Il sistema aeroportuale italiano. Cardine e protagonista dello scenario socio-economico del Paese.
È il tema che è stato al centro della giornata tenutasi a fine maggio scorso a Roma al Palazzo della Cancelleria, in occasione dei 50 anni di Assaeroporti, l’associazione italiana gestori che rappresenta 34 società di gestione per 43 scali. Non uno slogan e neppure una formula facile, quanto invece una summa molto pratica di quello che deve essere l’ossatura del trasporto aereo italiano oggi e nel futuro. Una fotografia dell’attuale situazione e delle prospettive che è stata fatta nel Rapporto presentato e curato in collaborazione con il Censis.
Un dato per tutti: nel 2016 il traffico negli scali italiani ha superato i 164 milioni di passeggeri (+21,8% negli ultimi dieci anni): saranno 311 milioni nel 2035, la stima più equilibrata. Proviamo a dare in estrema sintesi, una lettura del Rapporto. Si sottolinea che tra il 2007 e il 2017, nel decennio della crisi economica globale, il trasporto aereo in Italia è aumentato del 21,8%. Nel 2016 il traffico negli scali italiani ha superato i 164 milioni di passeggeri. La crescita nell’ultimo quinquennio è stata dell’11,1% e solo nell’ultimo anno del 4,6%. Anche la congiuntura più recente è molto positiva: +6,6% nel primo quadrimestre del 2017. Secondo una stima basata sui tassi di crescita previsti per il traffico mondiale (Iata) nel 2035 il numero di passeggeri in Italia arriverà a 311 milioni. Anche proiettando in avanti l’andamento registrato a livello nazionale nell’ultimo decennio, avremo comunque 289 milioni di passeggeri. Flussi imponenti che il settore aeroportuale, le città italiane, tutto il sistema-Paese dovranno attrezzarsi per accogliere e gestire.
L’industria aeroportuale mondiale vale 260 miliardi di dollari e dà lavoro a 2,6 milioni di addetti diretti. A livello nazionale il settore aeroportuale, considerando l’impatto diretto, indiretto e indotto, vale il 3,6% del Pil. La crescita del trasporto aereo sulle rotte internazionali traina gli investimenti diretti esteri (secondo Cassa Depositi e Prestiti ogni incremento di traffico del 10% genera aumenti di investimenti dall’estero del 4,7%). Il turismo mondiale presenta tassi di crescita notevoli (+75% negli ultimi quindici anni, +110% per i Paesi emergenti). L’Italia ha il capitale di base per intercettarne quote importanti, ma per cogliere questa opportunità è necessario il miglioramento quantitativo e qualitativo della connettività aeroportuale. In questo quadro il ruolo importante dei medi aeroporti italiani configura un sistema meno gerarchizzato rispetto ai principali Paesi europei.
I gate intercontinentali di Fiumicino – primario hub nazionale -, Malpensa e Venezia (secondo la definizione del Piano Nazionale Aeroporti) intercettano il 43% del traffico passeggeri, ma i 7 aeroporti non gate, con più di 5 milioni di passeggeri all’anno, ne movimentano il 33%. Completano il quadro i 32 aeroporti con meno di 5 milioni di passeggeri, con una quota sul totale del 24%. I nuovi contratti di programma nati dalla collaborazione tra Assaeroporti e le istituzioni competenti prevedono investimenti di circa 4,2 miliardi di euro in un quinquennio. Di questi, il 93% proviene dalle risorse proprie delle società di gestione e solo il 7% è finanziato con risorse pubbliche (Ue, Stato, Regioni). La maggior parte della spesa (47,9%) interessa il Centro Italia, per la rilevanza di Fiumicino. Gli aeroporti del Nord-Ovest e del Nord-Est generano rispettivamente il 18,8% e il 18,3% degli investimenti. Agli scali del Sud corrisponde il 15% del totale delle risorse. Gli interventi programmati sono finalizzati sia all’incremento della capacità aeroportuale (hard infrastructuring), sia al miglioramento dei servizi (airport experience). Di importanza strutturale appare la necessità di colmare il ritardo in termini di connettività e collegamenti tra città, stazioni ferroviarie e marittime e scali aerei.
Nel mondo solo il 2% del tonnellaggio di merci passa per le vie aeree. In valore si raggiunge però il 35% del totale. In Italia il settore cargo vale complessivamente 998.900 tonnellate, un dato in crescita costante negli ultimi tre anni (+6,1% tra il 2015 e il 2016). Nel sistema nazionale il traffico cargo è molto più polarizzato del traffico passeggeri. Milano Malpensa movimenta attualmente circa la metà del volume totale e 4 scali del Nord (Malpensa, Orio al Serio, Venezia e Bologna) insieme a Fiumicino valgono più del 92% del totale movimentato. Le opportunità di crescita sono molto concrete e legate allo sviluppo dell’e-commerce, che viaggia su aerei cargo per circa il 90%.
Nell’ultimo quinquennio i piccoli aeroporti (con meno di 2 milioni di passeggeri) hanno perso complessivamente il 14,7% del loro traffico. Si tratta di scali gestiti in prevalenza da società pubbliche con difficoltà di bilancio e con prospettive di privatizzazione difficilmente percorribili. Quelli collocati in aree marginali del Paese, non raggiunte da altre modalità di trasporto veloce, svolgono un ruolo pubblico indispensabile per garantire i collegamenti.
Negli ultimi due decenni il trasporto aereo nel mondo non è semplicemente cresciuto in modo esponenziale. E non ha neppure semplicemente cambiato pelle accompagnando una domanda in forte mutamento. È stato interessato in realtà da una vera e propria metamorfosi che ne ha modificato tutte le componenti connotandole in modo profondamente diverso dal passato.
Possiamo fotografare questi passaggi:
• a partire dai primi anni della liberalizzazione si sono moltiplicati i vettori, le rotte, gli scali nel mondo;
• la crescita della concorrenza ha reso accessibile il trasporto aereo a ceti sociali ai quali era sostanzialmente precluso;
• gli aeroporti esistenti sono cresciuti, si sono modernizzati, si sono aperti ai soggetti privati che, in molti casi, esprimono il capitale di maggioranza nelle società di gestione;
• nuovi Paesi (si pensi alla Cina o agli Emirati Arabi) sono diventati protagonisti del mercato aeroportuale, realizzando infrastrutture in grado di modificare profondamente la geografia dei Paesi che gestiscono i flussi globali;
• sono cambiati i sistemi di regolazione, le dinamiche tariffarie e il loro legame con la programmazione degli investimenti necessari allo sviluppo degli aeroporti;
• i passeggeri oggi hanno più possibilità di scelta dall’aeroporto dal quale partire, grazie ad esempio allo sviluppo dell’AV ferroviaria e alla maggiore selettività delle rotte da parte delle linee aeree emergenti. Questo determina una naturale evoluzione del concetto di monopolio naturale tradizionalmente applicato agli aeroporti;
• è cambiato radicalmente il rapporto tra gli aeroporti e le compagnie di volo. L’esigenza di crescere sinergicamente in molti casi ha portato ad adottare strategie di co-marketing.
L’insieme di queste fenomenologie ha interessato anche l’Italia che, dagli anni ‘60 in poi, aveva sviluppato un sistema di trasporto aereo con alcune caratteristiche peculiari soprattutto per quanto concerne la distribuzione e la caratterizzazione degli scali. In particolare:
• il sistema si configurava (e in buona parte si configura tutt’ora) per uno spiccato policentrismo, che rispecchia la storica struttura insediativa e funzionale del Paese;
• in anni recenti, al ruolo svolto storicamente dai soggetti pubblici si è progressivamente aggiunto il capitale privato, che ha investito selettivamente per valorizzare il potenziale degli aeroporti, nel diventare catalizzatori di crescita;
• la sua crescita dimensionale è stata molto prudente, volta ad inseguire l’evoluzione della domanda di mobilità piuttosto che a prevederne lo sviluppo in una logica competitiva.
Un cambio di passo importante, un’evoluzione strategica necessaria nei quali Assaeroporti ha cominciato a svolgere – e svolge tutt’ora – un costante ruolo di sensibilizzazione sull’importanza di una transizione i cui esiti possono essere sintetizzati come segue:
• abbandonare l’atteggiamento attendista del passato realizzando velocemente gli investimenti necessari per concorrere con gli altri aeroporti europei e internazionali;
• disporre di un reale orientamento delle tariffe al costo dei servizi (di fatto ottenuto solo di recente nei nuovi accordi di programma) come unica garanzia per disporre delle risorse necessarie per l’efficientamento delle gestioni e per far ripartire gli investimenti;
• garantire alle imprese soggette a regolazione dispositivi improntati alla chiarezza, alla trasparenza e alla certezza e stabilità delle regole. Dispositivi indispensabili in un contesto dove il ritorno degli investimenti è possibile solo nel lungo periodo.
Un ruolo difficile e reso più complesso, sotto il profilo della rappresentanza, dalla estrema diversificazione del nostro tessuto aeroportuale, oggi costituito:
• da un hub nazionale e alcuni grandi aeroporti con peso significativo e capacità competitiva nel panorama europeo. Soggetti con buone gambe che occorre lasciar correre;
• da un numero consistente di aeroporti medi, ognuno con sue caratteristiche peculiari, da interpretare e valorizzare anche dal punto di vista delle specializzazioni produttive;
• da aeroporti di minori dimensioni che hanno grandi problemi di marginalità e che subiscono il potere di mercato delle compagnie aeree.
Aeroporti, tuttavia, che rimangono fondamentali per la connettività delle porzioni più remote del Paese, in assenza di altre modalità di trasporto veloce. Un ruolo che, a ben guardare, occorre svolgere non solo con competenza settoriale, ma anche con grande attenzione ai caratteri di base dello sviluppo socio-economico del Paese, alle sue derive politico-istituzionali, ai suoi assetti complessivi in tema di trasporti. La ricerca attiva e continuata di una collocazione significativa nel grande flusso degli scambi internazionali è oggi un atto dovuto per qualunque Paese al mondo. Neppure gli Stati più dimensionati, dotati di risorse e di popolazione, supportati da una forte e crescente domanda interna, ne possono prescindere. Ma sono soprattutto i Paesi più piccoli che a questo genere di attività e di orientamento strategico devono conferire un carattere di persistente ostinazione per non rischiare la progressiva marginalizzazione e il conseguente impoverimento. L’obiettivo che devono porsi, inevitabilmente, è quello di generare e attrarre flussi, intercettare e gestire flussi, e, nella misura del possibile, orientare i flussi in una direzione a loro favorevole. Certo, nella congiuntura socio-politica ed economica attuale queste considerazioni potrebbero apparire relative.
Il quadro geo-politico si mostra di notevole complicazione, il terrorismo internazionale inevitabilmente alimenta desiderio di chiusura e rallentamento delle dinamiche di traffico, la recente contrazione del tasso di crescita complessivo del commercio internazionale desta preoccupazione, alcune (dichiarate) volontà protezionistiche alimentano ulteriori allarmi specie tra i Paesi a forte capacità di esportazione, all’avvio del processo di uscita del Regno Unito dall’Unione europea viene attribuito un significato depressivo sugli scambi europei.
Nonostante, però, questo genere di allarmi, il quadro complessivo si compone soprattutto di fattori abilitanti molto concreti e almeno apparentemente ineluttabili come: l’andamento del PIL mondiale, che ha completamente assorbito l’impatto della crisi ed ha ripreso la sua progressione di crescita; la proliferazione di Paesi emergenti con tassi di crescita superiori a quelli delle economie storicamente più forti; l’allargamento, nei Paesi emergenti, del perimetro del ceto medio, ossia della quota di popolazione che manifesta e si può permettere un orientamento verso il consumo simile a quello riscontrabile nelle economie avanzate; l’andamento del turismo internazionale, in crescita costante ovunque e con particolare riferimento a quei Paesi emergenti dove il ceto medio sta crescendo; l’aumento delle persone che si spostano per cambiare Paese di residenza in via definitiva o temporanea, siano essi profughi, migranti economici, studenti in formazione, cervelli in fuga o semplicemente persone alla ricerca di condizioni di vita e lavoro differenti; la progressiva riduzione dei costi del trasporto, dello shipping come del trasporto aereo, che diventano via via favorevoli grazie alla progressiva liberalizzazione di tutti i settori; la continua crescita dell’e.commerce e della domanda di logistica ad essa correlata; l’assenza, per il momento, di un reale e diffuso inasprimento dei dazi doganali.
Tutti gli elementi descritti, nel loro complesso, giocano a favore di una crescita complessiva dell’economia dei flussi e di una continua diversificazione al suo interno, che si traduce in mappa sempre più dinamica e variegata di nuove rotte sia di persone che di merci. Da qui, l’importanza di intercettare i flussi turistici e il ruolo sempre maggiore che un settore industriale quale quello aeroportuale è chiamato a svolgere per competere a livello europeo e mondiale.
L’Italia, che possiede da sempre tutti gli elementi per ritagliarsi un ruolo significativo all’interno di questa mappa, solo di recente comincia a mostrare di averne compreso l’importanza. D’altra parte, dagli anni del miracolo economico fino ai primi anni del nuovo millennio, il Paese è rimasto concentrato più sulla produzione manifatturiera che sulla valorizzazione di alcuni suoi specifici asset strategici (posizione, attrattività, ecc.). Oggi è evidente che il capitale fisso di cui il Paese dispone, ossia il suo patrimonio ambientale, storico artistico e culturale, può essere valorizzato in misura ben superiore a quanto attualmente avviene. L’interesse per l’Italia e per tutto quanto può offrire cresce nel mondo in stretta correlazione con tutti i fenomeni di natura globale sopra descritti.
Continua il 2 Novembre.