Questo breve articolo riguardante la figura, forse ancora poco conosciuta, del pittore Tancredi Parmeggiani (Feltre, 1927 – Roma, 1964) l’ho voluto scrivere in seguito, a distanza di un anno, al mio tirocinio universitario presso la Peggy Guggenheim Collection di Venezia che ha dedicato nuovamente all’artista veneto una personale dopo ben 60 anni.
La retrospettiva, intitolata La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba, svoltasi dal 12 novembre 2016 al 13 marzo 2017, è stata curata da Luca Massimo Barbero (ex direttore del MACRO di Roma e curatore della Collezione) e si tratta in assoluto della seconda esposizione italiana dedicata all’arte di Tancredi dopo quella tenutasi a Feltre (la città natale dell’artista) del 2011.
La mostra ha approfondito il rapporto dell’artista con la città di Venezia e naturalmente anche con la figura di Peggy Guggenheim, la sua principale mecenate. Tancredi Parmeggiani, è stato l’unico artista dopo Jackson Pollock con il quale la donna americana stipulò un vero e proprio contratto di lavoro offrendogli un atelier proprio al piano inferiore di palazzo Venier dei Leoni, dove Peggy risiedeva e ospitava la propria collezione. La retrospettiva è stata un’occasione preziosa, e forse unica, per ammirare così tante opere di Tancredi riunite in un solo spazio espositivo poiché esse sono conservate prevalentemente da musei a stelle e strisce come il MoMA o il Brooklyn Museum di New York.
La mostra ha avuto indubbiamente il merito di liberare la figura di Tancredi dalla sua leggenda, ovvero quella di “Peintre Maudit” (pittore maledetto) per far emergere il lato nascosto dell’artista, ossia quello di un giovane creativo colto, sensibile e profondo che ammirava e guardava ai maestri del passato per la sua personale ricerca pittorica. Un uomo che ha trovato nell’intimità della città sulla laguna l’ambiente perfetto per sviluppare la propria maturità pittorica caratterizzata da originali elementi basati sullo studio di spazio, segno e punto.
Tancredi fu un artista che concentrò la sua produzione artistica tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60, più precisamente dal 1949 al 1962, anno della sua tragica e prematura morte. Di fondamentale importanza, al fine di illustrare e comprendere appieno la creatività di Tancredi, è l’analisi delle sue fasi evolutive che si svilupparono dallo spazialismo informale fino al collage. Egli fu un artista dinamico e in continuo aggiornamento, nello stile e negli interessi personali.
Inizi
Tancredi Parmeggiani nasce a Feltre il 25 settembre del 1927. Poco dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Bologna dove rimarrà fino ai 13 anni insieme ai fratelli minori Romano e Silvia. Risale al 1939 il suo primo contatto con l’arte presso una scuola di disegno dal vero ove realizza i primi ritratti. A seguito della prematura morte del padre, avvenuta nel 1935, e della malattia della madre, Tancredi ritorna a Feltre con il resto della famiglia e successivamente inizia a frequentare il liceo classico presso i Salesiani di Belluno.
Una nuova passione a Venezia
Una data importante da ricordare è il 1944, anno in cui Tancredi si trasferisce a Venezia abbandonando gli studi classici per iniziare il liceo artistico. In questo nuovo ambiente conosce il pittore informale veneziano Emilio Vedova, i due diventeranno grandi amici. Oltre alla pittura Tancredi coltiva anche la passione per il viaggio e nel 1947 raggiunge a piedi Lione, vendendo schizzi e disegni per pagarsi vitto e alloggio.
Nel 1948 Tancredi partecipa a una piccola mostra collettiva all’Istituto Professionale di Feltre e lo stesso anno visita la XXIV Biennale di Venezia scoprendo le novità surrealiste (Dalì-Tanguy-Picabia), cubiste (Picasso-Braque), astratte (Kandinskij e Mondrian) e le nuovissime forme dell’espressionismo astratto (Pollock-Rothko) della collezione di Peggy Guggenheim presso il padiglione della Grecia.
I primi lavori di Tancredi sono costituiti principalmente da ritratti e autoritratti realizzati con matita e penna. I suoi soggetti preferiti erano le persone a lui più vicine come familiari e amici. Osservando questi lavori giovanili si riconosce un Tancredi ventenne già abile nella padronanza del disegno e al pari di Picasso sembra non staccare mai la penna dal foglio.
Una serie di sperimentali ritratti e autoritratti neocubisti con i volti delle figure che sembrano delle maschere primitive africane sono molto probabilmente ispirati ai lavori di Pablo Picasso della Biennale del ‘48. Tancredi sperimentò quindi la scomposizione cubista del volto con grande attenzione ai dettagli cromatici. I volumi anatomici vengono intrappolati in grandi contorni colorati che ne esaltano l’effetto plastico. Tali suggestioni rimandano al Cloisonnisme, ossia alla divisione in compartimenti. Si tratta di una tecnica pittorica che racchiude i colori entro il limite netto di un contorno. Maestro indiscusso di tale procedura raffigurativa fu Paul Gauguin come si può chiaramente notare osservando il celebre Cristo Giallo datato 1889.
Dipingere
Nel 1949 tiene la sua prima personale presso la Galleria Sandri di Venezia. L’anno successivo incontra a Roma l’amico e critico americano Milton Gendel che iniziò a supportarlo e sponsorizzarlo.
“I suoi paesaggi, simili a ingarbugliate matasse, sono unici, nessuno ha mai dipinto così in Italia” - (Milton Gendel)
Nel 1951, a seguito della mostra Arte astratta e concreta in Italia, presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, Tancredi fa ritorno a Venezia ed è proprio in laguna che avviene il suo primo incontro con Peggy Guggenheim. La collezionista decide di assoldare il giovane pittore ancora semi sconosciuto offrendogli uno stipendio e uno studio personale nel piano inferiore di palazzo Venier dei Leoni. In questo periodo Tancredi entra per la prima volta in contatto diretto con artisti fondamentali per la sua evoluzione artistica quali Pollock e gli spazialisti milanesi come Lucio Fontana. Sono due gli artisti principali che hanno influenzato l’arte di Tancredi: Jackson Pollock e Piet Mondrian. Il primo per quanto riguarda la tecnica del “dripping” e il secondo per le esplorazioni spaziali sulla tela, terminate con gli inconfondibili dipinti caratterizzati da linee verticali e orizzontali e l’utilizzo di colori primari.
Primavera 1951, conservato al MoMA di NewYork: Il dipinto fu dedicato alla sua mecenate Peggy che lo definì come: “Caratterizzato da puntini e piccole pennellate quasi incontrollate che creano un paesaggio che rimanda a un campo fiorito”. La tecnica utilizza puntini che si trasformano in trattini, linee e virgole creando una nebulosa colorata che rimanda ad una fioritura primaverile. Mentre Mondrian usava il quadrato per la misurazione dello spazio, Tancredi prediligeva l’utilizzo del punto.
Avventura internazionale
Nel 1952 Tancredi firma il Manifesto del Movimento Spaziale fondato a Milano nel 1947 da Lucio Fontana e nello stesso anno vince il Premio Graziani per la pittura. L’anno successivo fu un periodo fondamentale per l’artista poiché, attraverso le grandi donazioni delle sue opere da parte di Peggy ai musei americani, negli Stati Uniti iniziò la scoperta dell’artista e il successivo collezionismo d’oltreoceano. Nel 1954 la Biennale si rifiuta di esporre capolavori come:
Senza titolo (Aspirazione a New York), 1952, Galleria Mazzoleni di Londra-Torino. Probabilmente il titolo allude all’acquisizione di Primavera da parte del MoMA di New York e dal fatto che molte delle sue opere sono state esposte negli Stati Uniti grazie a Peggy. Qui i punti sembrano essere più compatti e ordinati tanto da rimandare a un’influenza puntinista. Questa tecnica permette a Tancredi di creare figure più solide come i grattacieli della Grande Mela che si intravedono oltre questi giochi cromatici.
Ricordo di Raoul, 1953, Museo del 900 di Milano: questo dipinto è dedicato al pittore di origine greca Raoul Schulz che influenzò Tancredi. L’opera rimanda all’Arte Informale che era caratterizzata da questa applicazione manuale diretta del colore. Infatti si nota chiaramente l’inconfondibile traccia della mano umana che applica il colore. Inoltre Tancredi utilizza un sistema di simboli e scritte: la R rimanda sia al nome Raoul che alla parola Ricordo.
Nel corso del 1955 Tancredi realizza una serie di dipinti astratti caratterizzati dalla massiccia presenza del colore bianco. Essi, attraverso le trasparenze e la profondità dei livelli, rimandano alle atmosfere ovattate e silenziose tipiche degli inverni veneziani. Nello stesso anno Tancredi passa ai toni scuri e la sua pittura diventa più tormentata passando dal bianco al nero trasmettendoci sensazioni di inquietudine e tristezza: sarà questo l’inizio delle crisi psicologiche che lo accompagneranno fino al termine della sua giovane esistenza.
L’Europa e il mondo
Nel 1958 Tancredi sposa l’artista norvegese Tove Dietrichson. L’anno successivo la Galleria del Cavallino di Venezia gli dedica una serata dove presenta A proposito di Venezia (1958), opera in omaggio e di congedo dalla città. La prima tappa è Milano dove collabora con la Galleria dell’Ariete diretta da Beatrice Monti. Passa poi l’estate tra la Norvegia e la Svezia rimanendo profondamente colpito dalle opere di Edvard Munch. Successivamente si trasferisce a Parigi entrando in contatto con artisti del calibro di Aldo Mondino e Giacometti. In questo periodo dipinge i noti paesaggi scandinavi attraverso una resa coloristico-atmosferica puramente astratta. Nel 1959 nasce la sua prima figlia Elisabet.
Ultimo periodo
All’inizio degli anni ‘60 Tancredi entra in un profondo tunnel di depressione che altera la sua psiche e la sua arte. Risalgono a questa fase:
Diari paesani, 1962: Tancredi voleva riprodurre quell’atmosfera del passato tipicamente italiana, in particolare quella veneto-lombarda. La grande novità è l’utilizzo della tecnica dadaista del collage (giornali, foto, disegni) e le grandi superfici cromatiche.
Serie dei Fiori dipinti da me e da altri 101%: un altro esempio della produzione inedita di Tancredi. Si tratta di un’esagerazione del tema della primavera arricchita anche da una massiccia presenza di collage a tema floreale.
“Era entusiasta e sosteneva che in questi lavori ci fosse dentro Rothko, Rauschenberg e tutta la tradizione cinese, persiana, greca, egiziana, italiana e francese”.
Trittico Hiroshima, 1962: per la prima volta Tancredi esprime nella sua arte la contestazione agli orrori causati dalla bomba atomica. Sono gli anni in cui si diffonde la reale paura di una catastrofe nucleare. Nel 1963 Tancredi viene ricoverato a Monza per due mesi a causa delle continue ricadute psicologiche. Nello stesso anno nasce il figlio Alessandro.
La morte
Difficoltà e solitudine, sono queste le emozioni che emergono dalla lettura di alcuni dei sui diari personali. Dopo ulteriori ricoveri in ospedale Tancredi partecipa alla Biennale del 1964 ma ormai la depressione lo ha completamente logorato. Lo stesso anno durante i viaggi a nord, in Norvegia, riscopre l’interesse verso la natura e riprende a disegnare. Si toglie la vita a Roma alla fine del settembre 1964 all’età di 37 anni.
Io non so scrivere, forse riuscirò a dipingere quello che sento.
(Tancredi)