C'è un rimedio per lenire i dolori dell'anima? Cosa può rassicurare dai terrori senza nome della notte? Quale storia può consolare da tristezze ineffabili? Può la vita camminare con la morte? Quale sogno può metabolizzare l'atrocità di una separazione segnata da un non ritorno?
Cinguettio di uccelli, corpi caldi e morbidi di coniglietti ammiccanti, gattoni gonfi di pelo setoso, libellule volteggianti, aironi sontuosi, ranocchi adagiati su ninfee galleggianti, bacche rosse invitanti, ceste ricolme di purpuree mele selvatiche, sua maestà il gallo, il languido bassotto, fringuelli becchettanti, merli filosofi, gazze ghiandaie, averle, colombi che banchettano su siepi straripanti di frutti, verze croccanti, melograni seducenti, gigantesche zucche succose, il riccio che gioca col tordo, e poi il saggio gufo, ma anche gli occhi sbarrati della civetta appollaiata su un tronco e Ambarabà ciccì coccò: è il tripudio della natura.
Tutto questo fermento vive in un paesaggio da fiaba, dove coabitano dolci colline, si intrecciano archi di rami, troneggiano eleganti vasi di ceramica faentina, si stagliano rigorosi steccati di legno, ma c'è anche una madre in estasi col suo bambino, un padre col figlioletto in braccio, persone che passeggiano e una coltre di tiepida neve che riscalda i cuori e le menti: questa è la scenografia stupefacente dove vivono i personaggi che ricamano il mondo di Enzo Bellini, il pittore della gioia. Ogni quadro racconta una storia, è un racconto di pace, di armonia e la dimensione umana è intrinsecamente parte del regno della natura. Tutto scorre in sintonia e la sensazione che traspare è quella di uno stato di beatitudine dove il male non può intaccare il flusso fisiologico della vita che pare scorrere con naturalezza pacata e senza intoppi, che rimanda al vivere senza tempo e senza pena dei nostri progenitori quando abitavano nel paradiso terrestre.
Bellini pare aver creato questo mondo fiabesco dove trovano realizzazione, non solo i ricordi, ma anche le fantasie infantili di benessere e felicità; mondo rifugio, mondo intoccabile dai dolori della vita, mondo senza macchia, forse il mondo a cui l'artista ha sempre anelato, condizione indispensabile per poter far vivere senza paura il suo “fanciullino” interiore, l'unico mondo possibile per sopravvivere e tollerare la bruttezza e la violenza della realtà.
Ricorda le fiabe nordiche incastonate nel paesaggio nostrano, tanto da formare un tutt'uno in un impasto felice dove il collante è il sentimento, quello dei racconti e delle riminiscenze dei suoni e dei colori della vita rurale di quando era bambino dove la natura è una madre buona, nutritiva e accogliente: i panieri colmi di frutta o di uova, l'abbondanza nonostante la neve, la naturale felicità del vivere. Bellini è il regista del sogno che rappresenta nella sua opera e, come succede, in tutti i sogni, i personaggi che li abitano rappresentano aspetti del sognatore, anche qui l'arista è intrinsecamente parte della sua storia per immagini.
È storia individuale, ma è anche storia universale, l'impasto tra la memoria dei ricordi e delle visioni infantili e le immagini impresse nello sguardo incantato delle fiabe , le ritroviamo in noi come parte della nostra storia personale, infatti immergendoci nei suoi quadri, riviviamo stupiti il periodo mitico dell'infanzia dove tutto sembrava possibile e dove l'illusione della felicità sembrava più vera della cruda realtà.
I suoi quadri cantano la bellezza della vita dove tutto avviene perchè ha un senso, non c'è conflitto tra i personaggi, ma gli umani, gli animali, i vegetali sono in relazione funzionale e armonica tra di loro, gli uccelli sono lì per beccare e i frutti sono lì per essere mangiati. E anche le apparenti antitesi, come i girasoli e la neve, condividono una convivenza piacevole, naturale, senza stridore e senza usurpazione; ogni essere ha il suo spazio e la sua dignità di esistere.
Lo sguardo di Bellini ha forgiato un mondo benevolo, il suo pennello e le sue chine hanno costruito un riparo protettivo, quasi un nido rassicurante che accoglie e riscalda, rendendo la neve una soffice coperta candida che avvolge e ripara con una funzione da “cova”, germinatrice di nuovi frutti che darà alla luce in primavera.
La produzione artistica di Bellini è un inno alla vita, non c'è cesura o sopraffazione all'interno dei suoi racconti in immagini, né tra sfondo e figura, né tra sé e i suoi lavori, il tutto si anima in un'armonia di forme e colori che fanno bene al cuore. I suoi lavori immergono in un'atmosfera fisico-emotiva che accarezza l'anima e ristora e rinfresca la mente da pensieri brucianti. Adagiarsi nelle onde delle sue pacificanti pennellate è un po’ come tornare nel tepore avvolgente e cullante della nostra abitazione primaria, è rivivere la beatitudine di un paradiso terrestre abbandonato, ma sempre intimamente ricercato e ricordato dalla memoria del corpo in tutta la sua rassicurante serenità.