David Lynch torna alla macchina da presa e come aveva già annunciato nel suo film testamento – Inland Empire – non torna al cinema, bensì sul piccolo schermo. Probabilmente scherzava – ma non troppo – con il suo amico Mark Frost dicendo che la serie sarebbe ritornata dopo 25 anni come annunciato da Laura Palmer. Probabilmente voleva essere sicuro che il pubblico chiamasse a gran voce la serie più importante della storia della televisione. Perché sì, Twin Peaks è di fatto la serie più importante della televisione. Non solo perché sviluppa un racconto d'immagini prettamente cinematografico e non televisivo, cosa unica e inconcepibile all'epoca, ma perché è uno dei punti nodali della storia dell'arte post-moderna.
David Lynch in Twin Peaks racconta per stereotipi i suoi personaggi che al tempo stesso rimangono in equilibrio su una fune molto sottile con una personalità propria. Lo stereotipo deriva dal contesto televisivo (e di questo bisogna ringraziare Mark Frost oltre che Lynch) delle soap opera, dei polizieschi e di quant'altro la televisione propinava negli anni '90, mentre lo spessore dei personaggi è dovuto all'autorialità di Lynch. Tutto sommato anche il regista stesso sa muoversi tra Hollywood (Elephant Man, Velluto Blu e Mullholland Drive) e i più grandi festival di cinema autoriale, Cannes e Venezia (Cuore Selvaggio e Inland Empire). Perciò fa parte anche del regista stesso sapersi dileguare dalla grande scena ed entrare nell'olimpo dei grandi. D'altronde è stato ammirato da Stanley Kubrick per il suo film d'esordio, Eraserhead, pellicola nella quale Lynch mostra la sua vena artistica autentica che per un primo periodo rinuncerà a riproporre fino agli ultimi film, nei quali offre inquadrature astratte e scollegate tra loro. Oltretutto, questo film ispirerà uno dei capolavori di Kubrick: Shining.
Come tutti ben sappiamo Lynch non smette di osservare, perché è questo che fa e osservando descrive la realtà o meglio l'incubo che vede. Perché se nelle tinte anni '90 c'era spazio per l'ironia, la soap opera e l'amore, nei primi due episodi della terza stagione sembra tutto scomparso. Fin dalle prime immagini dei titoli di testa, infatti, troviamo una cascata che si tinge di rosso per le solite tende che a noi fan lynchiani piacciono tanto, probabilmente un richiamo ai fiumi di sangue che scorreranno nella serie. E infatti scorrono a non finire in entrambi gli episodi. Diciamo che non è frequente il sangue come si potrebbe pensare in un film di Tarantino, ma è talmente forte che ce lo portiamo a letto – soprattutto se abbiamo seguito le indicazioni del regista che diceva di spegnere le luci per la visione della serie. Anche i pavimenti che si deformano in consonanza con la musica di Badalamenti che si distorce anch'essa, richiamano l'entrata in un regno molto più oscuro del precedente, come a dire "di qui in poi dimenticatevi del vecchio Twin Peaks perché questo è ambientato in una dimensione ancora più oscura".
Dopo ci ritroviamo con un apparente regista (metafora di Lynch stesso?) che registra un enorme cubo di vetro vuoto che dà su una finestra circolare. Questo cubo potrebbe ricordare un televisore a tubo catodico, di cui forse Lynch è leggermente nostalgico, probabilmente perché nella televisione di oggi la violenza è sempre più presente ed egli non può tirarsi indietro dall'estetica corrente. Infatti le pareti della stanza sono di un giallo-marrone che dà una forte connotazione di marcio e di corrotto all'immagine che stiamo visionando.
L'attenzione del regista viene richiamata da una visita. Una ragazza che gli ha portato il caffè e vorrebbe berlo con lui, tipica allusione sessuale di tutto il mondo, a cui Lynch da bravo discendente del surrealismo quale è non si tira indietro, anzi prima della messa in onda, consiglia la visione al pubblico armati di "caffè" e "vino rosso". La ragazza non riesce a salire con il ragazzo al primo colpo e qui entra in ballo l'identificazione dello spettatore nella ragazza, il regista le dice che il piano di sopra dove sta la scatola di vetro è "Top Secret", proprio come in Quarto Potere dove a inizio film Orson Wells ci avvisa con un cartello che stiamo oltrepassando una soglia off-limits.
Peccato che il pubblico non sa che in realtà l'inizio è volutamente noioso proprio per far sorseggiare quel "vino rosso" e "buon caffè" più velocemente fino a quando i due ragazzi non vengono uccisi da un fantasma che compare nella scatola di vetro. Chi sa, forse il fantasma è arrivato proprio perché i due avevano un rapporto sessuale accompagnato dal caffè. D'altronde, nel cinema horror il sesso è un tabù che si paga con la vita. E probabilmente Lynch è anche stufo di questo sesso esplicito che, se ben ricordate nelle prime due stagioni di Twin Peaks, è vagamente accennato e non osteggiato come fanno questi due ragazzi.
Come detto prima, la violenza predomina in questa serie, mentre qui è assente lo spazio per l'amore, che era enormemente presente nelle prime due stagioni. I due ragazzi si conoscono appena, mentre i due coniugi che si vedono più avanti sembrano odiarsi in maniera viscerale e sembrano aver finto l'amore tipico della "famiglia perfetta", americana o meno che sia, perché ormai certi usi e costumi dettati dal mondo mediatico fanno parte di tutto il mondo, proprio come quello della famiglia dei biscotti e merendine italiane dove tutti fanno colazione insieme. Oltre alla violenza, anche l'idiozia umana è molto marcata, al punto che non è divertente, è fastidiosa o per meglio dire imbarazzante. Si sono visti, nel proseguire dei lavori di Lynch, scene buffe e personaggi idioti, ma in questo episodio questi sono al limite del nervosismo come i condòmini della donna uccisa a cui hanno staccato la testa e sostituito il corpo con quello di uno sconosciuto. Chiaramente, personaggi come Andy o Lucy rimangono nel cuore dei fan come personaggi simpatici per le loro qualità positive nonostante la loro idiozia e sono tra gli anelli di congiunzione tra il vecchio e il nuovo Twin Peaks.
Lynch, consapevole del suo ruolo nella storia del cinema, non perde occasione per auto-citarsi nella scena del Gigante e del protagonista Dale Cooper, scena in cui il Gigante dice all'agente dell'ABI di ascoltare un grammofono che produce suoni oscuri, rappresentativi dell'estetica lynchiana, più orientata al suono e alla musica che non alle immagini. Lynch ha voluto alzare il peso artistico della serie entrando nel contesto della video-art, operazione eseguita anche in Inland Empire. Le morti, i fantasmi, i demoni, la loggia nera sembrano proprio paesaggi metafisici non soltanto per il loro contenuto ma anche per la realizzazione grafica 3-D che li rende tali, come se un elemento di un'altra dimensione entrasse nel mondo reale e non è un elemento qualunque ma è l'elemento ricorrente della video-art, cioè la morte. La video arte crea e distrugge mondi e questo permette al suo creatore di avere le capacità di un Dio e di decidere della vita e della morte non solo di personaggi creati da bit informatici, ma di decidere per un universo intero.
Ecco che Lynch è diventato davvero padrone dell'universo di Twin Peaks e ora porta il suo pubblico nel suo parco giochi fatto di psicosi generate dalla società, dai fenomeni mediatici e dalla cultura dell'uomo.