Quest’anno ricorre anche il centenario della nascita di uno dei capolavori della letteratura italiana, la poesia Mattina di Giuseppe Ungaretti.
Famosa per la sua brevità e la sua intensità, la lirica è stata scritta a Santa Maria La Longa, in Friuli, un comune tra Udine e Palmanova, al tempo in posizione ideale per le retrovie dell’esercito italiano, coloro cioè che venivano inviati a riposo dopo essere stati sulla prima linea del fronte. Proprio lì, in una delle numerose baracche in legno che vennero costruite appositamente per ospitare la truppa, si trovarono a riposo soldati interventisti del calibro di Gabriele D’Annunzio e Ungaretti che scrisse Mattina il 26 gennaio del 1917.
Sul luogo, da alcuni anni, è presente un monumento, opera dello scultore friulano Franco Maschio: si tratta di una statua al centro di Piazza Divisione Julia, che raffigura un essere umano che si alza e si inarca. Poco lontano, si trovano delle pietre carsiche con incise le poesie di Ungaretti prodotte là. Ungaretti scrisse M’illumino/ d’immenso a indicare come il sole lo stesse abbracciando in quel freddo inverno, dandogli una sensazione non solo di luce in un mare di tenebre, come quelle della guerra che lui stesso aveva ben tracciato con liriche precedenti, ma anche di calore, un bagliore di umanità e di vita normale in un mare di assurdo. Inizialmente intitolata Cielo e mare, composta in modo più lungo (“M’illumino/ d’immenso/ con un breve/ moto/ di sguardo”), la poesia è famosa perché riesce a indicare come l’essere umano può elevarsi a condizione universale, con quel grado di universalità che gli è proprio e che riassume nel suo piccolo, mondo in miniatura stagliato nell’immensità dell’umanità.
Sarà con il titolo di Mattina, definitivo, che Ungaretti includerà la lirica nella raccolta Allegria di naufragi del 1919 e poi ancora nella sezione Naufragi nelle edizioni successive di Allegria. Tecnicamente, la poesia si compone di quattro parole, in due versi liberi, con settenario spezzato, esempio lampante dell’Ermetismo ungarettiano, anche se ancora non completamente sviscerato e giunto a compimento. Se è vero che il tempo era poco, la situazione precaria, alcuni versi tracciati sulla carta delle pallottole, in piedi in trincea, è anche vero che nessuno come Ungaretti riuscì a dare alla parola, alla singola parola, il valore profondo che possiede intrinsecamente, elevandola a elemento fondante di una nuova umanità, di un nuovo percorso non solo letterario. Pertanto Mattina ha una fama meritata, che travalica le frontiere italiane.
Giuseppe Ungaretti figura tra gli interventisti italiani, fautori pertanto di un intervento bellico che desse ai giovani la possibilità di emulare i padri o i nonni, eroi del Risorgimento, impegnandoli nella liberazione dei territori ancora austriaci, il Trentino e il Friuli. Diverrà una voce importante contro la guerra, una delle forme più assurde di brutalità dell’essere umano, secondo il poeta.