Figura eclettica, di provenienza classica che convive con gusti e pratiche popular, Dante Roberto è docente di Accompagnamento Pianistico, Lettura della Partitura, Lettura dello Spartito e Pratica del Repertorio Vocale presso l’Istituto Musicale di Alta Cultura G. Paisiello di Taranto. Ha studiato pianoforte sotto la guida di Cesare Campanelli, diplomandosi brillantemente al Conservatorio Giordano di Foggia, ha compiuto approfondimenti e perfezionamenti con personalità del calibro di Hector Pell, Maria Lucrezia Pedote, Aquiles Delle Vigne e Franco Scala.
Nel suo curriculum spiccano numerose collaborazioni, dall'Orchestra Scarlatti di Napoli all’Orchestra sinfonica della Provincia di Taranto, alternando lavori teatrali e commedie musicali. In veste di concertista si è esibito in importanti manifestazioni, dinanzi a presenze istituzionali come Scalfaro e Ciampi, a Genova, Venezia, Roma e Torino, ma anche negli Stati Uniti. Ha anche pubblicato due testi di sostegno alla didattica (Ricordi), un testo ad uso delle scuole medie a indirizzo musicale (Mondadori-Pearson) e due testi per Sedamusica.
All’attività di docente e concertista affianca quella di compositore, avviata sotto la guida di Riccardo Saracino e proseguita presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Tra concerti dedicati a Gershwin, recital lirici e opere di Stravinskji e Kurt Weill, Roberto non disperde il suo amore per il progressive-rock e il metal. A diciotto anni aveva fondato una band di prog-metal nella sua Taranto, trasferitosi a Roma ha collaborato con Simone Sello, Rodolfo Maltese, Manuela Villa e Gerardina Trovato, poi coi il flautista classico/jazz Maurizio Orefice.
Rituffatosi nella classica come docente e compositore, ritorna alla sua passione rock assemblando spunti giovanili del periodo romano e nuove idee, che hanno dato vita al suo esordio da solista The Circle, uscito nel mese di giugno 2017 e distribuito da BTF.
The Circle: una conversazione con Dante Roberto
La circolarità, il tempo, la ciclicità. The Circle sembra voler alludere a un eterno ritorno che riguarda anche la tua storia di compositore, visto che questo tuo album torna a idee e spunti del passato, tradotti alla luce della tua maturità…
Inizialmente i brani nascono collegati come in un viaggio iniziatico. Successivamente l’attenzione si è rivolta al concetto del tempo circolare contrapposto a quello lineare. Partendo dalla constatazione che alcune idee musicali del passato che sono in The Circle non si sono rivelate superate ma assolutamente vive e meritevoli di sviluppo, si è ragionato su aspetti filosofici e di fisica attinenti, sul tempo rituale, sulla rinascita del pensiero armonico. In fondo la musica se non è legata a fenomeni di moda è “musica” in ogni tempo.
Una delle cose che più stupiscono è questa tua capacità di far convivere il tuo lungo percorso classico con gli amori rock, prog e metal. È una connessione stridente o esiste un modo perché sia naturale?
Tutta la musica Classica Prog Jazz Metal convive in me da sempre anche se non si era, fino a The Circle, ancora espressa. La caratteristica di The Circle è non essere stato scritto in uno stile definito per una destinazione precisa. È pura esplosione di musica senza barriere di genere.
In base ai tuoi studi, alle tue pratiche e alla tua sensibilità, che cosa pensi abbiano in comune la musica colta e l’esperienza progressive rock?
Farò una piccola premessa. La musica colta dell’800 oggi non può essere imitata e scritta in modo credibile, la musica del ‘900 da un certo momento in poi ha seguito un percorso razionalista che l’ha allontanata dal pubblico. Cosi la musica di tradizione, intendendo con essa quel filone che dalle esperienze di Satie e Debussy vicine a una sensibilità antica medievale e proseguita attraverso il blues negli USA e tutta la musica popolare in Europa, ha sempre più rimpiazzato un vuoto lasciato da una deriva razionalista del ‘900 musicale. L’esperienza del progressive rappresenta un momento straordinario di contaminazione tra generi musicali, e anche un momento di grande libertà espressiva in cui il mondo classico ottocentesco e dei primi del ‘900 è stato ripreso, più che nei suoi contenuti linguistici, soprattutto nel tentativo di uscire dallo schema canzonettistico degli anni ’60. E tuttavia la sintassi del progressive rock, metal, e tutto ciò che dagli anni ’70 è nato, è profondamente diversa da quella della cosiddetta musica colta.
Quali sono gli artisti, sia rock che classici, che consideri i più influenti sulla tua scrittura?
È difficile per me rispondere a questa domanda, il mondo classico fa parte di me al punto che non sarei in grado di dire quale autore sia più importante. Nel mondo della musica di tradizione le mie influenze vanno piuttosto indietro nel tempo. Diciamo che ancora oggi mi capita di ascoltare con un certo gradevole stupore alcuni lavori di Emerson, Lake and Palmer, o pianisti come Chick Corea. Ma non posso negare che gruppi come i Dream Theater abbiano avuto il merito di aggiornare il progressive con sonorità nuove provenienti dal metal.
Dunque sei un amante del prog-metal, genere che da sempre divide i puristi dell’uno e dell’altro versante. Quali sono i pregi e quali i difetti di questa corrente?
Uscirei dalle classificazioni, parlerei di musica che cerca più insistentemente risultati commerciali di vendite e musica che prova a cercare situazioni meno prevedibili e che provi a rapire l’ascoltatore. Ci può essere buona o cattiva musica del primo o del secondo genere, ognuno scelga a seconda del proprio momento emotivo quale ascoltare.
Torniamo a The Circle. Sette brani, compresa una suite d’apertura, che spaziano tra prog, rock, metal e fusion. Qual è il filo conduttore di questo ampio e sfaccettato “cerchio musicale”?
Il filo conduttore è la musica senza barriere e preconcetti, senza percorsi preordinati o confezionati. Se esiste un filo conduttore lo potrei ricondurre a un certo power-sound presente in tutto il disco. In realtà salvo Toccata tutti i brani hanno una ricca presenza di guitar power che ovviamente irrobustisce notevolmente il suono.
The Circle ti vede alla guida di una band ristretta, con bassista e batterista, coadiuvata poi da vari chitarristi.
La scelta di vari chitarristi è legata alle necessità stilistiche di ciascun brano difficilmente riducibili a un solo chitarrista. Pur essendo un pianista ho sempre avuto un occhio particolare per la chitarra e per le sue peculiarità melodiche. Per cui ho avuto grande attenzione alla scelta dei musicisti, scelta ripagata con uno lavoro straordinario dal punto di vista della professionalità e dell’ispirazione trasfusa. Salvatore Amati al basso è stato un caposaldo del progetto sin dal suo inizio pur essendo impegnato in suoi progetti paralleli. Alessandro Napolitano lo conoscevo da tanto e quando ha preso forma il progetto non ho potuto che pensare a lui per la sua versatilità e il suo eclettismo.
Quali sono le differenze tra il Roberto compositore classico o per il teatro e il Roberto autore rock? Approccio, sviluppi e risultati sono imparagonabili o pensi ci sia un elemento comune?
Sono mondi abbastanza diversi e lontani che comportano un approccio e tecnicalità differenti. L’ideale sarebbe farli convergere in un prodotto che ne sintetizzi il linguaggio, ma non mettiamo limiti… chissà.
The Circle avrà anche un’estensione live o lo hai concepito esclusivamente come esperimento di studio?
Ci sarà il live di The Circle, del resto per me la musica si è sempre espressa nella situazione live e credo che The Circle non farà eccezione.