Si avvicinano anniversari importanti legati al nome di Lucio Battisti e la Sony Music anticipa i tempi pubblicando un magnifico cofanetto antologico in cd e vinile (in varie edizioni e tirature limitate) intitolato Masters, che trasporta, direttamente dai nastri analogici originali, 60 brani tratti da tutta la produzione del musicista nella migliore definizione di suono oggi possibile (24 bit / 192 Khz).
La pubblicazione - che scala subito le classifiche - presenta un reale motivo di interesse, oltre che nell’aspetto acustico davvero sublime, anche nel quarto disco (prendendo a riferimento l’edizione in cd), il quale contiene 13 tracce del periodo artistico successivo al sodalizio con Mogol, offrendo forse per la prima volta al grande pubblico (almeno in queste proporzioni, a fianco dei successi “classici”) un “saggio” di quanto intensa, bella (le invenzioni compositive portano innegabilmente il marchio del Battisti più celebrato) e interessante fosse pure questa seconda fase, che peraltro sarebbe assurdo (sia per la durata temporale sia perché Battisti audace sperimentatore lo fu dal primo giorno che prese in mano la chitarra) relegare a una sorta di appendice discografica. Solo a questo modo infatti si possono creare le premesse per una comprensione a tutto tondo dell’artista reatino. Ricordiamo quindi come tutto iniziò una seconda volta, 35 anni fa.
E già, il lavoro di Lucio Battisti che sancisce la rottura della collaborazione con Mogol, esce nel mercato discografico nel settembre del 1982. È un disco di transizione e allo stesso tempo un capitolo a sé stante in cui vengono introdotti vari elementi estranei alla precedente produzione: prima fra tutti l’estrema essenzialità della costruzione melodica e degli arrangiamenti, realizzati esclusivamente con strumentazioni elettroniche. I testi furono attribuiti a Grazia Letizia Veronese, la moglie di Lucio Battisti che qui compare sotto lo pseudonimo di Velezia; tuttavia il carattere autobiografico che pervade l’intero long playing e la generica dicitura “canzoni di Battisti-Velezia” fanno decisamente pensare ad un diretto intervento del musicista nella parte testuale.
È proprio con E già che il pubblico del cantautore, sino ad allora estremamente fedele nel condividerne le scelte artistiche, si divide. Anzi, per la maggior parte, esso arriva a dichiararsi contrario a questa svolta stilistica. Quali che siano le ragioni di tale “incomprensione”, di fatto non si è tenuto nel debito conto che ci si trova davanti al lavoro più personale del musicista. Per la prima volta, infatti, Battisti si abbandona a giudizi e considerazioni, dando apertamente risalto alle proprie passioni e ai propri gusti; così emergono di continuo nei testi stralci di vita - con o senza la mediazione di Velezia. E del resto, la natura “autobiografica” di questo lavoro emerge in primis dal coinvolgimento diretto della famiglia: la moglie, abbiamo detto, si occupa dei testi, ma c’è anche il figlio Luca, che al tempo aveva solamente nove anni, che contribuisce alla grafica di copertina (sono infatti suoi i disegni che paiono simbolicamente indicare al padre la nuova strada da percorrere).
Ne risulta un disco permeato di positività e voglia di sperimentare soluzioni musicali nuove anche a costo di ripartire dal principio: di qui la caratteristica essenzialità dell’LP in cui testi, suoni e voce sono perfettamente equilibrati in un’amalgama che conferisce al tutto un’atmosfera quasi New Age. Per la realizzazione di questo progetto l’autore si rivolse a Greg Walsh che aveva precedentemente imparato ad apprezzare, come tecnico del suono, durante la lavorazione degli ultimi due album firmati Battisti-Mogol. La scelta ricadde su di lui per vari motivi: si trattava innanzitutto di un grande esperto di sintetizzatori e sequencer e il cantante intuì l’importanza e lo sviluppo che le strumentazioni elettroniche in seguito ottennero nella musica. Le nuove tecnologie permettevano infatti di registrare un intero disco praticamente senza esecutori. Era in secondo luogo un batterista, figura centrale per Battisti, un ruolo che andava ben oltre le “quinte” delle canzone: nella sua visione l’aspetto ritmico era decisivo nella riuscita di un pezzo. In ultima, ma forse è proprio questo il punto fondamentale, aveva letto in Walsh il desiderio di fare qualcosa di innovativo.
La produzione, il suono, gli arrangiamenti e l’esecuzione furono i compiti che Battisti gli assegnò: le competenze di un team che in E già è praticamente costituito da una sola persona. Elemento questo di grande novità nell’ambito della musica italiana. La struttura dei brani di E già rimane perlopiù quella tradizionale, con la consueta divisione in strofa e ritornello, nondimeno numerosi sono gli indici di “novità”. Vari i fattori che determinano l’importanza di questo episodio artistico non solo all’interno della discografia battistiana, ma anche nel campo dell’innovazione della scena musicale nazionale: a) il fatto che la sua voce sia l’unico vero strumento di tutti i dodici pezzi, b) l’utilizzo esclusivo di suoni sintetici e c) di una griglia ritmica studiata nei minimi particolari che non si rifà a nessun modulo reale di batteria (a tratti quasi un contrappunto).
È quanto basta per chiudere con il passato e iniziare un altro tipo di ricerca, più improntata sulla tecnologia e sulla musicalità delle parole. La copertina interna dell’LP contiene inoltre l’ultima foto ufficiale del cantante, e questo è, già in se stesso, un elemento di notevole importanza. Si tratta di uno scatto molto particolare (ispirato ad un sogno del cantante), con un significato che parrebbe preciso: Battisti viene ritratto, in lontananza e di spalle, mentre si riflette in piedi su di uno specchio colpito dal sole. Manifestando, in pratica, la volontà di scindere – in via decisiva – l’immagine dall’artista. Altro aspetto particolarmente significativo è che dal disco verrà estratto l’ultimo 45 giri edito di Lucio Battisti: E già / Straniero.
Come album E già è un lavoro che, pur con tutte le sue differenze e particolarità, è facilmente riconducibile (basta ascoltarlo) alla spontaneità e alla freschezza degli esordi del musicista, appena a ridosso dei grandi successi. Nella canzone che apre questo album, Scrivi il tuo nome, abbiamo la stesura di quello che si può, a buon diritto, considerare il manifesto di questo rinnovato programma: in un accesso sinestesico, Battisti propone, con un’incalzante sequenza di fotogrammi, una sorta di preparazione di corpo e mente alla svolta stilistica. Nel brano Mistero invece dal punto di vista interpretativo fa capolino il “primo” Battisti, con un utilizzo del falsetto, di colori vocali più ampi e un fraseggio più morbido, svincolato in parte dalla ricerca ritmica che generalmente nel disco viene estesa anche al canto (ciò accade pure in Straniero, pezzo dalla tematica assai attuale che mescola elettronica e armonie jazz, con una coda di vocalizzi più libera).
E così, via discorrendo, si passa attraverso una molteplicità di colori e situazioni, in cui le tematiche più ricorrenti sono il “mare” (Windsurf windsurf, Rilassati ed ascolta, Non sei più solo) e la “musica” (Registrazione, Hi-Fi, La tua felicità), le più grandi passioni del Battisti dell’epoca e, forse, di sempre, e la continua ricerca della felicità e della pace che si realizzano, appunto, attraverso queste due. Non è un caso che, dopo l’apertura di Scrivi il tuo nome, un’altra “canzone-manifesto” sia quella che intitola, chiude e lancia commercialmente il disco, un brano che suona come un grande ritornello in cui ci sono tutti gli elementi della nuova estetica: “è il tuo rapporto con la verità / niente è definitivo per te / provi e riprovi non ti fermi mai / e intanto aggiungi tagli e sintetizzi”.
Ricercare il vero, nella rinnovata estetica del “secondo” Battisti, significa decostruire e occultare ciò che l’ascoltatore continua, nonostante tutto, ad aspettarsi da lui. Quest’ultimo potrà scomporre lo spettro musicale del singolo brano, esaminarne gli elementi e trovare i motivi di continuità col passato, ma dovrà anche accettare che la loro somma non restituirà mai per intero il “primo” Battisti. Troverà sì però l’innovatore di sempre, precursore del suono che oggi come oggi domina il mercato discografico, nonché l’ispirato compositore e melodista dei più celebri successi. Un artista che per continuare ad essere se stesso ha dovuto infrangere l’immagine ormai cristallizzata che gli era stata cucita addosso e che fino all’ultimo ha cercato nuovi stimoli per sé e per il proprio pubblico. Anche queste si possono chiamare, se vogliamo … Emozioni.