Succedeva ormai quasi quattro anni fa. Una scoperta esaltante. Guida sotto braccio, zainetto con provviste e mente libera, ero pronta per avventurarmi nella nuova e quasi conturbante Mosca. Nuova perché mi aveva accolto a braccia aperte, nuova perché profumava di avventura e mistero, perché mi apriva un mondo inaspettatamente verde e fresco. Nuova perché io stessa ero nuova, rinata e curiosamente felice, esultante, intraprendente, scalpitante, impaziente. Oggi ci torno, soprattutto che si avvicina maggio, il mese che a Mosca è il più bello e fiorito. Entriamo insieme al Gorky Park, allora. Forse il più bello fra i 96 parchi e i 18 giardini moscoviti. Naturalmente ci avventureremo nella natura con qualche libro che uscirà dallo zaino colorato, sempre con noi, sempre lui, eterno e paziente compagno di viaggio, un cilindro magico pieno di continue e mirabolanti sorprese. Accompagnati dalla musica che pervade e impregna la città.
Ci siamo. Stiamo per entrare al parco ma, improvvisamente, ci appare una sorpresa gradita, qualcosa di inaspettato. Non credete ai vostri occhi colpiti dai forti e coraggiosi raggi di un sole di maggio anch'esso inatteso. Quando non vi aspettate qualcosa, ma nemmeno riuscite lontanamente a immaginare quello che invece vi trovate davanti, lo stupore è quasi stellare. Abbiamo di fronte un pianoforte, due pianoforti, tre, quattro, dieci... E poi fiori che escono dagli strumenti artisticamente scoperchiati, il loro profumo delicato, note che vi danzano intorno, solo note, in girotondo. Ovunque c’è' musica, solo musica. La mia, la vostra, la nostra. Ognuno può suonare le sue note, ciascuno può giocare spensieratamente con il suo spartito reale o immaginario. Che suoniate bene o male, siete liberi di comporre la vostra musica, di danzare sulle melodie che sapete o immaginate di creare, di sognare il vostro spartito, di comporre la vostra strada, il vostro cuore, la vostra mente. Questo senso di libertà è meraviglioso, so che lo sentite. So che siete con me.
Terminato lo stupore del vedere come ci si possa lasciare andare alla musica in mezzo al traffico impazzito e a tante persone multilingue, piedi e idee vi portano a entrare nel parco vellutato. La sorpresa è la stessa di quando, da ragazzini, aprivate il baule della soffitta delle meraviglie. L'entrata è maestosa, come tutto in questa città, vi invade il colore, i fiori vi danno il benvenuto, quasi minuscoli esseri animati che sorridono alla vostra curiosità infinita ed interminabile.
Un tulipano piega leggermente la sua corolla per indicarci la strada, un inchino, un saluto affettuoso che ci fa dirigere verso aiuole splendenti ovali, rettangolari, circolari, ovoidali; ogni forma ha un suo perché, quasi un disegno di un giovane angelo dispettoso che si è divertito e sbizzarrito a lanciare colori qua e là. La natura è splendida, qui, come ovunque, incredibilmente benevola e generosa nel regalarti emozioni forti e indimenticabili. Anche qui gli alberi, come scriveva Tagore, sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto. Il cielo ti ascolta, ascolta i tuoi pensieri e i tuoi sogni che in questo posto hai finalmente il coraggio di esprimere.
Prendiamoci per mano e sediamoci allora su questa panchina accanto ai tulipani fioriti, per una volta proviamo a rivelarci i nostri segreti, proviamo a scambiarci i desideri ed a capire cosa vorremo veramente. C'è anche una ninfa leggera laggiù che, con la sua scintillante bacchetta magica ornata di tulle bianco, ha spruzzato qualche goccia di stella su un vaso fiorito solo per noi. È un tripudio di colori e luccichii gioiosi, qualche giacinto sorride scherzoso, anche voi fate fatica a capire dove girare il capo, destra, sinistra o ancora sinistra, dritto, dietro, davanti. Viole, iris, tulipani, rose, calendule, fontane, il degno quadro di una favola.
Dicevamo, vediamo sbucare una ninfa da un cespuglio fiorito. Forse è una ninfa, o la sua delicata ombra, forse una nobile principessa o la zarina liutista delle antiche favole che si aggira per i viali. Scorci mozzafiato. Da dietro quel cespuglio fiorito, che ora accarezziamo, sono sbucate le sue note, le stesse amorose e potenti note che avevano salvato il sultano rapito. I sentieri sono alberati e lunghi, ma retti e piacevoli. Ci porteranno in luoghi fantastici.
Continuiamo a passeggiare lungo l'imponente e calma Moscova, cerchiamo di arrivare insieme al limitrofo giardino Neskuchnyy, il più antico parco della città, utilizzato dagli zar come residenza privata. Altro tripudio di verde smeraldo. So che fa caldo per essere maggio, ma se avrete la pazienza di accompagnarmi ancora per un bel tratto vedremo uno spettacolo indimenticabile. La stanchezza si sentirà solo a fine giornata ma sarete felici di avermi ascoltato. Prometto ancora. Fermiamoci un attimo in questo gazebo bianco, un caffè nero forte ci aiuterà a continuare il cammino, mentre le rose in fila rigorosa riflettono i loro colori accesi negli animi di chi, al riparo di quel candido legno, chiacchiera allegramente con amici ed estranei incrociati lungo la via.
Ma cosa intravvediamo laggiù fra vocii e risate? Canoe, remi, natanti, salvagente e ponti. Quasi fossimo in un altro mondo nel mondo. E poi, il Piccolo Principe che sorride da un manifesto del Teatro Verde, l'enorme teatro all'aperto che si trova nel giardino, quasi a volermi ricordare quello che lui mi sussurra da sempre, ovvero che non si vede bene che col cuore, e che l'essenziale è invisibile agli occhi. Ce lo sta indicando con le sue piccole e docili manine, appisolato sul cancello ricamato del teatro. Il cancello è chiuso ma verrà aperto solo per noi, perché l’animo ha capito, perché il Principe ci ha generosamente regalato i suoi mucchi di sonagli che sanno ridere …
Rincuorati procediamo, finché, insieme a un profumo di fresie bianche che non ci sono, ecco uno specchio d'acqua illuminato dal sole. I raggi di luce si abbracciano amorosamente per giocare a nascondino con pensieri e sensazioni. Ti innamori della loro passione, del loro essere insieme e uniti, del loro legame tenero e forte ma allo stesso tempo libero di sciogliersi in qualsiasi momento.
La foresta intorno è una vera foresta nella città, ne senti suoni e odori. Ti pare di sentire le parole che la graziosa figlia di Grigorij Ivanovič Muromskij, Lizaveta-Akulina, sussurrava al suo bel Aleksej, figlio dell'odiato Ivan Petrovič, lungo la strada ombreggiata del boschetto che Puškin descrive con la maestria che lo contraddice. I cespugli paiono gli stessi, anche le frasche fruscianti potrebbero essere le stesse, i messaggi trepidanti lasciati negli incavi degli alberi potrebbero davvero essere ancora nascosti lì. Ti piace l'idea di andare a cercarne qualcuno. Adori Puškin quando non descrive fino in fondo e ti lascia immaginare parole e discorsi, la storia che preferisci, il finale che desideri, così come hanno fatto gli spartiti delle note dei pianoforti che ci hanno introdotto in questo parco, quando hanno voluto lasciarti la completa e libera scelta della composizione. Allora cerchiamo insieme qualcuno di quegli antichi messaggi. Una nota manoscritta, una calligrafia femminile tornita ed elegante, ci fa tornare indietro e dirigere ai giardini dell'Hermitage...
Non sono vicinissimi, dobbiamo percorrere all’indietro il cammino fatto per arrivare, risalire verso il Bolshoi e arrivare alla Petrovka. Non sentirete la fatica. Ancora uno sforzo prima che arrivi il tiepido tramonto. Questo luogo nasconde fate. Il giardino curato attira le farfalle, e quindi siamo qui. Noi che siamo diventati farfalle grazie anche a quest’aria colorata e profumata, noi che stiamo prendendo il volo, con grazia. Abbigliati di gelsomino, attraversiamo gli alberi di pesco fiorito. Non sono veri, ma il loro fascino è eterno e quasi sovrannaturale. Qui le fate passeggiano per i sentieri curati. Ve l’avevo detto.