Jara Marzulli nasce in una città di mare, Bari, solare ed essenziale nelle sue strutture, l’ha sempre amata per come l’ha vissuta perché le ha insegnato lo spirito di adattamento, l’apertura e il calore della gente nei suoi luoghi stretti, nelle strade dove poteva passare il ragazzino impertinente e poi le urla, gli sputi, lo sporco e il ladruncolo di turno.
Le strade di allora, dove Jara giocava da bambina, erano queste, tra la piccola casa dei suoi genitori e la casa di sua nonna paterna, che si è occupata di lei da piccina mentre sua madre lavorava. E proprio quest’ultima era situata vicino la chiesa del Redentore, alla quale Jara rimane molto affezionata perché ogni volta che, anche oggi, varca quella imponente soglia dal profumo di incenso, volge gli occhi all’insù per vedere le figure dipinte, esattamente come da bambina, e tutto le ricorda sua nonna e la semplice, quasi puerile, compostezza sacra e la sensazione di protezione che respirava accanto a lei.
Con i suoi cugini giocava per le vie, o andava a comprare i succhi di frutta dal salumiere di fiducia, il tempo scorreva lento e spensierato. La sua campagna invece di alberi era fatta di marciapiedi, di asfalto, dell’odore pungente della ferrovia che passava di lì e di spazi domestici, che se pur non ampi, erano giusti per le loro gambe corte e infantili. Tutto era a misura.
Jara è sempre andata fiera di entrambi le famiglie dei suoi genitori, numerose, gente spontanea, mai costruita o impostata, gente di mare… mare onnipresente. "Penso che la vena quasi drammatica che mi porto dentro sia forse determinata da una moltitudine aspetti, tra i quali i ricordi degli sguardi che mi circondavano, ho visto l’inquietudine, talvolta la rassegnazione e nei sorrisi qualcosa di nostalgico, desideri, preghiere, come sussurri e il vento. Penso che fossi portata ad entrare dentro i lineamenti delle persone con una indagine sottile e non troppo invadente, con le mie mani, la matita e i colori", confessa Jara.
Jara dunque inizia da piccola a rubare quei lineamenti e quelle espressioni, velocemente, incidendoli sulla carta, come tante piccoli tasselli di un mosaico, le fondamenta di una carriera tutta in salita. La giovane artista cresce e frequenta il liceo artistico, dove si esercitata molto nel disegno perché all’epoca non era prevista nel programma la disciplina della pittura. Poi l'approdo all’Accademia di belle Arti di Bari, dove può finalmente confrontarsi con docenti e altri studenti di talento.
Jara tratta il colore quasi da autodidatta, nessuno le ha dato alcuna impostazione, tranne qualche insegnamento di un maestro con il quale collaborava nella sua bottega d’arte, dove si crea un rapporto di dualismo tra la tradizionalismo della pittura di lui e la novità della sua che in quegli anni, nel 2000, era molto istintiva. Il colore è tonalità, è cambiamento, atmosfera, e questo Jara lo ha acquisito studiando gli impressionisti e dipingendo dal vero e all’aria aperta. Soltanto in un secondo tempo ha sentito forte l’esigenza di studiare i contrasti utilizzando le lampade in luoghi chiusi. Tutto questo per ampliare il pathos e creare atmosfere caravaggesche che, ancora oggi, caratterizzano la pittura di Jara. L’indagine fotografica attraverso i suoi modelli le consente di evolvere il suo “pensiero”, il suo “discorso” che poi è diventato un lungo percorso, cangiante negli anni, ma sempre riconoscibile nel messaggio introspettivo e quindi nei contenuti che si rivelano attraverso le opere. Il colore è sempre una scoperta, che viene dopo la razionalità del disegno, è la sfumatura che porta con sé l’anima dell’artista, pericolosa e potente.
Jara è ancora alla scoperta di se stessa, pensa di portare dentro di sé un universo troppo grande fatto di storie, altre storie… misteri e magie e crede che ci siano tante sfaccettature per cui meravigliarsi e sorprendersi in questa ricerca senza fine, per cui a volte cade in una forma di scetticismo, probabilmente, della realtà, ma al contempo la accetta, cercando di preservare ciò che ha costruito attorno a sé. La gioia la cerca nella conoscenza, sempre protesa verso il cogliere gli aspetti più intriganti e misteriosi degli altri e questo le consente di uscire dal circuito vizioso dei pensieri turbolenti. La stima in sé non le manca sicuramente, Jara ha un temperamento forte e volitivo ma, come tutti gli artisti veri, per le proprie fragilità, le piace avere attorno chi crede davvero nel suo lavoro, terreno fertile per il prosieguo del cammino. I progetti sono tanti perché riversati su più fronti, tra il lavoro nel sociale per l’educazione, l’insegnamento, l’associazione formata con sua sorella Lula e la sua carriera artistica di indiscusso spessore.
Jara è l'esempio superbo del connubio perfetto tra la bellezza del disegno accademico unito a una sapiente e profonda conoscenza del colore, elementi rari oggi per un artista. Molto spesso, purtroppo, dietro il nome di arte contemporanea si celano l'ignoranza e l'incompetenza più meschine. Lo stile pittorico di Jara Marzulli diventa subito riconoscibile per gli aspetti femminili e simbolici, attraverso la gestualità rituale, bende che occultano parti del corpo, suture, aghi, fili dipinti che ricamano la pelle nonché per l’espressione dei volti drammatica e fiera al contempo.
La sua arte cresce e racconta di un sentire al tempo stesso estatico e carnale, reso ancor più incisivo e toccante dalla perfezione tecnica che contraddistingue il modus operandi dell’artista. Una lucida e lacerante qualità espressiva, un’indefinibile purezza che si veste di pittura, un costante gioco di alternanze, di scambi di ruolo tra l’artista che dipinge e il soggetto raffigurato. Amiche, sorelle, madri e figlie rafforzano sulle sue tele il senso dell’unione positiva, della “sorellanza” salvifica, di donne che, al di là della delicatezza dei gesti, si rivelano indomabili guerriere; mentre i colori tenui e gli sfondi indefiniti pongono i personaggi in un limbo fatato, onirico, in bilico tra realtà e memoria.