La percezione del gusto, al giorno d’oggi, è conformata su sapori omogenei, sempre uguali a tal punto da diventare monotoni, diventando “standardizzata” proprio come gli stessi prodotti sopra citati, proposti da multinazionali e industrie alimentari. Compagnie che troppo spesso non hanno alcun interesse a educare il palato dei consumatori, producendo anzi sempre più referenze ricche in zuccheri semplici e grassi, nemici storici della salute, nonché in additivi che vanno a influire positivamente non solo sui tempi di conservazione ma anche sulla texture del prodotto, da prodotti da forno e merendine, a salse, sughi pronti e chi più ne ha più ne metta.

Il cuoco professionista ha l’onore di svolgere un mestiere e vivere un ambiente che “dovrebbe” essere diverso, portandolo per sua natura a ricercare sempre la migliore qualità e prodotti da riscoprire, che siano genuini e possibilmente anche etici. Ma anche la ristorazione in tempi moderni risente della standardizzazione, e nel nome della velocizzazione dei pasti nascono come funghi (in Italia ma ancor più all’estero) catene che propongono prodotti surgelati, rigenerati, aromatizzati, non certo prodotti dalla “filiera manuale” che caratterizzava in passato le cucine di tutto il mondo. Certo, ne esistono ancora, ma oggi è molto più probabile che un giovane alla ricerca di impiego in questo settore riceva proposte da imprenditori che non li chiamano a imparare a cucinare, quanto ad apprendere l’utilizzo di macchinari che semplificano la cucina stessa, in alcuni casi quasi annullandola, trattandosi per i cuochi di mero assemblaggio di prodotti preconfezionati e rigenerati in forni, microonde e friggitrici.

Per quanto mi riguarda, proprio con la consapevolezza di non voler giungere a compromessi commerciali con la mia arte, ho scelto di non possedere ristoranti (benché sia consulente per tanti esercizi, siano essi bar, bistrot, hotel o resort). Un fattore che oggi, dopo oltre trent’anni di lavoro in questo settore, mi porta ad essere ancora uno chef appassionato e un po’ bambino, che procede come in un sogno nei momenti in cui pensa a una nuova pietanza, chiudendo gli occhi e assaporando gli accostamenti che vuole realizzare, con l’ausilio del suo archivio del gusto.

È quella che chiamo “biblioteca dei sapori”, cui attingo a piene mani ogni volta che sono chiamato a creare un nuovo piatto. È come dire che mangio ciò che cucino idealmente, prima che diventi realtà. È un retaggio che fa parte della mia persona ma che è stato rafforzato dai tanti anni passati in televisione a ideare ricette una dietro l’altra, senza avere spesso il tempo necessario per sperimentarle. I sapori nella mia mente sono come delle note da posizionare su uno spartito come fossi un compositore, perché la nascita di un nuovo piatto in fondo è come un’opera che ogni chef interpreta a proprio modo, secondo lo stile che gli è più congeniale.

Mi piace pensare, perciò, che quando cucino è un po’ come se seguissi le intonazioni dei sapori, gli accenti più o meno forti dei prodotti, i toni degli ingredienti: è bello ascoltare il loro suono, sentire cosa hanno da dire quando sono armonicamente accordati, anche quando la melodia mi viene proposta da altri chef. Ormai un po’ rari da trovare, ma per fortuna ancora ci sono, spesso nascosti tra i mobili d’epoca di un’antica trattoria a preparare pasta fatta in casa come faceva la nonna, piuttosto che marchiati con stelle dal successo emozionale non sempre così certo.

Il consiglio per costruire la vostra biblioteca personale è forse banale: assaggiate. Viaggiando, partecipando a degustazioni di cibi e bevande, acquistando quel formaggio un po’ più caro ma prodotto con amore da un pastore di sani principi, leggendo e informandovi su ciò che mangiate. E non date troppo conto all’incessante moda delle recensioni: ciò che appare a volte non è.

La ricetta di Fabio Campoli

Crema di pane ai porcini e scampi

Ingredienti per 4 persone
Per la crema di pane:
Pane casereccio raffermo, 200 g
Acqua, 500 ml
Sedano, 30 g
Peperoncino fresco, n. 1
Aglio, 1 spicchio piccolo
Prezzemolo, 2 ciuffi
Olio extravergine d’oliva delicato, 2 cucchiai

Per completare
Funghi porcini, 400 g
Aglio, 1 spicchio piccolo
Scampi (puliti), n. 12
Amaro alle erbe, 2 cucchiai
Timo, 2 rametti
Sale, q.b.
Olio extravergine d’oliva delicato, 3 cucchiai

Procedimento
Per la crema di pane:
Tagliare il pane raffermo a cubetti, avendo cura di rimuovere prima la crosta esterna. Nel frattempo, in un pentolino ottenere un fondo unendo il sedano tagliato a brunoise con lo spicchio d’aglio intero schiacciato e l’olio. Far cuocere il tutto a fuoco dolce utilizzando un coperchio. Una volta pronto, spostare il fondo dal fuoco, rimuovete lo spicchio d’aglio e irrorate l’olio caldo sui cubetti di pane raffermo, mescolando bene affinché assorbano il condimento in modo omogeneo. A questo punto, trasferire il pane in una padella e farlo tostare bene sul fuoco, finché non sarà abbrustolito (il grado di rosolatura del pane conferirà sapori fondamentali alla crema, a seconda dei gusti). Infine, unire circa 500 ml di acqua al pane e lasciar cuocere lentamente per almeno 15 minuti. A fine cottura, frullare il tutto a immersione unendo il prezzemolo e il peperoncino tritati, fino ad ottenere una crema ben raffinata.

Poco prima di servire, spazzolare, sciacquare velocemente, asciugare e tagliare a cubetti i porcini. Riporli in una ciotola e condirli prima con il sale, mescolando bene per farlo disciogliere, poi con l’olio. Far scaldare una padella antiaderente e cuocervi i funghi porcini a fiamma viva, aggiungendo uno spicchio d’aglio schiacciato in cottura. Per terminare, spennellare l’amaro alle erbe sulla polpa degli scampi, poi condirli con un pizzico di sale e cuocerli rapidamente sulla piastra senza aggiunta di grassi. Servire la crema di pane calda accompagnata dagli scampi e dai funghi saltati, profumando il piatto con del timo tritato al momento.