Dopo i numerosi fallimenti della prima metà del Trecento (tra i quali le note bancarotte delle aziende fiorentine dei Bardi e dei Peruzzi tra il 1343 ed il 1346), le compagnie bancarie adottarono una diversa struttura organizzativa, basata sul frazionamento della compagnia in più società dotate di autonomia gestionale, cosicché l’eventuale default di una di esse non avrebbe coinvolto anche le altre unità.
Tale nuova forma di organizzazione caratterizzò la più importante società fiorentina del Quattrocento, il Banco dei Medici, fondato nel 1397 da Giovanni Bicci de’ Medici insieme ad alcuni membri della famiglia Bardi. L’azienda dei Medici aveva una struttura analoga a un moderno “Gruppo di società”, infatti era composta da diverse società, ciascuna giuridicamente autonoma, ma tutte sotto il controllo effettivo della famiglia dominante. All’epoca della massima espansione e del massimo splendore del Banco, raggiunti sotto Cosimo de’ Medici (1389 - 1464), figlio del fondatore, il “Gruppo” comprendeva il “banco” di Firenze, le “filiali fuori città”, presenti sia in Italia che all’estero, e tre “botteghe” operanti entro le mura cittadine, di cui due dedicate alla produzione di panni di lana e una specializzata nelle stoffe di seta. I direttori delle Filiali erano, di regola, soci giovani che, tuttavia, non avevano gli stessi diritti dei soci anziani o “maggiori”, membri della famiglia Medici.
I fondi utilizzati dal Banco nelle operazioni di credito provenivano in gran parte dalla raccolta che affluiva sotto forma di depositi, che erano definiti depositi a discrezione in quanto su di essi era previsto il pagamento di un compenso predeterminato da parte del banchiere solo in caso di realizzazione di un utile. Non vi era quindi l’assunzione di un obbligo a pagare l’interesse, che era formalmente subordinato al conseguimento di un profitto del Banco, anche se in concreto poi veniva riconosciuto al fine di non perdere la clientela. In tal modo, a fronte del divieto canonico del prestito ad interesse, sostenuto dai teologi più rigorosi, come Sant’Antonino, arcivescovo di Firenze, che condannavano i depositi a discrezione, in quanto ritenuti forme “mitigate” di usura, il Banco poteva eccepire che il compenso versato a discrezione era un libero dono e non un’usura. D’altra parte, lo stesso Pontefice e molti cardinali risultavano titolari di depositi di tale natura presso la Filiale di Roma del Banco dei Medici.
La prima espansione del Banco fu agevolata soprattutto dagli stretti rapporti con il Papato; successivamente i Medici divennero banchieri anche dei Re di Inghilterra, dei Duchi di Borgogna, dei Re di Francia e di numerosi altri principi e sovrani italiani. Gli impegni politici, che assorbivano la famiglia Medici, non consentirono una diretta e completa gestione degli affari, se non tramite la collaborazione di consiglieri fidati, tra i quali spiccava la figura del cosiddetto “ministro”, il principale amministratore che aveva il compito di sovraintendere e coordinare il lavoro dei direttori delle filiali, esaminare i bilanci inviati annualmente alla sede centrale e sottoporre gli affari più importanti all’attenzione della famiglia.
Uno degli “amministratori delegati” più influenti nella storia del Banco fu Francesco Sassetti, ministro dal 1470 al 1490, sotto il governo di Lorenzo de’ Medici (il Magnifico, 1449 - 1492). In tale periodo, alcuni fattori contribuirono alla progressiva decadenza del Banco: gli errori gestionali del Sassetti, che non seppe ben coordinare i direttori delle filiali, la scarsa attitudine agli affari da parte di Lorenzo il Magnifico, i difficili rapporti con la Curia pontificia a causa dell’inimicizia tra Lorenzo e Papa Sisto IV. In tale contesto, subentrò al Banco dei Medici, in qualità di banchiere del Papa, il Banco dei Pazzi, anch’essi fiorentini, i quali ordirono (1478) la famosa congiura contro i Medici, che portò alla morte di Giuliano, fratello e socio di Lorenzo. Anche se dopo la morte di Papa Sisto IV (1484) i Medici riconquistarono il posto di banchieri del Papa, la loro posizione risultava ormai compromessa e la loro potenza in declino. Nel 1494, due anni dopo la morte di Lorenzo, il governo mediceo di Firenze fu rovesciato e la crisi del Banco dei Medici si risolse in bancarotta. Il Banco operò comunque per quasi un secolo, durata sicuramente eccezionale in un’epoca in cui le società bancarie resistevano molto meno.
Oltre al miglioramento della struttura organizzativa delle compagnie bancarie, è degno di menzione il perfezionamento delle scritture contabili mercantili e bancarie, avvenuto nel corso del secolo XV. Si diffuse in tale epoca il metodo della partita doppia, i cui esempi più antichi, anche se ancora frammentari, si possono fare risalire alle scritture delle compagnie toscane della fine del Duecento. Tale metodologia di tenuta dei conti si diffuse dall’Italia agli altri paesi europei grazie soprattutto all’opera di Luca Paciolo (Fra Luca Bartolomeo De Pacioli o anche Paciolo, 1445 - 1517), religioso, matematico ed economista che nel 1494 pubblicò il libro enciclopedico Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità, opera nella quale viene descritto, tra gli altri argomenti, il metodo contabile della partita doppia, ancora oggi alla base della contabilità aziendale.