I cuori dei forti possono guarire
(Iliade 13, 115)
Che cos’è l’Iliade? Solo un’esaltazione della guerra e dei duelli guerreschi? Solo una declamazione di corte ad uso dei vincitori?
Il tema principale è l’ira e la gloria. Tutto è mosso dall’ira. L’ira di Apollo per l’offesa al suo sacerdote-ambasciatore, Crise; l’ira di Agamennone costretto a restituire una preda di vittoria, l’ira di Achille a sua volta predato. Odisseo, Menelao, Aiace, Diomede spesso in preda all’ira nelle battaglie, e infine il passaggio dall’ira di Achille che non combatte all’ira di Achille che combatte dopo la morte di Patroclo. Ira e Gloria.
Ma c’è un altro tema intimamente insito in questi: la Persuasione. L’Iliade è il poema delle ambasciate e degli araldi. Loro i protagonisti delle convocazioni, dei sacrifici propiziatori, dei tentativi di mutare l’ira in gloria e la gloria in ira. Delle molte ambascerie e contro-ambascerie una delle più celebri quella di Fenice e di Odisseo presso Achille, immortalata anche da un celebre vaso conservato al Louvre, dove Achille appare avvolto in un manto, alienato, sconvolto, Hermes pensoso, come Fenice, e unico parlante, in piedi: Odisseo il fascinoso parlatore le cui parole scendono dolci e numerose come fiocchi di neve, a detta di Priamo. Non solo: all’ira e alla persuasione umana nell’Iliade si mescola continuamente l’ira e la persuasione divina. Atena, Afrodite, Hera, Apollo, Poseidone si mascherano più volte da guerrieri achei o troiani per motivare il cuore dei combattenti, agire da persuasori, talvolta ingannevoli come il sogno mandato da Zeus ad Agamennone e la visita di Hera da Zeus con l’incantante e arcobalenica cintura di Afrodite.
Il poema omerico è un raffinato trattato di retorica motivazionale. Vince chi ha il cuore unito, non diviso, determinato. E di solito chi lo ha è grazie alla presenza di una divinità che lo incita! Se riflettiamo attentamente né Achei né Troiani smaniano di combattere. Appena possono cercano di affidarsi a singoli duelli risolutori. Agamennone in crisi finge di “mollare” per motivare per reazione, tramite Odisseo, tutti i capi Achei e finisce così per rafforzare la sua leadership! Audace ma efficace strategia psicologica! L’Iliade è poema di scettri aurei, a partire dal motivo della superiorità di Agamennone: possiede lo scettro osseo di Pelope, che venne dalla Lidia a Pisa, vicino ad Olimpia e dominò su tutta la Grecia, per questo Achille deve cedere all’avido re.
Tutta la guerra contro Ilio può essere vista quale vendetta della stirpe di Pelope contro la stirpe di Ilo, che scacciò dalla Frigia e dalla Lidia Pelope. Non solo: la guerra contro Ilio è una guerra magica, sacra, rituale. Il poema si chiama “Iliade”, non Achilleide! Il centro magico del racconto è la desiderata conquista del sacro Palladio e l’abbattimento della rocca di Ilo. Elena è un totem vivente, è la grande sacerdotessa dell’Afrodite dell’Ida, Palladio vivente. Chi controlla Elena controlla l’Asia e Creta. Elena non è vittima ma signora di riti magici. Elena l’incantatrice. Cerca di incantare Ettore, che le sfugge resistendo alla sua offerta; domina Paride tramite il rito dello sfregamento di una pietra sanguinante, che eccita il desiderio, permette l’ingresso di Odisseo in Troia e il furto del Palladio. Elena a Troia vive una seconda vita, come rinata da un rito di iniziazione cui è stato mistagogo Paride, il pastore dell’Ida amato dalle ninfe e “incoronatore” di Elena a nuova “Esione”: Ninfa dell’Asia. Dall’alto delle sacre mura di Troia a un Priamo che non riconosce da lontano i capi Achei Elena li illustra, accennando alla sua precedente vita greca con un sibillino: “se mai fui questo…”, come se fosse in trance, come se fosse rinata a Ilio dalla morte della sua precedente vita.
Così accade in ogni iniziazione. Ilio e la sua intangibilità dà gloria a chi combatte per distruggerla. La rocca di Ilio è la rocca dell’osseo Palladio, coperto da vello, sconsacrato per il Cielo ma sacro per la terra ed è anche la rocca di Ate, colei che acceca il cuore dell’uomo, motore dell’ira, e, quindi, della gloria. La fine di Troia sarà la fine di Zeus e del tempo degli eroi. Zeus sa che non può far vincere i Troiani. Il suo scopo è solo dar gloria a Ettore e a Teti, che lo salvò da una rivolta degli altri dei. Lo scopo di Zeus è che il massacro fatale degli eroi, deciso da Ananke e da Ge, più forti di ogni divinità e di lui stesso, sia un “massacro equilibrato”, che unisca nel dolore e nella gloria sia Achei che Dardanidi, stessa stirpe. La guerra di Achei contro Dardanidi presenta ben 12 antefatti e 14 condizioni di successo, 14 prove che gli Achei devono superare e avverare per poter vincere l’Impero di Troia.
Ecco gli antefatti: Hermes coglie il segreto profetico di Prometeo, il conseguente matrimonio di Teti e di Peleo, la mela d’oro e il giudizio delle tre dee, Pelope scacciato da Ilo dalla Lidia e dalla Frigia, l’ambasciata fallita di Anchise e Antenore per la restituzione di Esione, Afrodite che si unisce ad Anchise generando Enea, l’Uovo di Nemesi da cui nasce Elena, la conquista di Apemosine da parte di Hermes (= indebolimento della Licia), Hermes ed Heracle da Onfale (indebolimento della Meonia/Lidia, da cui viene Pelope), la morte di Mirtilo e la conseguente sua maledizione sulla stirpe di Pelope, da cui verrà la morte di Agamennone e i dolori del ritorno per quasi tutti i capi Achei, Menelao che prega sulla tomba di Lico e di Chimero in Troade (incontra Paride, Enea, Antenore. Amicizia con Paride che chiede a Melenalo di purificarlo a Lacedemone), l’ambasciata di Paride da Menelao per Esione e per farsi purificare, Menelao che va a Creta con Palamede per la morte del nonno Catreo, figlio di Minosse.
Ecco le 14 prove/condizioni per vincere Ilio: la presenza di Odisseo e di Achille, convinto con l’astuzia il primo da Palamede, il secondo da Odisseo, il sacrificio della piccola Yfigenia, la pace con Telefo re di Misia, discendente di Pelope, la vittoria alla lotta di Odisseo contro Filomelide, l’amico delle ninfe delle mele, a Lesbo, le frecce di Heracle, custodite da Filottete a Lemno, la conquista dei cavalli di Enea, che vengono da quelli divini di Troo (catturati da Diomede), ll furto dei cavalli traci e l’uccisione del re Reso (Diomede, Odisseo), l’osso della scapola/braccio di Pelope (= lo scettro di Agamennone), il furto del Palladio, la morte di Troilo (Troo + Ilo - figlio di Priamo/Apollo), la morte di Ettore e di Achille, la presenza di Neottolemo, l’idea di Palamede: il cavallo; ed Epeo che lo costruisce.
Sotto il sottile velo della narrazione delle battaglie tutto nell’Iliade cela una guerra più sotterranea, fatta di riti, preghiere, e sacrifici umani, come quello di Dolone, offerto ad Atena due volte: prima da Diomede che lo sgozza nonostante sia un araldo e un supplice e poi, cadavere, offerto da Odisseo sulla sua nave in un rito di vera necromanzia. Agamennone sembra un sirena quanto “tenta” gli Achei facendogli credere che vuole che tutti tornino a casa, Alessandro si veste coma Dioniso e Giasone con una pelle di pantera, Agamennone, Odisseo e Diomede si vestono con altre pelli totemiche di leone, cinghiale, Odisseo parla con il capo reclinato verso il petto sembrando “pazzo o irato” mutuando il gesto da Ananke/Nemesi, Agamennone comanda di pregare sottovoce per non “farsi sentire dai Troiani” (evitando il contro-rito del “furto della preghiera”) e così via in una guerra che sembra guerreggiata più tra sciamani che tra soldati. Odisseo infatti indossa un casco di cuoio appartenente allo zio Autolico (il Lupo) mentre Dolone indossa similmente una pelle di lupo!
Sembra una guerra tra due simili culti del Lupo: quello d’Arcadia e quello d’Asia (Lici, Licaone, Lico). Non sono pochi i parallelismi speculari tra Achei e Troiani che fanno pensare a una guerra non tra due diverse stirpi ma tra diversi santuari: Eleusi, Andania, l’Ida cretese contro Samotracia e l’Ida di Troade. Una guerra che non esclude “colpi bassi” di tipo genealogico e rituale (oggi diremmo: guerra psicologica!). Ad esempio tra i Troiani combatte l’indovino Eleno mentre tra gli Achei il “mezzo troiano” Teucro, figlio di Esione e di Telamone.
Teucro quale “anti-Paride”, il più temibile arciere di Ilio. Teucro che porta il nome del re della prima Troia, che dà sua figlia Bateia, principessa cretese, in sposa a Dardano. Ecco altre non casuali specularità su cui riflettere: Idomeneo tra gli Achei e Ideo tra i Troiani, Teti madre divina di Achille e le Amazzoni alleate di Ilio, i Mirmidoni di Ftia e le mura di Troia costruite da Eaco da cui vengono i Mirmidoni, Atena principale protettrice degli Argivi ma pure presente in simulacro nella rocca di Priamo. Quale è la colpa che grava sugli Achei: quella di Pelope contro Mirtilo. Quale è la colpa che grava sui Troiani? Il non aver donato Esione a Heracle e non aver dato i promessi cavalli immortali a Poseidone per la costruzione delle mura invincibili della troia di Laomendonte. Ybris nell’eccesso di passione per i cavalli. L’eccesso di bellezza ha sempre fregato Ilio, da Ganimede in poi. Sugli Achei le colpe degli ultimi titani, non del tutto espiate.
Tra i due estremi del fatale massacro che concluderà per sempre l’età degli eroi e aprirà dell’età del ferro, vegliano le due Parche: Elena e Penelope, le ultime invincibili e intoccabili regine delle Ninfe. Penelope la Regina delle Isole e dei figli di Cefalo (i Cefalleni), verso Oceano all’estremo ovest, ed Elena la regina di Asia e d’Egitto, a Oriente. Elena, cioè la distruttrice, che nell’Odissea starà seduta sul trono di Lacedemone trionfante come Nemesi, come Ananke: brandendo rocco e fuso, con ai piedi lana viola e un Menelao depresso, in balia delle droghe da papavero di cui Elena è egizia esperta.