Lui era l'uomo che amava le donne. Le loro flessuosità, le melodie dei loro corpi, l'armonia di morbidi seni e tenere cosce. C'è poco da stupirsi se un commissario di polizia sospese la sua esposizione alla Galleria Berthe Weill, dove un sensuale nudo campeggiava in vetrina. A infastidirlo - si racconta - fu quel triangolo di peluria appena arricciata proprio sotto il ventre.
Uno scandalo per il piccolo borghese senso del pudore, non solo del commissario, ma anche della piccola folla di curiosi che si andava radunando davanti al negozio d'arte parigino, ammiccando il dipinto con eccitato interesse, senza saperne staccare lo sguardo. È vero che più di 50 anni prima, nel lontano 1866, L’Origine du Monde di Courbet aveva illustrato la stessa parte anatomica del corpo femminile in maniera assai più realistica, così come è vero che ancora prima Goya, contravvenendo alle regole dell'Inquisizione, aveva offerto agli occhi del mondo la sua Maja Desnuda. Ma non si può negare che quelle bellezze messe in vetrina a Parigi, così scoperte nella loro intimità, in pose voluttuose e con tonalità calde possano suscitare emozioni coinvolgenti, al di là e al di sopra di molti altri nudi artistici. D'altra parte Modigliani, appunto, le donne le amava. La sua passione e la partecipazione sentimentale di fronte alle modelle sono alla radice dell'erotismo che trasmette. E loro, le modelle, amavano lui. “Com'era bello, mio Dio com'era bello”, ricorda Aicha, una di loro. Seduttore e sedotto nello stesso tempo: un'intimità che traspare e che non può lasciare indifferenti.
Rivedere oggi tutti insieme quei dipinti 'scandalosi' è un'occasione senza precedenti. La Tate Modern di Londra li ha raccolti nella sala centrale della grande mostra su Modigliani che espone complessivamente cento opere dell'artista livornese, di cui molte provenienti da collezioni private, raramente accessibili al pubblico. Come buona parte dei 12 nudi intorno ai quali si articola uno dei focus della rassegna. Alcuni di questi erano nella Galleria di Berthe Weill nel dicembre del 1917, quando l'evento che avrebbe dovuto finalmente aprire le porte al successo - anche commerciale - di Modigliani, si trasformò invece in un disastro.
Tra loro troviamo Elvira, Margherita, Almasia, ma la vita di queste donne distese o accovacciate in maniera languida resta a noi sconosciuta. Certa, invece, è la fierezza della loro nudità insieme alla consapevolezza della loro scelta. Ce lo dicono gli occhi, a volte chiusi in un abbandono voluttuoso, altre volte dritti sullo spettatore, o l'artista, che le sta guardando, consci del potere che esercita la bellezza del loro corpo. “Le modelle di Modigliani appartenevano alla nuova era, sono ormai donne moderne; non più, o non solo, oggetti. Sui loro volti ci sono segni dei piccoli segreti di un make up che a Parigi in quegli anni stava cominciando a diffondersi. Posare nude dava a loro una certa indipendenza finanziaria: 5 franchi per un pomeriggio o una mattinata, quando le operaie in una fabbrica non portavano a casa più di 2 o 3 franchi al giorno”, spiega Nicoletta Fraquelli, curatrice, insieme a Nancy Ireson, della eccezionale mostra sulle rive del Tamigi che resterà aperta fino al 2 aprile.
D'altronde che qualcosa stava cambiando nell'universo femminile lo dimostra anche la forte reazione di Modigliani a una battuta di Renoir. L'episodio avvenne sulla Costa Azzurra e ce lo racconta Nancy Ireson nel catalogo pubblicato da Tate. L'anziano maestro francese, le cui idee sulle donne possono difficilmente essere definite progressiste, disse al giovane italiano di ritenere concluso il dipinto del sedere di una donna solo quando gli veniva voglia di dargli una pacca. Ora, per la verità, non è che il bel Modì fosse un campione dei diritti femminili, però si offese e, pur mentendo, rispose risentito: 'Non mi piacciono le natiche'. Dopo questa conversazione i due non si sarebbero più incontrati. “Sembra che modellare un nudo per il giovane italiano fosse un lavoro più delicato”, scrive Nancy Ireson. “Forse una nuova generazione portava con sé nuovi atteggiamenti”.
Tanti volti, un romanzo
Sono i 14 anni parigini di Amedeo Modigliani (1906 -1920) che la mostra ricostruisce con grande dovizia, esplorando anche qualche angolo fino ad oggi tralasciato. Si vanno così a cercare alcune influenze che il cinema può aver sollecitato nella sua opera. E si ricostruisce virtualmente lo studio di rue de la Grande-Chaumiere dove lui ha lavorato e vissuto insieme a Jeanne Hébuterne gli ultimi mesi della sua vita. Una piccola stanza, stretta, con una sola finestra e un giaciglio addossato al muro. Intorno il disordine totale: sigarette, tubetti di colore, scatolette di sardine aperte e gettate sul pavimento. Si avvicinava la fine tragica di un sogno verso mete artistiche sconosciute.
Togliendosi gli occhialoni della visita in 3D, i dipinti tornano a raccontarci una storia che è un romanzo. Il romanzo di un ragazzo partito a ventidue anni da Livorno, intriso di classicità e Rinascimento, alla ricerca di uno stile che andasse al di là dei canoni provinciali in cui si era formato, ma che non rinnegasse il solco della tradizione. È sulla figura umana che si concentra Modigliani. “Il paesaggio? Ma non farmi ridere, il paesaggio non esiste”, rispose a Diego Rivera in una delle sua animate discussioni in un Café di Montparnasse. I ritratti, invece, per quanto ormai un genere desueto tra i pittori del tempo, lo avvincono. E oggi diventano anche tante testimonianze per ripercorrere la sua vita. A cominciare dai suoi pigmalioni, i personaggi che cercarono di aiutarlo a vendere i quadri e a rendere meno difficile un' esistenza da dandy bohemien.
I due fratelli Paul e Jean Alexandre furono i primi a sostenerlo; poi arrivò Paul Guillame, il 'Novo pilota', come lo chiamò Modigliani in un ritratto in cui vagamente risente dell'influenza cubista. Guillame era un giovane ambizioso, aveva qualche anno in meno dell'artista e di lui fortemente ammirava il talento, pur non facendosi mai illusioni sulla sua volontà autodistruttiva. Modì il maudit, il maledetto, l'insolente e disinvolto Modì, arrogante e insopportabile, inquieto ed eccentrico, sempre elegante con quella sciarpa rossa al collo, nonostante il vestito di velluto sempre più logoro. Declamava Dante e Petrarca a memoria, si poneva come unico dovere quello di salvare la bellezza nell'arte, ma era scontroso e litigava con tutti, soprattutto quando il vino e la droga prendevano il sopravvento, cioè quasi sempre. In più la sua originalità artistica impediva di etichettarlo in una qualsiasi delle avanguardie del tempo, allontanando la critica, che quasi non lo considerava.
Per questo e per la sua instabilità di carattere Guillaume, il mercante, lo 'cedette' volentieri a Leopold Zborowsky, intellettuale e poeta polacco. Di lui e della moglie Anna sono molti i ritratti, come pure quegli degli amici, da Jean Cocteau a Max Jacob, Diego Rivera e Juan Gris. Anche Picasso è tra le tele esposte alla Tate Modern. Però lui non fu un vero e proprio amico, tanto che accanto al volto del pittore spagnolo, non senza una buona dose di ironia, Modigliani incise: 'savoir'. Come dire: 'Il signor so tutto io'.
Ma oltre agli amici e ai colleghi di boheme, ovviamente ci sono le donne, quell'universo enigmatico che tanto attraeva Amedeo. E come il sommo poeta di cui amava declamare i versi, anche lui aveva la sua Beatrice. Si chiamava Hastings ed era una giornalista inglese senza peli sulla lingua, appassionata di poesia e pittura, ma anche di alcool e droga. Le loro liti erano proverbiali a Montparnasse, così come la loro passione travolgente. Forse fu proprio lei, ribelle e femminista per natura, a 'insegnargli' un maggior rispetto verso l'altro sesso. Anche se poi era oggetto della sua ironia: *Madame Pompadour * è il titolo di un suo ritratto dove, sopra il lungo collo e il volto ovale, appare un cappellino bizzarro e desueto. Era il 1915. Un paio di anni dopo ci sarà l'incontro con la tenera Jeanne Hébuterne, appena diciannovenne, timida, taciturna, anche lei determinata. Incontro fatale, come il destino che la porterà a gettarsi dal quinto piano con il bambino che aveva in grembo poche ore dopo la morte dell'artista. L'esposizione londinese ce la mostra con i capelli rossi raccolti, oppure disciolti, seduta o di profilo, vestita con i colori della moda, ma anche con una grande camicia bianca, probabile segno di una gravidanza.
La ricerca di una bellezza senza tempo
Ritratti e ancora ritratti: quasi un'ossessione che inseguirà Modigliani per tutta la vita. E quando la guerra lo spingerà a spostarsi nel sud della Francia, dove era più difficile reperire modelle, troverà nuova linfa per il suo pennello nei volti dei bambini, dei contadini, della gente di paese che per qualche spicciolo accettava di posare. Influenzato forse dalla luce del Mediterraneo, la sua tavolozza affievolisce i colori e la pittura diventa più fluida. Ma quella pacatezza del suo ritrarre, quella libertà dalle convenzioni, la purezza formale dei volti ogivali, incarnazione di una bellezza classica che ci ricorda Piero della Francesca, tutto questo no, non cambia mai. Era interessato Modigliani ai suoi personaggi e alla loro psicologia? “Perché mi hai dipinto con un occhio chiuso e uno aperto?”, gli domandò Leopold Survage, pittore nativo della Russia che aveva incontrato nel Midi. “Perché guardi il mondo con un occhio e dentro te stesso con l'altro”, fu la risposta.
Cosa avrà voluto dire? È morto troppo presto, a soli 36 anni, ucciso dalla malattia, dall'alcool e dalle sue stesse inquietudini in una fredda giornata del gennaio 1920, per potercelo spiegare. Di certo c'è che nonostante le maschere stilizzate di sapore primitivo dietro cui nascondeva i suoi personaggi, quei ritratti rivelano sempre una personalità. Mai, però, si riescono a cogliere gli affanni della sua vita disperata. Come se la distanza tra il cavalletto e chi aveva davanti fosse un vuoto privo di dimensioni. Solo un velo di malinconia accomuna quelle immagini senza tempo, la stessa malinconia che lui, il maudit, si portava dietro da sempre, forse inconsapevolmente consapevole del suo amaro destino.