Il dado lo trasse Monicelli quando a Pisa cercava le comparse per Amici miei Atto II. Era il 1982 e nella piazza dei Miracoli c'erano centinaia di giovani pronti a fare il provino. E tra gli altri il regista scelse lui, Renato Raimo, ventenne pisano figlio di un farmacista iscritto al primo anno di Medicina per quella scena famosa dello scherzo in cui si finge di raddrizzare la Torre pendente.

Un segno del destino essere lì insieme a Tognazzi, Moschin, Montagnani, Celi e tutta l'allegra brigata; una dolce musica il suono della voce di Monicelli che diceva: "Azione". E poi ricevere persino un compenso, il primo della sua vita. Il giovane Renato già ce l'aveva in testa di fare l'attore, anche se obbedendo al padre si era messo su una strada più sicura per il suo avvenire. Ma l'episodio fece di nuovo scoppiare la passione e lui si accorse che non poteva resistergli. Così abbandonò Medicina che non gli lasciava spazi liberi, si iscrisse a Farmacia, perché, da ragazzo concreto, voleva comunque qualcosa di sicuro da cui partire, però decise di cominciare da subito a rincorrere il suo sogno, qualsiasi fosse il prezzo.

Da allora Renato Raimo non ha mai smesso di calcare le scene. Tutte. Dalla Tv al teatro, passando attraverso il cinema. La lista delle sue interpretazioni è lunga quasi come le avventure di Don Giovanni che Leporello sciorina davanti a Donna Elvira. Lo abbiamo visto per tre stagioni, fino al 2016, nella soap opera CentoVetrine in onda su Canale 5; ma lo troviamo anche in Don Matteo, La squadra, Carabinieri, Un posto al sole d'estate; con Flavio Insinna in Ho sposato uno sbirro e con Elena Sofia Ricci in Che dio ci aiuti 3, solo per citare alcune serie Tv in cui ha fatto parte del cast. Per il cinema è passato dai più leggeri Scusa amore ma... a ruoli più impegnativi come Giulio nel film L'amore rubato e Antony ne L'aquilone di Claudio. Il teatro è stato il suo primo amore, da quando girava per le piazze con il gruppo teatrale Il Canovaccio. Dopo ha calcato i palcoscenici d' Italia trasformandosi da Lisandro, in Sogno di una notte di mezza estate, a Trissottino ne Le femmine sapute di Moliere; da Antonio (Il mercante di Venezia) a Dick (Provaci ancora Sem). Fino ad arrivare alla regia con L'importanza di chiamarsi Ernesto e La ragione degli altri, e poi dare spazio anche alle sue idee attraverso, ultimo in ordine di apparizione, Silenzi di guerra, dramma di un padre a cui la guerra ha strappato un figlio, nei cartelloni teatrali della passata stagione.

Dopo i due premi da poco ricevuti - Renzo Montagnani alla carriera e Apoxiomeno - il suo carnet è pieno di impegni. E di idee. Intanto nel corso dell'estate ha portato in giro un nuovo spettacolo Spogliati nel tempo in cui lui e Isabella Turso, pianista, raccontano come sia cambiato il modo di scrivere Ti amo dal Settecento ai giorni nostri. In programma anche un film con il regista Pietro Sanna sul confronto tra Stato e malavita sarda mentre lo stesso Raimo sta lavorando alla produzione di una serie tv poliziesca ambientata in una tranquilla cittadina di provincia come Pisa e in cui lui interpreta il ruolo di un criminologo. Per finire, un film ambientato a Firenze che racconta una storia vera, quella di Carlotta Filardi, una giovane donna il cui nome è legato alla legge Carlotta, grazie alla quale chi è colpito da tumori non deve più essere sottoposto al visite fiscali. "Carlotta è una donna straordinaria", racconta Raimo, "che ha trasformato il suo calvario in una fiaba, La principessa Futzia, oggi diventata un aiuto efficace per quei genitori che devono accompagnare i propri figli sulla difficile strada della guarigione. Recitando alcuni passi della fiaba di fronte a dei bambini, ho sentito la necessità di coinvolgere Carlotta e di scrivere una sceneggiatura sulla sua storia. Felice, lei ha detto di sì". Il titolo del film sarà L'invincibile estate e le riprese stanno per cominciare.

Teatro, cinema, televisione: non ti stanchi mai?

Io vengo da una gavetta lunga che mi ha preparato anche sorprendermi in situazioni diverse. Non riesco proprio ad immaginare un attore che non sperimenti tutte le realtà. Per la verità ho fatto anche musical, che non è un genere facile soprattutto se, come me, non sei nato come cantante. Però mi sono educato al canto...

Vuoi dire che attori non si nasce, ma si diventa?

Assolutamente sì. Ai ragazzi che mi chiedono consigli, io rispondo sempre che prima di tutto si devono divertire. Recitare è un gioco: non è un caso che in inglese si dice to play e in francese jouer. Ci sono poi delle capacità da sviluppare e per questo occorre un percorso che prima si comincia e meglio è. Non basta frequentare l'Accademia di arte drammatica per diventare un attore. Ci vogliono le piazze perché è lì che ti accorgi se fai bene o se fai male; è lì che si incontra il pubblico, lì che si guadagnano i primi applausi.

Tu, però, oltre a fare l'attore, hai continuato anche a fare il farmacista. Dove metti la testa e dove il cuore?

Io ho preso regolarmente la mia laurea a 24 anni e mi sono specializzato in fitoterapia e omeopatia. Gestisco una farmacia molto particolare dove tradizione e avanguardia convivono. Per un anno ho anche insegnato tecnologie erboristiche all'Università di Pisa con un bando a progetto. Scrivo per riviste di settore e ho anche un blog con oltre 50.000 visualizzazioni dove rispondo alle domande degli utenti come esperto in fitoterapia. Tutta roba sudata, investendo il mio miglior tempo. Dove sta il mio cuore? In entrambe le attività, sia quella di farmacista che quella di attore, perché è proprio il cuore che non mi fa sentire il sacrificio. Per quanto riguarda la testa, quella ci vuole sempre, è sempre bene tenerla ben salda sulle spalle.

Parliamo dell'amore. Secondo te fa bene innamorarsi?

Dipende cosa si intende per amore. Io ho un brutto ricordo dell'innamoramento perché mi faceva stare male. Da ragazzino mi innamoravo ogni 5 minuti, ma non ero mai corrisposto... In realtà la mia forza nel lavoro e il motivo della mia tranquillità viene dalla mia famiglia. Sono sposato da 25 anni e ho due figlie, Elisabetta e Camilla, di 23 e 20 anni. Siamo tutti farmacisti, anche la più piccola si è iscritta a questa facoltà. Ecco, sì, potrei dire che io sono sempre più innamorato della mia famiglia.

Per te la famiglia è stata un traguardo?

Sì, e lo è ancora. Tutto ciò che faccio perderebbe senso se non ci fosse un equilibrio in famiglia. Sarebbe come essere zoppo.

Loro ti seguono nel tuo percorso di attore?

Loro mi criticano, e anche molto. Ho anche detto dei "no" ad alcune proposte perché le figlie non erano d'accordo. Mia moglie, invece, ha capito di più la mia passione e mi ha lasciato libero di seguirla. Anche se è molto riservata, in realtà è una complice piena. Però sa che non le ho mai tolto nulla.

Una famiglia perfetta e la farmacia: per fare l'attore non hai dovuto rinunciare a nulla?

Forse ho abbandonato un po' le amicizie. Ci sono state persone che ho visto allontanarsi da me. Gli amici veri, però, quelli mi sono rimasti.

Non è che forse il successo ti ha cambiato?

Non mi sembra. Io ho sempre gli stessi valori. Anche perché altrimenti mia moglie e le mie figlie non me lo perdonerebbero. Sono tre donne con caratteri importanti e non potrebbero accettare che vivessi di immagini.

Più tenero o più severo verso le figlie?

Sia io che mia moglie abbiamo scelto di non essere "amici" dei figli, bensì di fare i genitori. Quindi non sono mancati i "no", e continuano ad esserci... Il cellulare è stato loro concesso a 14 anni, quando già i loro coetanei ce lo avevano e per Facebook hanno dovuto aspettare i 17 anni, tanto per fare degli esempi.

Insegnamenti?

Ho voluto che capissero che i sogni vanno perseguitati. Non solo perseguiti, proprio perseguitati. Quando vuoi qualcosa, te lo devi andare a prendere, non puoi pensare che qualcuno te lo regali. Devi combattere per averlo. La mia vita è stata tutta così: mai niente in discesa.

Uno concreto come te considera più importanti i sogni o i soldi?

Sicuramente i sogni. Però siccome, appunto, sono un tipo pratico, ho sempre cercato di far quadrare i conti e non ho mai fatto il passo più lungo della gamba.

Essere bello è un vantaggio o no nel mondo dello spettacolo?

Va bene, so di essere un bell'uomo, però vorrei anche che venisse considerato che nel mondo del cinema di belli ce ne sono un'infinità. E poi c'è il fattore età: io ho 54 anni...

Va bene scriverlo?

Certo, la mia data di nascita è dappertutto. Comunque, non posso negare che l'aspetto fisico sia di aiuto, ma ciò che conta veramente sono le qualità di un attore.

Per un bello è un problema il tempo che passa?

Non ho mai pensato al tempo che passava. Improvvisamente sono apparsi capelli bianchi sulle tempie; ma invecchiare con un benessere interiore non fa paura perché l'importante è quello che riesci a comunicare.

Qual è il tuo tallone d'Achille?

Vado in crisi quando mi sento preso in giro, quando avverto una mancanza di rispetto, di sincerità. Incasso molto male: non mi ci sono ancora abituato.

C'è qualcosa che ti manca?

Mi manca avere l'opportunità di raccontarmi in una storia, in un film che mi dia la possibilità di dimostrare quello che ho maturato. In altre parole vorrei che un regista puntasse su di me, che avesse fiducia in me. Lo pensavo a 20 anni e lo penso adesso che ne ho 54. Guai sentirsi arrivati!

Per quale regista vorresti fare l'attore protagonista?

Non c'è dubbio che Paolo Genovesi mi interesserebbe molto per il suo modo di raccontare i drammi facendo riferimento alla vita quotidiana. Lui riesce a riportare il cinema italiano nell'ottica di una commedia che racconta anche le tragedie, piccole e grandi, pur senza dimenticare che intorno c'è la vita di tutti i giorni. Ma mi piacerebbe essere diretto anche da Francesco Bruni, che stimo moltissimo.

Cosa farai per riuscirci?

Continuerò a fare quello che ho sempre fatto. Lavorare e ancora lavorare. Questo è fondamentale. Poi ci vuole anche un po' di fortuna...