La linea appenninica mette in luce l’entroterra, culminando con le cime dei Sibillini; qua e là agglomerati di fitta vegetazione con parchi e talora riserve che riproducono le condizioni perfette per una fauna ricca e diversificata; come in linea parallela, lingue fluviali che incrinano le colline precipitando verso il mare; e una costa, ora morbida ora frastagliata che fronteggia l’Adriatico con una moltitudine di lidi e porti da Porto d’Ascoli a Gabicce Mare.
Questa è la regione delle Marche, la stessa di Recanati e del Leopardi che anche osservando e vivendo la natura di questi luoghi ha fatto grande la lingua italiana, dalle Grotte di Frasassi che nascoste nel sottosuolo si fanno scoprire ogni giorno da centinaia di visitatori ai dipinti di Lorenzo Lotto, dai borghi cinquecenteschi e della Vernaccia di Serrapetrona che pure Dante citò nella Divina Commedia, alle fisarmoniche di Castelfidardo, ai vimini di Mogliano e ai ramai di Force, e di tutte quelle realtà artigianali che rendono speciali queste terre.
Queste e altre mille sono le ragioni di curiosità e interesse che spingono a valicare i confini di un turismo classico per entrare nella cornice quieta, ricca e raffinata, di un turismo itinerante che nelle nuove esigenze ha un ritorno all’antico e alla tradizione, un camminare lento e costante nei luoghi e tra le persone. La struttura geografica e quindi le favorevoli condizioni climatiche, la storia e l’indole della gente, la varietà del paesaggio, l’integrità dei tesori artistico-archeologici riescono nel donare a questa regione dell’Italia centrale una naturale predisposizione. Innumerevoli le zone interessate che offrono particolarità e specialità di ottima qualità e varia tipologia. Qui, più che altrove, i segni del passato non sono tracce o residui: sono interi paesi o borghi di grandi città che raccontano visibilmente un passato florido e vivace che del ‘500 ha le caratteristiche più marcate. A ciò indissolubilmente è ancorata la natura agreste e la naturale predisposizione alla terra della gente che le abita.
Basta scorrere l’elenco di sagre e feste paesane che da Ascoli a Urbino danno vita e movimento al “tranquillo andare” della vita di provincia: dalla sagra della castagna a quella della polenta, dalla fiera delle fave e del formaggio, del vincisgrasso, tipica pasta al forno marchigiana simile alla lasagna, a quella della lumaca, dell’uva, della panzanella, della quaglia e della sardella, della porchetta e dello stoccafisso, delle cozze e delle trote, della rana e della faraona.
L’elenco sarebbe lunghissimo, esteso a macchia d'olio e in quasi tutti i periodi dell'anno con una “punta dell’iceberg” naturale nel mese di agosto; tuttavia, qualora non bastasse, ad arricchire questo vaso delle meraviglie ci sono le manifestazioni religioso-folcloristiche che scandiscono alcuni periodi dell’anno e che spesso coincidono con i ritmi naturali della vita nei campi: la tradizione, la storia e la leggenda che, riunite insieme, confluiscono da sempre nella simbiosi uomo-natura.
Particolarmente conosciuta, tanto da essere sempre citata, è una tipica festa tradizionale che si svolge in agosto nel comune di Mondavio, in ricordo dei festeggiamenti per il Signore della Rovere che giunse nelle Marche nel 1474. Ogni cosa è fedele riproduzione cinquecentesca, sicuramente per fini turistici, ma anche perché le persone del luogo ci tengono veramente: gli addobbi delle vie e delle piazzette del borgo, le posaterie e le ceramiche del ricco banchetto che ripropone cibi, gusti e sapori antichi, mostrando un lungimirante rispetto per le tradizioni e soprattutto il gusto del genuino nella puntuale continuità di certi indiscutibili valori, quali l’ospitalità e il rispetto della natura.
Lo stile storico-gastronomico rende invece particolare la festa del pozzo e della polenta che si svolge nel mese di luglio a Corinaldo: l’occasione più saporita e allettante per fare un tuffo in un mare morbido e croccante di farina di mais, ingrediente principale di prelibatezze dall’antipasto al dolce, in una stupefacente armonia di forme e profumi. I marchigiani vanno fieri di questa ricchezza e la produzione viticola di ottima qualità si aggiunge alla lista delle eccellenze che abbiamo fino ad ora elencato. Il comune di Offida si fregia della denominazione più prestigiosa con il Rosso Piceno Superiore e il Falerio dei Colli Ascolani; ma tra “bianchi” e “rossi” l’elenco si fa molto lungo e basta citare il Bianco dei Colli Maceratesi; e ancora il Sangiovese, la Lacrima di Morro e la notissima Vernaccia, senza nulla togliere ad altri nomi e produzioni meno conosciute che accompagnano l’ottima produzione ittica e i migliori allevamenti di bestiame sulle tavole di ristoranti e trattorie. Non è facile suggerire un itinerario gastronomico, se ne possono creare innumerevoli, ma la scelta ci porterebbe a dimenticare numerose specialità marchigiane meno note, al di là di quelle famose a un pubblico internazionale. Preferiamo piuttosto dire di alcune golosità che arricchiscono e rendono speciale il patrimonio della regione e ne sono “fiore all’occhiello”.
Il nodo che lega e che caratterizza la cucina marchigiana è sicuramente la lavorazione artigianale, il gusto del “casareccio” più puro e raffinato, e le fattorie che aprono le loro porte ai turisti ne sono la più schietta conferma: qualche volta la rudezza dei modi contadini si trasforma raggiungendo un livello e una perfezione impensabili. Il salame di Fabriano si distingue negli ingredienti speciali, dall’acqua al sale, al pepe, la quantità e la forma dei dadini di grasso, il tipo di budello per l’insaccatura e l’alimentazione dei maialini: nulla era lasciato al caso nel passato e nulla è lasciato al caso ora nella preparazione di questo capolavoro di semplicità.
Tipico di tutta la regione è poi il “brodetto”, che ha, nella provincia di Ancona, delle piccole, gustose varianti rispetto al più classico cucinato altrove: parliamo di una squisita zuppa con ben 13 varietà di pesce, cotta a fuoco lento in un intingolo a base di pomodoro, pepe, sale, carota, sedano e cipolla, che si mangia accompagnata da tozzetti di pane bruscato. I “potacchì”, invece, sono zuppe di carne o stoccafisso insaporite con prezzemolo, vino e acciughe; poi gli gnocchi di patate ripieni e la trippa sono alcuni, ottimi suggerimenti gastronomici, che ci portano a parlare delle famosissime olive ascolane, orgoglio di Ascoli Piceno, presenti tra gli antipasti di tutt'Italia, ma che spesso ho trovato sia a Londra che a Barcellona.