni sono spaventose sia in termini di morti sia in termini di distruzioni. La catastrofe avverrà il 18 febbraio alle otto e trenta del mattino. L’epicentro sarà proprio sotto gli uffici in cui Katagiri lavora. Eppure c’è un modo per fermare tutto questo. Il Ranocchio ha bisogno di Katagiri. Insieme riusciranno a salvare Tokyo?
Sentimenti, ricordi ma anche sensazioni fuggevoli che scivolano trasportati da una fluidità narrativa a tratti picaresca, mai scontata. La lettura è rapida e incalzante già dalle prime pagine e tiene incollato il lettore a pagine illustrate e raccontate: Ranocchio ha bisogno di Katagiri per sconfiggere il Gran Lombrico, Katagiri non ha nulla da perdere ma ha bisogno di capire se Ranocchio è vero oppure è un sogno.
Sogno e realtà. Il surrealismo di Murakami ritorna tra le pagine illustrate da Ceccotti dopo Kafka sulla spiaggia e La strana biblioteca. La tensione dominante che lega la realtà all'elemento assurdo si scioglie (o si infittisce, dipende dai punti di vista) vero la fine del libro senza mai risolversi totalmente. La cultura occidentale. Già in 1Q84 e Kafka sulla spiaggia il lettore era posto di fronte a espliciti riferimenti tratti dalla cultura occidentale come scrittori, musicisti e filosofi ma anche brand e loghi. Qui ritorna questo modus operandi di Murakami che, tuttavia, sembrerebbe donare veridicità alla scena narrativa e ai pensieri di Katagiri, il protagonista.
Il "palcoscenico" di questa narrazione surreale è una Tōkyō che ha poco a che fare con il Giappone. Leggiamo Tōkyō ma potrebbe essere una qualsiasi città europea: "la rarefazione del contesto e la valorizzazione del singolo segno, commerciale o culturale, sottopongono infatti la realtà a quella distorsione programmata – unrealism – che caratterizza e da cui ha origine la modalità narrativa adottata da Murakami" [Niccolò Scaffai].
Avvicinandoci a quest'opera con sguardo dialettico e analisi profonda potremmo andare al di là della tanto decantata fiaba surreale (così battezzata dalla critica negli ultimi due mesi) e vedere un fil rouge che crea possibili relazioni, non senza uno scopo, tra la narrativa "passata" di Murakami e quella attuale mantenendo una singolarità degli elementi presi in analisi e sviluppando una molteplicità delle relazioni tra gli stessi.