Sono ancora qui, nonostante l’insonnia, nonostante un senso generale di disagio che spesso sfocia in una paura incontrollabile, nonostante ansie, angosce, nonostante dolori sparsi un po’ ovunque, insomma, nonostante tutto sono ancora qui.
In questo periodo sto consultando con maniacale assiduità due libri, Come curarsi con il magnesio e Come raggiungere la Zona. Quotidianamente bevo un intruglio amarissimo composto da un cucchiaino di magnesio diluito in acqua – non posso diluirlo con una spremuta d’arancia perché vado fuori Zona. Anche questa sera, andando a cena al ristorante, andrò sicuramente fuori Zona. In effetti sto più fuori che dentro la Zona; in compenso leggo con passione Come raggiungere la Zona. La parte del libro che proprio m’incanta riguarda le ricette pro Zona, anche perché di eicosanoidi (ormoni miracolosi) capisco poco o niente.
Le ricette invece mi fanno impazzire perché io, che sono una cuoca appassionata, non riuscirò mai a metterne insieme una sola. Ora io potrei scrivere un trattato elogiando “il pressappoco”. Pur essendo, come ho già detto, una cuoca appassionata, ho fatto sempre “a occhio”, al massimo, come punto di riferimento ho usato tazze e tazzine. Nonostante ciò, proprio per rimanere in Zona e usufruire così di quegli “ormoni miracolosi”, ho acquistato una bilancia probabilmente più adatta a pesare neonati che non quantità minime di cibo. Infatti il piatto della bilancia mi era sembrato eccessivamente lungo, ma sono una che si accontenta. Mi va bene oltre “il pressappoco” anche “all’incirca”. Se ciò che desidero non c’è, mi va bene “il simile” che poi risulta, regolarmente, essere molto diverso.
C’è molta differenza fra una bilancia per neonato e una bilancia per pesare quantità minime di cibo. Ma quando entro in un negozio non vedo chiaro e sono in balia del negoziante; non voglio metterlo a disagio. Devo uscire con qualche acquisto, anche se questo non corrisponde minimamente a ciò che avevo in mente varcando la soglia. Così, se desidero una gonna, esco con un paio di pantaloni; se voglio scarpe rosse, esco con due paia di scarpe nere e così via. Quindi, se fosse per me, in Zona non ci sarei mai entrata perché la Zona è la quintessenza della precisione (g. 21, g. 29, g. 4). In realtà, chi opera così furiosamente per entrare in Zona è l’antagonista.
E così, da questa penna, è uscita anche la parola “antagonista”. Da alcuni giorni mi gira per la testa. È arrivato il suo momento. La sua nascita nella mia scrittura. Tempo fa l’antagonista era “l’altra da sé”. Come vanno di moda le case in stile assiro-babilonese, così vanno di moda le parole “tanto per dire”, molto più fastidiose della mia “antagonista” che mantiene ancora la sua dignità.
In questo momento ricordo solo “assolutamente sì”, “punto a capo”, “assolutamente no”, “di tutto di più”, “a 360 gradi”, “in questa direzione”, “senza se e senza ma”, “e quant’altro”, ma ce ne sono tante altre di parole ed espressioni abusate. Quando una persona intercala il discorso con “punto a capo”, che cosa le passa per la mente, un’ameba? È un accidente che può capitare, sono comprensiva, ma è un sintomo. Per tentare le ragioni del sintomo scelgo però “assolutamente sì” anche se mia figlia Marcella una volta mi ha detto “se mi esce dalla bocca di tutto di più, spero mi caschi la lingua”. Ne condivido il pensiero, ma quando sento “assolutamente sì”, mi viene una specie di cedimento, mi viene proprio un colpo, forse al cuore, ancora non so bene dove. E viene ripetuto spesso, soprattutto nelle interviste per radio o in televisione. Se lo sento dire da uno scrittore, so, senza averlo letto, che il suo libro non mi piace. Sull’“assolutamente sì”, potrei scrivere un romanzo, me lo sento. Le due parole, nella loro esplicita affermazione totalizzante e rafforzativa, rappresentano una resa incondizionata. L’“assolutamente sì” mi annulla, interrompe il dialogo perché ha solo in sé stesso la propria ragione d’essere. È l’assoluto che non prevede e finisce per aumentare lo sfondo opaco dell’insignificante.
Perché non tacere? Oppure, perché non dire “condivido il pensiero, il ragionamento, la visione dei fatti” op-pure “ora riordino le idee e le rispondo”. E ancora, quei bei momenti di sospensione, di silenzio, per poi riprendere la parola che, per quegli attimi di silenzio , acquista autorevolezza. Compiere così, con la propria autenticità, il salto dei luoghi comuni, in questo caso delle frasi consunte dall’uso. Se, dopo aver espresso un mio parere, mi viene detto “assolutamente sì”, mi chiedo dove ho commesso l’errore.
Ma oggi è domenica e l’antagonista, per trascinarmi in Zona, annulla il piacere di una buona cena in compagnia di amiche e amici. La mia antagonista è molto più potente di me - ci vuole poco per essere più potente di me, un nonnulla - e così, dopo la bilancia “pesa-neonati”, compro una zucca gialla di 1 kg di peso; biologica naturalmente, di quelle che costano il triplo di una normale zucca gialla. Leggo ripetutamente la ricetta e - di zucca - ne devo usare 29 g. Prendo d’assalto la zucca e la bilancia: più che sminuzzare, accoltello, poi aggiungo, tolgo. All’incirca ci sono. Ma in Zona l’espressione “all’incirca” non esiste.
Sono stanca e avvilita. Scendo in cantina, prendo la bicicletta e come ogni giorno vado al negozio di prodotti biologici Bios e compro pranzo e cena pro Zona in vaschette già pronte, pesate e sigillate. Praticamente buona parte del mio stipendio è anche lui pro Zona come me. Tutti i giorni. Non compro solo due pasti pronti perché, per rimanere in Zona, di pasti ne devo fare cinque: tre pasti per così dire normali - normale, parola diabolica - e due spuntini.
Questa dieta è originale perché si mangia anche prima di andare a letto. Quindi, non solo compro due pasti pronti, ma anche barrette da un milione di dollari, polveri proteiche, pillolame vario e soia, soia e ancora soia. Mah! Questo è il gioco perverso tra me e l’antagonista. Così tra un piede, dentro la Zona, e uno fuori la Zona, si consuma il mio tempo. Ancora per poco, perché nel cloruro di magnesio ci deve essere, per la forza della sua amarezza, un po’ di arsenico.