A Londra, all’incrocio tra la trafficata Euston road e la tranquilla Duke’s road, si trova la St. Pancras Parish Church dedicata a San Pancrazio da Roma, un edificio di culto eretto in stile Greek Revival, ripresa architettonica del classico greco ionico tanto in voga a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo; questa chiesa oltre ad essere un importante riferimento religioso è divenuto nel tempo anche un importante centro dispensatore di cultura grazie a quella che è la cripta sotterranea dove si allestiscono delle mostre e che ad oggi è conosciuta appunto come The Crypt Gallery London.
Mi trovo di fronte a questo magnifico edificio perché invitato da un artista che conosco e seguo già da tempo : Francesco Bertucci, già organizzatore di eventi qui nella City e riferimento dell’associazione internazionale Artisti Anonimi, un gruppo che si è formato in rete per poi proseguire l’onda artistica e creativa nel ritrovo espositivo di stupende ambientazioni come questa; il gruppo è un insieme di nomi provenienti dal contemporaneo italiano ed europeo che si uniscono più o meno numerosi a seconda dell’evento e della situazione che viene proposta, tutti artisti con pluriennale esperienza sia nella pittura classica sia in quella innovativa, partendo dalla modernità del digitale fino al classicismo della poesia-pittura.
La mostra è stata intitolata Security Exit riprendendo un’opera proprio di Bertucci, e sta a sottolineare il particolare momento storico in cui si trova la città di Londra, dove non si riesce a capire veramente se la scelta del popolo britannico che ha determinato la Brexit sia un'uscita di sicurezza verso una nuova ‘era’ oppure solamente un pericoloso salto nel buio verso un incerto futuro isolazionista; le cronache forse ci danno un poco ragione visto che un reale accordo sui termini del doloroso divorzio non si è ancora nettamente delineato.
In attesa di quella che per gli addetti ai lavori si chiama ‘private view’, ovvero il poter visitare privatamente e su invito un'esibizione artistica in orari in cui la galleria ospitante è normalmente chiusa al pubblico, riesco a scorgere, dalla porta semiaperta, un ambiente più basso rispetto al piano della strada, e già questa visione sotterranea amplifica la sensazione di antico che viene confermata dalla sovrastante presenza di quattro statue, che fungendo da colonne sorreggono l’intera struttura con la leggerezza della loro figura femminile. Subito dopo, scendere le scale è una sensazione magica, forse dovuta all’ora tarda, all’illuminazione fioca e al silenzio che si respira: pur trovandomi insieme a un certo numero di persone, ci guardiamo tutti negli occhi comunicando senza pronunciare parola, e si sente solo il rumore dei nostri passi mentre la sala si amplia e inizia il percorso da seguire.
Il colore della muratura e dei mattoncini di cui sembra fatta la parete danno un tocco di antico che porta alla memoria ambientazioni di epoca romana pur consapevoli che la costruzione risale a soli due secoli addietro, e naturalmente si perde anche la consapevolezza di essere a Londra; solo le opere che staccano a media altezza ci riportano nel contemporaneo, parliamo infatti di opere moderne: paesaggi, figurativi, astratti che sembrano dipinti sul muro.
Non mi soffermo più di tanto su ogni singola opera, cerco di carpire il singolo messaggio che ogni lavoro vuole trasmettere, ed ecco il paesaggio delicato e chiaro di Andrea de Angelis con la sua ambientazione veneziana, la semplicità colorata e festosa di Anna Maria Guidobaldi Cardinali nella cerimonia contadina dei due sposini circondati dalla campagna, le linee marmoree di Annamaria Capicchioni con luci e ombre del Canyon, l’astrattismo figurativo e sfumato di Antonella Maranga con il vestito da danza classica, il personaggio maschile ed esotico di Barbara Berardicurti raffigurazione di un mondo vissuto sul volto di una sola persona.
Gli spazi della galleria si aprono sempre misteriosi e quasi furtivi con il gioco dell’illuminazione sotterranea e trovo ancora numerose le opere e tra loro le figure femminili e fiere di Claudia Salvadori che tanto hanno da dire senza parlare, il paesaggio storico e poetico di Donatella Tomassoni che ci rende partecipi di un mondo oramai scomparso, il disegno ovale con colori e sfumature di Elisabetta Grappasonni tra il fantastico e il magico, gli accostamenti cromatici e definiti di Fabrizio Capaccioni che si sviluppano su di uno stile a mosaico moderno, il tema sociale e sentimentale di Francesco Bertucci che insinua dubbi con la locandina del Brexit e suscita emozioni nell’abbraccio innamorato che corre verso il tempo, poi il classico in stile retrò di Gino Tardivo con illustrazioni tra storico e sociale.
E ancora il mistico e religioso di Giuseppe Zotti riempie di sincera devozione e sembra appartenere allo stesso muro che lo ospita, Laura Carrera con il disegno bianco e descrittivo ci vuole narrare la sua storia, Roberta Cardinali Ferretti nel freddo inverno di paesaggi innevati e quasi nordici, la tecnica graffiata di Salvo Coglitori con il calore isolano della lontana Sicilia, Serena Valli con i colori delle vele che giocano col vento, Valeria Piccari e il bianco che taglia il mare, Veronica Bindi e i suoi chiaroscuri nella figura forte e complessa, il mondo musicale di Zrinka Dusper Casella dove tratto e note musicali si intrecciano, Zuzana Larisova e il gigante che si manifesta dal profondo.
Il percorso sembra non trovare fine ed è solamente la porta colorata dell’entrata che ci avverte che siamo tornati al punto di partenza e la serata volge al termine: soddisfatto prendo informazioni e stringo le mani dei presenti, la mostra sarà fruibile al pubblico dal 18 al 20 Giugno e per ora mi accontento di queste informazioni e di questa ‘private view’ in esclusiva da addetti ai lavori e torno con la consueta fretta nei rumori assordanti di una chiassosa Londra.