Prima dell’inizio della conferenza stampa una domanda, inespressa ma diffusa è certamente: Come si fa a pronunciare un cognome con tutte quelle X e tutte quelle H? Niente paura: ci viene in soccorso Eike D.Schmidt, il direttore delle Gallerie degli Uffizi che, nella veste di curatore di questa mostra insieme con il critico d’arte Diego Giolitti, ha il compito di presentarci l’artista albanese. La pronuncia del cognome ha un suono dolcissimo e, seconda meraviglia, Helidon Xhixha, parla perfettamente italiano, quando, chiamato in causa, ci illustra la genesi delle sue opere, fino al 29 ottobre collocate in luoghi nevralgici di Firenze, al Giardino di Boboli, a Palazzo Pitti, alle Gallerie degli Uffizi e a Piazza San Firenze.
Fortemente voluto da Schmidt, che ha intravisto la potenza che si sarebbe generata mettendo a confronto opere d’arte di due epoche diverse, l’artista non si è fatto pregare e, nell’arco di otto laboriosissimi mesi, ha deciso quali fra le sue sculture in acciaio portare a Firenze, e quali e quante opere site specific realizzare, dopo aver visionato i luoghi a lui offerti.
Eike D. Schmidt è divenuto suo nume tutelare, insieme con Bianca Maria Landi che, in qualità di responsabile del giardino di Boboli ha illustrato a Xhixha il potere riflettente delle superfici verdi e in pietra nelle varie ore del giorno, essenziali allo scultore per dare la giusta collocazione a ognuna delle sue creazioni. Si tratta di sculture monumentali, in acciaio inossidabile, specchianti ma con alcune parti sbalzate. Oltre all’ideazione, richiedono di essere messe in rapporto strettissimo con l’ambiente, per fondersi con esso al suo mutare, in un gioco di feedback davvero nuovo e affascinante. L’ideazione nasce e si sostanzia della sensibilità per l’ambiente che è propria di Helidon, per cui le opere riscuotono grande successo a ogni livello, dai bambini alla critica. C’è la possibilità di interagire con questi mastodonti, tutti allungano la mano per toccarli, per partecipare al mondo che rispecchiano, in una mobilità di luci e colori. Pazientemente, lo scultore a sera ripassa con un panno morbido le superfici, per togliere le opacità provocate dai contatti quotidiani con i visitatori.
Xhixha oggi vive e lavora tra Milano e Dubai. È figlio d’arte, e proprio grazie al padre, già in giovane età ha scoperto la propria vocazione alla scultura, che è diventata nel tempo sempre più conosciuta e premiata. Le sue opere oggi sono presenti in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo; il suo lavoro più famoso è forse Iceberg, dedicato al tema del cambiamento climatico: una massa potente di acciaio emergente dall’acqua, fu la prima installazione mai autorizzata a galleggiare sul Canal Grande durante la Biennale di Venezia del 2015. L’opera riscosse notevole eco anche su media internazionali, come The New York Times, The Guardian e la CNN.
In Ordine Sparso è il titolo della mostra fiorentina, dove si esplora l’idea di caos e ordine in uno straordinario percorso attraverso quindici fra sculture e installazioni monumentali. Otto opere sono inedite, create, come detto, in relazione ai siti fiorentini. È il proseguimento di una sofisticata indagine intellettuale ed estetica che affonda le sue radici già nel XVI e XVII secolo, per offrire nuove interpretazioni sul tema dell’intreccio tra arte e natura così caro in quei secoli agli artisti dei Medici, che usavano creare sorprendenti fontane e grotte meravigliose. Alcune opere inedite hanno per titolo Ordine e Caos, Helium, Neon, e sono esposte nell'Anfiteatro del Giardino di Boboli. Altre, create tra il 2010 e il 2016 (Symbiosis, Deserto, Fragmento, Elliptical Light, Luce, The Four Elements) testimoniano la recente produzione artistica di Helidon Xhixha. Collocate nello spazio antistante Palazzo Pitti, Conoscenza e Infinito sono un tramite tra Firenze e il carattere austero e matematico della sua estetica urbana: Conoscenza riporta alla mente Fibonacci, la risposta più immediata della natura alla Sezione Aurea, mentre Infinito richiama i concetti fondamentali di ordine, equilibrio e regolarità.
Contrasta con questa serietà di intenti e con la maestria che le opere rivelano, il modo con cui l’Artista si rapporta al pubblico. Infatti è animato dal desiderio di confrontarsi con i visitatori, cui comunica il suo entusiasmo. Ci ha confessato che voleva scolpire la luce. E ci è riuscito! Questa soddisfazione si accompagna a un lavoro duro, coscenzioso, nell’accompagnare le sue creature a trovare la loro non banale collocazione. Merita un discorso a parte Caos, monumentale installazione creata per la Limonaia del Giardino di Boboli. L’artista indaga la natura con lo scopo di comprendere il caos. Ispirandosi alla Cueva de los Cristales di Naica in Mexico – dove in una miniera di piombo e argento si ergono straordinari cristalli di selenite alti fino a quattordici metri – Xhixha ha creato un nuovo ordine di strutture, in apparenza casuale e caotico, ma che a un’osservazione attenta si rivela come una risposta chiarificatrice e squisitamente intellettuale dell’uomo rispetto alla formazione naturale: imponenti colonne di acciaio rivestito da tessuto invitano il visitatore a entrare per esplorare – come in una grotta, appunto, e quasi da una dimensione lillipuziana – la potente interpretazione artistica di una delle meraviglie del cosmo.
Gli dico che mi ricorda il gioco dello Shangai, per l’apprensione con cui si pensa di poter intervenire nel muovere uno degli elementi senza che gli altri crollino. Mi risponde con un sorriso.