Ci ha distrutti il passare del tempo. La mancanza di coordinazione, dei muscoli cardiaci, del respiro. Io vivevo sempre ad un passo dopo il tuo. Sulla terra già calpestata, già dimenticata. Dove non era possibile germogliare. E cercavo di venirti accanto, di guidarti, di trainarti verso il bene, ma più provavo ad avvicinarmi, più incespicavo tra le tue gambe, ti facevo male, ti costringevo a cadere. Non sono riuscito a salvarti perché tu eri troppo veloce, perché eri un soldato cieco che porta fiero una bandiera che non conosce. Batti i piedi dove a me batte il cuore.
Ho provato a capire, a tenere un diario dei miei pensieri, dei miei accadimenti, per poter dare un ritmo al tuo accanirti. Ma tu continui a marciare e a marcire, a conquistarmi mille volte, anche se sono terra tua, che ti è nata dalle mani, e non ti tradisco, e non ti abbandono, ma tu mi esili in questo delirio di onnipotenza che è per te l'amore, mentre io mi lascio distruggere, risoffiare in vita, perché polvere sono e polvere ritornerò, da te che mi hai creato per farmi impasto di fango sul tuo tormento.
Sono le 02.00.
La notte è iniziata senza un inizio.
Sono uscito quasi per sbaglio, in questo locale senza nome io ballo con qualcuno senza nome canzoni senza nome. Le luci mi accecano, non ti vedo bene in volto.
I corpi si scontrano a ridosso l’uno dell’altro, il sudore che ho addosso potrebbe essere mio o di almeno altre cento persone. Immagino di leccarlo.
In un altro momento sarebbe disgustoso, ma la complicità di qualche drink mi fa sentire potente e sensuale. Vedendomi dall’esterno mi sentirei ridicolo.
Cosa ci faccio qui?
Mi avvicino e ti sussurro all’orecchio.
Sono le 03.00 Sono la notte; sono buio e ti ingoierò intero.
Ora siamo a casa tua. Ignoro come io ci sia arrivato. È lo scheletro di una vera casa, pochi oggetti sparsi lasciati qua e là ne compongono un mobilio casuale. Ci faccio poco caso.
Adesso ti vedo meglio. Hai una grossa mascella, somigli a un rottweiler.
Ti vedo aprire la bocca pronto a mordere, e non so più se sono in piedi o disteso, dove sono i miei vestiti, dove sono i tuoi, dove siamo noi.
Sono le 04.00
Mi chiedo se sia io a consumare la notte o lei a consumare me.
È sempre più buio qui, non so dove tu sia ma di certo non sei chi mi sta accanto in questo letto che puzza di rimpiazzo. Mi alzo e cerco goffo i miei vestiti. Mi ricompongo come un puzzle senza essere sicuro che tutti i pezzi siano nel loro posto corretto. Non lo sono.
Torno a casa.
Sono le 05.00
La mia testa non gira più, la notte sta appassendo.
Prendo sonno pensandoti e non so dire se ci scivolo piacevolmente o se sbatto il cranio contro il tuo ricordo.
Sono le 06.00
È quasi l’alba, seppur insicura.
Anche oggi avrei voluto farti vedere quanto sarebbe potuto essere facile.
Tu che mi guardi con gli occhi del sonno, sfuggito alla notte sorridi.
Io che mi giro di lato, mi abbracci e scivoli in me o dormiamo ancora.
Invece fuori il tempo è incerto, la notte tornerà e mi terrorizzerà.
A tutto manca qualcosa, a tutto manca una parte.
A me manchi tu.
Luciana Manco e Antonio Scialpi