Cerchiate questa data sulla vostra agenda: 20/04/2013. Metteteci un segnalibro, sottolineatela di rosso, fatevi un promemoria sul telefonino, sul tablet, sul Blackberry, o su qualunque diavoleria moderna utilizziate per fingere di essere sempre puntuali. Scrivete a caratteri cubitali: RECORD STORE DAY.
Il 20 aprile infatti è la data scelta quest’anno per la giornata dedicata ai negozi di dischi, queste meravigliose realtà che da un lato vediamo scomparire e soffrire, dall’altro resistere e, in qualche caso, riprendere quota. Insomma, ne va della salvezza di un intero mondo, di una filosofia plurigenerazionale, quella che privilegia (o almeno apprezza di più) il contatto umano rispetto a qualche euro di risparmio e che, soprattutto, preferisce un oggetto fisico al freddo file digitale.
Il mese scorso ho parlato di Spotify, ed è naturale che l’impatto di questa piattaforma sugli affari dei negozi di dischi vada valutata nel tempo. Qualche negoziante a cui ho chiesto un parere è sbiancato e ha scosso la testa impaurito. Però ho anche trovato un paio di persone che hanno comprato un disco dopo averlo ascoltato gratis su Spotify, quindi è ancora presto per emettere una condanna a morte.
Intanto c’è da santificare questa festa laica, che coinvolge un numero sempre crescente di esercizi anche in Italia (una lista teoricamente completa la trovate qui http://www.recordstoreday.com/Venues?country=Italy) e prevede, a seconda dei casi, iniziative specifiche come piccoli concerti, inviti a musicisti, offerte speciali e sicuramente la disponibilità di edizioni limitate pubblicate per l’occasione. L’anno scorso, per esempio, arraffai un doppio live di Leonard Cohen e un 10” degli italiani Zen Circus.
Naturalmente vi consiglio di fare un salto in un negozio di dischi sabato 20 aprile. Se avrete fortuna potrete trovare la varia umanità con la quale convivo (o meglio di cui faccio parte) da quasi tre decenni e che garantirebbe anni di studio a qualsiasi antropologo disposto ad avventurarsi in terre inconsuete. Vi faccio qualche esempio. Se state curiosando in uno scaffale, guardatevi intorno e controllate: c’è per caso un tizio che fa finta di pensare ai fatti suoi ma in realtà vi lancia sguardi indagatori a intermittenza? C’è? Bene, state pronti: al più tardi entro due minuti non resisterà dal dirvi la sua su quello che state maneggiando. “Non male questo disco dei Pink Floyd, ma il primo album è meglio. Anzi, io cercherei i 13th Floor Elevators se vuoi sentire un po’ di vera psichedelia”. Tutto ciò naturalmente è gratis, e rigorosamente non richiesto. Oppure osservate le coppie: marito in preda alla bulimia discomane, moglie cronometrista pronta a scandire il passaggio di ogni minuto con la stessa levità con cui, nei corridoi delle carceri americane, si sente urlare: “Deaaaad Maaaaan Waaaaalkiiiiiing!”. E’ per questo che a volte i poveracci partono chiedendo il monumentale Later di Frank Zappa, ripiegano su Rock Bottom di Robert Wyatt, e allo scadere del tempo a loro disposizione si riducono a portare a casa una compilation degli Eagles.
Il discomane felice, ma anche il più pericoloso per sé e per gli altri, entra nel negozio rigorosamente da solo. Gli amici possono distrarre, della consorte ho già detto, l’esistenza di eventuali figli in quei momenti non viene neppure tenuta in considerazione. I più malati vanno in giro con un foglietto su cui sono appuntati i titoli mancanti di una collezione che ha già occupato ogni anfratto dell’appartamento e degli spazi un tempo ritenuti condominiali. Una volta un tizio durante una convention si avvicinò al banco in cui stavo rovistando e mi chiese se per caso avevo visto la sua agenda. Vi giuro: aveva la stessa faccia della mamma che fa annunciare all’altoparlante dello stabilimento balneare di Rimini lo smarrimento della figlia treenne il 15 agosto.
Capite dunque che, se un giorno nefasto dovessero sparire i negozi di dischi, queste povere anime rimarrebbero senza una meta? Vi rendete conto che quella che per alcuni di voi è un’abitudine saltuaria, magari perfino dimenticata, per un vostro simile è probabilmente una ragione di vita?Insomma, celebrate il Record Store Day, mi raccomando. Se non (solo) per voi, fatelo per loro.
E se trovate un’agenda appoggiata sulle costole dei vinili, percaritaddiddio, prendetela per mano e accompagnatela dal babbo. Vedete in lei una bambina smarrita di tre anni.