Utopia. “Quanto costituisce l'oggetto di un'aspirazione ideale non suscettibile di realizzazione pratica”.
Distopia. “Una immaginaria società o comunità altamente indesiderabile o spaventosa”.
Se davvero siamo imbrigliati in una dicotomia senza scampo, tra una condizione presente (e prevedibilmente futura) che ci spaventa, e l’impossibilità di immaginare una realistica via d’uscita, non ci resta altro che rifugiarci nella fantasia, nel mondo dell’immaginario. Provare a ‘rovesciare il mondo’ - a rovesciarne la prospettiva - è in fondo esattamente il compito dell’immaginazione, della letteratura fantastica. ‘Fantasticare’ è già, in nuce, una forma di ‘sovversione’ del presente stato di cose.
Allora perché non assumerlo direttamente, e consapevolmente, come atteggiamento ‘alternativo’ a un approccio razionale? Come Alice, avventuriamoci in una personale ‘wonderland’, un mondo sottosopra che rappresenti la nostra via di fuga.
Vogliamo un governo che ponga al centro del suo programma due provvedimenti, e che su essi concentri tutte le energie e le risorse - economiche, sociali e culturali - disponibili. Vogliamo una flat beauty, il riconoscimento legislativo di un diritto, uguale per tutti, alla bellezza. Che significhi innanzi tutto possibilità di ‘accedervi’ indiscriminatamente, quando e come si voglia. La bellezza artistica, culturale e paesaggistica, di cui i padri costituenti si preoccuparono nell’art. 9 della Carta, deve essere di tutti, e accessibile a tutti, senza restrizioni né limiti. Se è patrimonio comune, ciascuno deve poterne effettivamente godere.
Ciò implica che a ciascuno siano forniti gli strumenti perché questo ‘godimento’ sia effettivo. E che a ciascuno sia chiesto di contribuirne alla cura, nella misura in cui ciò non diventi ostacolo alla sua possibilità di fruirne. “A ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue possibilità”.
Che nelle scuole, sin dal primo grado, si educhi a riconoscere la bellezza. Che si insegni a comprenderla e ad amarla. A sentirla parte del proprio orizzonte di vita. Che nelle scuole di grado superiore venga destinato un monte ore alla visita dei beni culturali, artistici e paesaggistici, mentre nelle università venga attivata la ricerca sugli stessi - in base all’orientamento delle singole facoltà - sotto il profilo storico e artistico, ovvero per quanto riguarda la conservazione. Che in ogni posto di lavoro sia prevista la fruizione periodica dei beni culturali del territorio. Che il trattamento pensionistico, d’ogni genere, contempli ogni agevolazione necessaria a che il destinatario possa fruirne senza difficoltà. Che la tassazione su ogni genere di bene o servizio culturale sia azzerata.
Vogliamo un reddito culturale universale, che sancisca per via legislativa l’erogazione - vita natural durante, e a ciascuno in modo proporzionale al reddito - di un contributo economico diretto, tale da consentire a tutti di poter accedere all’arte e alla cultura (letteratura, musica, teatro, cinema, arte...) secondo la propria personale sensibilità. Vogliamo che l’intera società sia ‘ri-orientata’ verso un economia basata sui beni culturali (conservazione-produzione-fruizione), che ne metta al centro la conoscenza e non soltanto la mera ‘visione’. Vogliamo che la bellezza non sia più un privilegio - economico e/o cognitivo - di pochi. Vogliamo che permei la vita di ciascuno. Vogliamo che...
Uscire dal presente distopico. Questo vogliamo, e di questo abbiamo realmente bisogno. E per renderlo possibile ci occorre un orizzonte utopico, una meta ‘irraggiungibile’ verso cui comunque tendere. Per smettere di trattare come una discarica questo paese delle meraviglie in cui viviamo, per tornare ad amarlo - non astrattamente, e non come troppi uomini amano le donne. Per ‘goderne’, non per possederlo. Per prendersene cura, non per sfruttarne le bellezze. Per farne la nostra casa, da aprire agli ospiti e agli amici, e non un gigantesco bed&breakfast per turisti voraci e superficiali.
Perché i beni culturali tornino ad essere l’oro e non il petrolio, dell’Italia. Qualcosa di prezioso, da mantenere nel tempo nel proprio splendore, non qualcosa da consumare. Qualcosa che ha valore ‘in sé’, non per la quantità di denaro che se ne può estrarre.
Rimettere al centro la bellezza. Può sembrare un utopia, se non addirittura un idea semplicistica e superficiale. Ma non lo è. Affatto.