E' di questa mostra il pregio di mettere per immagini la nascita, nella Storia dell'Arte, del Rinascimento, un fenomeno di accumulazione di creatività. Bellezza e perfezione che lasciano sbalorditi e increduli. In uno spirito collaborativo che non è nuovo alle istituzioni museali fiorentine, i curatori Beatrice Paolozzi Strozzi e Marc Bormand hanno realizzato una mostra che sarà poi esposta al Louvre. Tuttavia non spiccherà il volo prima della metà di agosto, abbastanza tempo per vederla più di una volta. I 140 capolavori in mostra lanciano una prima inconfutabile verità, che i portatori del nuovo sono stati gli scultori: la perfezione stilistica raggiunta da un Donatello, un Ghiberti, un Brunelleschi, un Luca della Robbia, un Agostino di Duccio, un Michelozzo ha poi contaminato pittura e architettura, fino a produrre la capacità di far vivere lo spazio alle figure di Masaccio e Paolo Uccello e il mirabolante tecnicismo del Brunelleschi, come testimonia, in Mostra, il modellino in legno della sua Cupola, e ancor più l'originale, a portata di vista appena si esce da Palazzo Strozzi, sede della Mostra.
Dieci le sale tematiche. La loro successione ci dice di una mostra assai pensata, e come tale, da visitare preferibilmente sapendone in anticipo il filo conduttore. Si inizia con L'eredità dei padri, una suggestiva panoramica sulla riscoperta dell’Antico, attraverso esempi illustri fra Due e Trecento, Nicola e Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio, Giotto, Tino di Camaino e dei loro successori. A seguire _Firenze 1401. L’alba del Rinascimento. Vediamo contrapposte le due formelle con il sacrificio di Isacco, per mano di Ghiberti e Brunelleschi, scolpite per la seconda Porta del Battistero, bellissime e così diverse da rendere difficile la proclamazione di un vincitore. E' l'anno del concorso, il 1401, inizio di secolo, ad aprire l’“età nuova”.
I successi politici della Repubblica fiorentina, la sua potenza economica e la pace sociale del tempo diffondono attraverso gli scritti di grandi umanisti il mito di Firenze come erede della Repubblica romana e come modello per gli altri stati italiani. La scultura pubblica monumentale, con i capolavori di Donatello, Ghiberti, Nanni di Banco, realizzati per i grandi cantieri della città – la Cattedrale, il Campanile, Orsanmichele – è la prima e più alta testimonianza della creazione di un nuovo stile e dell’esaltazione di Firenze e della sua civiltà. (Sezione 3: La romanitas civile e cristiana). Donatello, dominatore incontrastato nel rifarsi alla scultura classica, assimilando e trasformando in un nuovo linguaggio temi dell'antichità classica, ha indotto i curatori a richiamarla in due sezioni: “Spiritelli” fra sacro e profano; e La rinascita dei condottieri. Si chiama Pittura scolpita la sezione 6, che narra della profonda influenza della scultura, in particolare la statuaria, sulla pittura dei massimi artisti del tempo come Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi. Nella settima sezione, La storia in prospettiva, la novità nella rappresentazione dello spazio, che avrà il suo culmine nelle teorie di Brunelleschi e Alberti, viene mostrata nella sua graduale messa a punto in scultura, attraverso San Giorgio e il drago di Donatello e San Girolamo di Desiderio da Settignano. La sezione seguente, La diffusione della bellezza, racconta che dal secondo decennio del Quattrocento la devozione privata stimola straordinariamente la produzione di rilievi raffiguranti la Madonna col Bambino, basati su modelli dei maggiori artisti fiorentini. Che scelgono di far vivere il corpo alle Madonne e ai Santi, pur nella varietà delle rappresentazioni. L'arte nuova si rende accessibile a tutti, con materiali di minor valore ma riscattati dalla qualità dell’esecuzione: la terracotta, arricchita dal colore e dall’oro, tende a uguagliare la preziosità del marmo o del bronzo, e in essa si cimentano i maestri.
Sezione 9: Bellezza e carità. Ospedali, orfanotrofi, confraternite. Le principali committenze pubbliche nella Firenze del primo Quattrocento destinano a ospedali, ospizi per pellegrini, istituzioni di accoglienza per l’infanzia e confraternite molti capolavori, perché negli istituti di pubblica assistenza l'arte assolva un ruolo educativo e sociale. Firenze aspira nel periodo ad essere considerata come la “Città di Dio”.
Sezione 10: Dalla città al palazzo. I nuovi mecenati. Attorno alla metà del Quattrocento, l'affievolirsi dello spirito repubblicano a favore di un'oligarchia cittadina porta ad un'arte come auto-celebrazione dell'individuo. Nel nuovo Palazzo Medici – simbolo del potere che la famiglia comincia a esercitare sulla città – Cosimo il Vecchio e suo figlio Piero inaugurano un mecenatismo fastoso, in cui il privato contende al pubblico le committenze artistiche più prestigiose. Altre famiglie in competizione costruiscono grandi dimore dotandole di arredi e opere d’arte di gusto colto e raffinato. Degnamente chiude la Mostra il modello ligneo di Palazzo Strozzi, il più grandioso edificio privato della Firenze quattrocentesca, un contrappunto al modello della “pubblica” Cupola brunelleschiana, momento fondante del primo Rinascimento. Modello quest'ultimo prestato a Palazzo Strozzi dal Museo di Santa Maria del Fiore.
Per ammirare altre opere d'arte del periodo, conviene fare un passo anche a questo Museo, prima però del 28 giugno, quando ha inizio la ristrutturazione che durerà fino al 2015. Si rimarrà abbacinati dalle due teste bronzee che ornavano la cantoria marmorea di Donatello e che l'opificio delle Pietre dure ha restituito dopo un restauro durato 5 anni. E' apparso ai tecnici che fossero interamente coperte di lamina d'oro, per aumentarne la visibilità, visto che erano poste in alto, nei due tondi di porfido della zona inferiore della cantoria donatelliana. Per ora, invece, stanno in vetrina alla nostra altezza, e ne apprezziamo il faticoso restauro. Vengono chiamate teste gemelle, ma, a onore e gloria ancora una volta di Donatello, quella fatta da lui è di gran lunga più espressiva e vibrante di quella commissionata in un secondo tempo, anche se i committenti, si legge, la volevano somigliante. La seconda viene attribuita con molti dubbi a Michelozzo che si è probabilmente ispirato alla stessa statua ellenistica. Tutta la “storia “ delle due teste è pervasa di mistero. Non la parte lapidea in cui erano installate, ampiamente studiata, ma proprio l'iconografia delle due teste. L'uomo rappresentato è un personaggio o un simbolo? E perché è ripetuto due volte? Quello che risulta evidente è la loro diversità. Il grandissimo Donatello, ancora una volta, è capace di ricreare una classicità così perfetta da trarre in inganno più di un critico. Ma si fa inequivocabilmente riconoscere per l'intensità umana che anima le sue sculture.
Organizzazione e informazioni:
La Primavera del Rinascimento
presso Palazzo Strozzi, Firenze
fino al 18 agosto 2013
A cura di Beatrice Paolozzi Strozzi, direttore del Museo Nazionale del Bargello, e di Marc Bormand, conservateur en chef al dipartimento di Scultura del Museo del Louvre; promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi, dal Museo del Louvre, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Soprintendenza PSAE e per il Polo Museale della città di Firenze e dal Museo Nazionale del Bargello, con la partecipazione del Comune di Firenze, la Provincia di Firenze, la Camera di Commercio di Firenze e l’Associazione Partners Palazzo Strozzi e Regione Toscana.