Frane, allagamenti, alluvioni: l'Italia è un Paese martoriato dal dissesto idrogeologico. Le aree ad elevata criticità rappresentano il 9,8% della superficie nazionale e riguardano l'89% dei comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 500 ospedali. Il mese di aprile verrà ricordato come il più inquinato della storia della Terra. O meglio, come il primo mese in cui, ogni giorno, si è superato il livello critico di anidride carbonica nell'atmosfera: il primo mese, perché ne arriveranno tanti altri. La notizia è stata data dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l'agenzia federale federale statunitense che studia le condizioni dell'atmosfera su tutto il pianeta.
Ad aggravare ulteriormente il quadro è il consumo del suolo: ogni cinque mesi viene cementata una superficie pari al comune di Napoli, un dato che mette in luce le responsabilità dell'uomo per queste catastrofi, che solo negli ultimi cinquant'anni hanno causato la morte di quattromila persone. Quei morti non ci perdoneranno perché noi dovevamo sapere che lasciar costruire centrali nucleari in riva al mare, prosciugare stagni, edificare i letti dei fiumi, abbandonare l'agricoltura, e inoltre l'incuria e il degrado, vuol dire trasformare inevitabilmente gli eventi eccezionali in tragedie. Il corso terribile della Natura diventa devastante quando si accompagna a una ignoranza diffusa. Credo che gli umani, da tempo, abbiano rotto il patto di uguaglianza e di armonia con la terra che gli accoglie con tutte le altre comunità viventi: piante, animali, montagne, fiumi, mari, cielo.
Lo tsunami
La mattina del 6 giugno 2012 alle 6,08 mentre Venere transitava davanti al sole, le persone che con occhiali scuri guardavano il fenomeno hanno visto la palizzata alzarsi, e così sollevata venire loro incontro. Era un terremoto con epicentro nel mare, al largo di Punta Marina. Per fortuna molto in profondità, così non ha preso corpo la catastrofe di uno tsunami.
Uno tsunami a Ravenna. Ora questa parola, dalle nostre parti, viene usata e abusata per sottolineare fenomeni politici, economici, sociali. È un termine che nei discorsi quotidiani deborda, sconfina in mille rivoli come rafforzativo di qualsiasi evento o personaggio anche il più insignificante, mai nella sua autentica e reale potenza distruttrice. Ci giunge la sua eco devastatrice da paesi lontani, vediamo anche le immagini in tempo reale. Partecipiamo e ci commuoviamo.
Associazioni specializzate e volenterosi portano soccorso alle popolazioni colpite. Nonostante il nostro coinvolgimento esiste una linea d'ombra che ci rassicura - accade là, lontano, è un fenomeno che qui non avverrà mai. È una questione di prospettiva; più l'immagine ci arriva da lontano più aumenta la convinzione che sia un fenomeno naturale e che non arriverà mai a noi. E così il termine tsunami lo usiamo spesso a sproposito perché non ne abbiamo una esperienza reale. Ma cosa accade quando, lo sguardo vede la palizzata sollevarsi e avanzare, qui nella costa ravennate, e quando gli scienziati ci spiegano che lo tsunami, quello reale - l'onda che tutto travolge - può formarsi anche nel mare Adriatico, qui in Romagna? Dallo sfondo - lontano - si passa alla tragedia vissuta in primo piano come il terremoto del 2012 in Emilia Romagna nel quale, secondo la rivista Science, può essere stato provocato dall'estrazione del petrolio (gli impianti petroliferi di Cavone).
Ci siamo abituati anche alla mucillagine. In tempi più lontani il mare ricoperto di melma marrone era diventato quasi solido e dava la sensazione di poter andare a Rovigno, nell'altra sponda, a piedi. Il mare aveva perso il suo eterno movimento; non più onde. Una tragedia. Almeno per me. Non per i bagnini che girarono i lettini verso la pineta e impiantarono più numerose le reti per il gioco del calcetto e del racchettone. I più coraggiosi costruirono piscine. La mucillagine riposa nei fondali e ogni tanto, quando il caldo diventa insopportabile, riemerge.
Ora attraverso la poesia, la letteratura, l'arte e il cinema indagherò i diversi percorsi simbolici della forza indomabile dell'onda che ha così profondamente colpito l'immaginazione della creatività umana.
La poesia
Il mare
sorride in lontananza.
Denti di spuma,
labbra di cielo.(La ballata dell'acqua di Garcia Lorca)
Qui l'onda rappresenta qualche cosa di anteriore, di originario da cui tutto il resto si irradia. Lorca oscilla tra il grido d'amore, il canto di gloria, la fiamma del dolore, il desiderio di vita.
Nella cala tranquilla
scintilla
...(L'Onda di Gabriele D'Annunzio)
Fu composta nel 1902. La sua finalità è più fonica che descrittiva. Qui la poesia gareggia con lo spettacolo naturale. Rende i suoni fluttuanti dell'onda che si infrange in una cala tranquilla.
L'onda nell'arte tra Oriente e Occidente
La grande onda di Kanagawa è un'opera di Katsushita Hokusai (1760-1849, pittore e incisore giapponese). I suoi lavori furono fonte d'ispirazione per gli impressionisti e i postimpressionisti. Nella Grande onda descrive la moderna contrapposizione tra forza della natura e la fragilità umana.
Vapore al largo di Harbour's Mouth durante una tempesta di neve di William Turner (1775-1851). Qui la rappresentazione spaziale resta quella di un'estensione infinita, agitata da grandi forze della natura in un dinamismo universale dove l'uomo è drammaticamente perdente.
Ma l'opera che più rappresenta la visione contemporanea di una deriva si trova al MAXXI di Roma. L'artista Maria Cristina Finucci ha fondato il Garbage Patch State in risposta all'accumulo di rifiuti plastici nei tre oceani e ora anche nel Mediterraneo, che ha causato negli anni la formazione di cinque isole con una estensione totale di 16 milioni di km2 (quasi come la Russia). La Finucci presentando il suo processo creativo dice tra l'altro: "... L'arte con la potenza delle immagini può smuovere nel profondo. È proprio il linguaggio artistico che userò per la mia personale campagna contro questo disastro che coinvolge tutti. Dietro ogni piccolo pezzo che compone le isole di plastica c'è una persona che lo ha abbandonato nell'ambiente... ". L'onda, realizzata nel MAXXI (museo delle arti del XX secolo) è una struttura di trenta metri composta di scaglie di plastica proveniente da bottiglie riciclate.
Il cinema
La tempesta perfetta è un film del 2000 diretto da Wolfgang Petersen, ed è tratto da una storia realmente accaduta. Un gruppo di pescatori, dopo un periodo di magra, si dirigono al largo in cerca di maggior fortuna. Mentre si trovano in alto mare ricevono l'allarme riguardo a una tempesta che sta arrivando alle loro spalle. Per non rinunciare alla loro ricca battuta di pesca, ignorano l'avvertimento. Sfortunatamente la situazione meteorologica peggiora e dalla rotta di collisione tra l'uragano e altre due aree di bassa pressione scaturisce la cosiddetta tempesta perfetta. Nel tentativo di fare ritorno a terra tutto l'equipaggio del peschereccio perde la vita. La maggior parte del film rappresenta la sfida dell'uomo nei confronti di una natura terribile e ignara che segue il suo corso. L'immagine della barca che va incontro alla grande onda nel tentativo di superarla mi ha ricordato l'opera di Turner.
L'onda è un film del 2008 diretto da Dennis Gansel. Anche questo film è tratto da una vicenda realmente accaduta nel 1967 in California. Riguarda l'esperienza di studenti alla ricerca di un rapporto con il mondo degli adulti qui rappresentato da un insegnante di Storia che vuole dimostrare come in una società democratica si possa scivolare facilmente nell'autoritarismo. Agli ordini del professore/despota, i ragazzi/sudditi seguono ordini, regole e accettano una divisa. L'onda, con il suo movimento distruttivo degenererà in maniera imprevedibile e violenta. Il film, inoltre, ha la stessa omonimia, non voluta, con un movimento studentesco che sembrava voler cambiare il mondo e dopo pochi mesi è sparito.