La nascita della Terra si perde nella notte dei tempi. Le tracce dei nostri primi antenati sono nascoste nelle grotte, sepolte negli strati di terra o di pietrisco attraverso migliaia di fossili. Nonostante queste difficoltà, la datazione dei resti di ciò che ci hanno lasciato le ossa o i manufatti può essere stabilita con una certa sicurezza attraverso particolari procedimenti, calcolando l'età degli strati in cui tali resti sono stati rinvenuti durante gli scavi.
Una scoperta rivoluzionaria in questo campo è dovuta all'ingegnere minerario Johann Gottlieb Lehman nel 1756 padre della legge della sovrapposizione degli strati della Terra fondato sul principio che un oggetto ritrovato in uno strato inferiore è più antico di un reperto rinvenuto in uno strato superiore e iniziando così i primi progressi nel campo della geologia moderna. Nel tempo, pur ribadendo la validità del sistema, sono apparsi sistemi sicuramente più precisi come il famoso metodo del radiocarbonio.
Sappiamo che le sostanze organiche di cui siamo composti, animali e piante comprese, assorbono dall'atmosfera carbonio radioattivo, con la morte dell'organismo, però, il carbonio pone fine all'accumulo di questa sostanza e comincia lentamente a disgregarsi, dopo circa 5.730 anni la metà è già dissolta, ancora 11.460 anni e non ne resta che appena un quarto e così fino alla completa decomposizione che si ottiene dopo circa 45.000 anni.
Metodi di datazione
Poiché il processo è costante, siamo in grado di calcolare la quantità di radiocarbonio presente nell'oggetto sottoposta a esame definendo quanto tempo è passato e definire l'età del reperto stesso con una seria approssimazione. I reperti ancora più antichi vengono datati, in modo analogo, ma ricorrendo ad altri metodi, come quelli del potassio e dell'uranio. Con l'analisi del potassio si ottengono datazioni molto più remote, ma meno sicure mentre il metodo dell'uranio, usato per stabilire l'età delle rocce, ha permesso di accertare la data di formazione della crosta terrestre risalente a circa 4 miliardi di anni fa.Ma la scienza non sta certo ferma sulle sue scoperte. Recentemente nella regione canadese del Quebec sono stati rinvenuti fossili di batteri risalenti a 4 miliardi e mezzo di anni fa. Stando a questa scoperta mentre si formava la Terra i batteri già esistevano. Un quesito non da poco per la nostra storia!
Scienziati canadesi e britannici hanno poi sviluppato la datazione attraverso il quarzo, meglio conosciuta come datazione ottica, attraverso il quale è possibile stabilire in quale epoca un determinato luogo è stato esposto per l'ultima volta alla luce del sole. La datazione al quarzo permette di datare i reperti che risalgono fino a 150.000 anni fa. Si va così sempre più indietro quando le fonti scritte orali non esistono più, ma rimangono le fonti mute dell'umanità e su queste si lavora come in un difficile puzzle alla ricerca di una storia che si perde in epoche ormai impensabili per noi.
Lo studio della preistoria
Ma come nasce lo studio di un tempo così antico come quello della preistoria? Lasciando il fantastico Medioevo, dove davanti alle scoperte di monumenti megalitici, chiamate anche "tombe di giganti"; c'era solo tanta superstizione, sortilegi e incantesimi. Per studi più seri bisogna arrivare al nostro Rinascimento e precisamente alla corte medicea dove per la prima volta fu organizzata una raccolta di antichità e oggetti d'arte con lo scopo politico dichiarato di ricollegare lo Stato toscano niente meno che alla monarchia etrusca, avviando, però, lo sviluppo autonomo della civiltà occidentale che sarebbe poi divenuto il modello della storiografia antiquaria. In questa raccolta si trovavano anche oggetti che oggi possiamo definire preistorici ponendo per primo, neanche a dirlo, il grande Leonardo davanti ai quesiti che questi oggetti ponevano su civiltà molto più antiche lasciando da parte incantesimi e superstizioni ed avviando uno studio più organico.
Ma è con Michele Mercati, suo contemporaneo, soprintendente ai Giardini Botanici Vaticani, che si devono i primi studi comparati sui materiali di interesse etnografico riportati da tanti esploratori. Mercati aveva compreso, tra l'altro, la natura delle punte di freccia, ancora chiamate punte del fulmine, secondo la mitologia classica, come vere armi o utensili fabbricate dall'uomo e non semplici ciottoli naturali. Sarà però Bernard de Montfaucon, monaco benedettino, che nella relazione di uno scavo nel 1719, esaminando l'associazione tra scheletri, punte di freccia e asce levigate e altri resti elaborò l'interpretazione della teoria delle "tre età" geologiche ancora definite in maniera ancora mitologica come l'età dell'oro dell'argento e del ferro.
Un definitivo impulso allo sviluppo della ricerca nel campo delle antichità pre e protostoriche si determinò dal diffondersi, verso la fine del XVIII secolo, del movimento romantico; potente stimolo per lo studio delle antichità "nazionali". Nel 1806, nasceva il Museo Nazionale Danese, affidata a un giovane studioso di numismatica, Christian Jürgensen Thomsen che dovette confrontarsi con il problema pratico della classificazione dei più di 500 oggetti della collezione. Dopo alcune prove scelse di utilizzare un criterio "tecnologico", separando i materiali in tre gruppi, a loro volta rappresentativi delle tre successive età, chiudendo per sempre il mito, definendo, come ancora oggi, in età della Pietra, del Bronzo e del Ferro. Questi sono solo i primi tasselli dello studio del mondo dei primitivi a cui dovremmo aggiungere altre decine di altri pionieri della ricerca, fondamentali per il progresso di questa scienza dove nonostante le importanti acquisizioni scientifiche in realtà c'è ancora molto da scoprire dovendo indagare su epoche di 100 o 200 mila anni fa e oltre.
Curiosità su i nostri antenati
La divulgazione scientifica utilizza in modo massiccio molti mezzi come la stampa, la televisione, il cinema o internet, contribuendo alla crescita delle conoscenze, tuttavia, come per altri periodi, si registrano spesso luoghi comuni o stereotipi che contribuiscono a una cattiva divulgazione scientifica ed errori fondamentali che creano una specie di superstizione scientifica come la famosa questione evoluzionista che l’uomo derivi dalla scimmia. In parte è vero che l’uomo e le scimmie antropomorfe condividono antenati comuni da cui partono le proprie linee evolutive, ma si sono separate oltre 6-7 milioni di anni fa creando in seguito forme del tutto distinte in umana e in quella delle scimmie antropomorfe, specialmente africane. Molti ritengono che le prime forme umane siano rappresentate da Homo habilis di due milioni di anni fa preceduto dagli Australopitechi. Più indietro nel tempo, però, troviamo altri viventi, a cui si ricollegano le antropomorfe e la forma umana, fino ai primi vertebrati e ai batteri.
Nel 1974 avvenne una scoperta eccezionale in Africa nella zona dell'Afar, in Etiopia da Yves Coppens, Donald Johanson e Maurice Taieb: lo scheletro di un essere femminile, chiamata affettuosamente Lucy e definita come la prima donna, qualcuno addirittura protese per l'idea che appartenesse alla razza della mitologica Eva, vista la sua antichità, peccato che non era vero. In realtà i resti facevano parte di una femmina adulta, vissuta almeno 3,2 milioni di anni fa che aveva acquisito la stazione eretta, ma apparteneva alle Australopitecine largamente presenti nelle regioni orientali dell’Africa già da 4 milioni di anni pertanto Lucy non può essere definita la prima donna nel senso moderno del termine perché i reperti trovati in Etiopia, infatti, appartengono a una femmina adulta vissuta almeno un milione di anni prima di Homo habilis.
La vita quotidiana
Altra nozione è che l’uomo preistorico viveva solo in grotte. È vero che l’uomo di questo periodo cercava riparo in grotte o sottoroccia nei periodi freddi, ma le prime forme umane nell'accezione più moderna, vivevano in capanne tanto che accampamenti all’aria aperta sono segnalati sia nelle regioni calde che in quelle temperate già migliaia di anni fa agli albori della civiltà umana. Le grotte secondo studi più moderni erano dedicate come luoghi sacri dove l'uomo poteva svolgere i suoi rituali per la quotidianità ecco perché tante immagini di caccia e vita quotidiana rappresentate sulle parete di roccia. Altra opinione è che i cosiddetti preistorici usassero solo strumenti di selce. Certamente la selce ha costituito una materia prima di elezione, per fabbricare strumenti, ma non era sempre a disposizione. In realtà l’uomo ha utilizzato anche altro materiale come calcare, arenaria, quarzo, come pure, osso, corno, ossidiana, specialmente nei periodi più recenti dimostrando una capacità lavorativa e di ricerca non indifferenti.
L'habitat
Gli uomini del Paleolitico dovevano solo lottare per poter sopravvivere? L'antropologo Marshal Sahlins, sfatando questo preconcetto, scrive nei suoi numerosi studi sull'età della pietra come di un periodo dell’abbondanza e che un'economia di caccia e raccolta non indica necessariamente povertà e miseria perché la disponibilità di spazio e la bassa densità demografica non implicava a quell'epoca rivalità o lotte, di cui per altro non si conservano tracce, anzi, sembra più una società basata sulla cooperazione e sulla vita sociale, ancora visibile, come già accennato, con lo sviluppo dell’arte parietale. Le guerre di conquista dei territori cominceranno purtroppo con il Neolitico e di lì non si sono più fermate.
I mammut
Proseguendo in questa breve carrellata di pregiudizi forse daremo una delusione agli amanti dello spettacolare, ma i leggendari enormi mammut, arrivati in Europa dalla Siberia in un epoca assai recente, intorno a 190.000 anni fa. In realtà non era più grande dell’attuale elefante africano, anzi un po’ più piccolo, era alto 2,70-3 metri e addirittura gli ultimi, che si estinsero 4000 anni fa, non raggiungevano neanche i due metri di altezza.
L'uomo di Neanderthal
Sappiamo che prima del cosiddetto Home sapiens esisteva quello di Neanderthal, uomini e donne assai rozzi con una capacità culturale certamente inferiore ai primi. Tutto falso. Avevano certamente qualche differenza nell’aspetto rispetto all’uomo moderno, ma possedevano una cultura progredita nella lavorazione della pietra con capacità simbolica, utilizzavano sostanze coloranti e conchiglie a scopo decorativo, padroneggiavano il fuoco, costruivano insediamenti abitativi sottoroccia con divisione di spazi, e almeno in alcuni territori, praticavano anche la sepoltura, dimostrando così una visione metafisica della vita inoltre si è scoperto che lavoravano ossa e piume di volatili per farsi belli. Che l'uso della scheggiatura per i neandertaliani non avesse segreti lo sapevamo da tempo, ma che la finalità potesse anche essere puramente estetica è una novità assoluta.
Il rispetto per la natura
Oggi si parla sempre più frequentemente del valore economico e sociale del riciclo. Abbiamo capito che non possiamo buttare via i resti di quello che consumiamo e, almeno teoricamente, anche l'importanza di riutilizzare un prodotto ritenendola una grande conquista moderna. Ma il riciclo è una consuetudine dell’uomo già dall’antica Preistoria almeno 13.000 anni fa, nel Paleolitico Superiore, secondo uno studio condotto dal Catalan Institute of Human Paleoecology and Social Evolution. Ad avanzare e provare, questa ipotesi è stato il ricercatore Manuel Vaquero osservando alcuni sassi opportunamente appuntiti per diventare rudimentali strumenti di caccia in realtà erano stati modificati per ridargli una nuova vita, così quando la lama non risultava più abbastanza affilata, lo strumento veniva convertito in un utensile per cucinare o per trattare le pelli. Inoltre, i nomadi preistorici si avvalevano degli oggetti trovati in accampamenti abbandonati, per non doverli rifare di sana pianta e lo stesso vale per altri strumenti ritrovati in accampamenti o nelle grotte.
Ancora c'è da dire molto altro su queste società preistoriche come un aspetto fondamentale: l'amore per gli animali grazie anche al ritrovamento di urne cinerarie in Siberia dove erano seppelliti dei cani è una dimostrazione, 8 mila anni fa. Caratteristica ritrovata in molti altri insediamenti nel mondo. Infine, i nostri progenitori avevano le loro debolezze come un bel boccale di birra, o ciò che più assomigliava avendo trovato in alcuni insediamenti tutto l'occorrente per la sua produzione. Secondo Brian Hayden della Simon Fraser University in Canada già 11.550 anni fa era una bevanda conosciuta, ma non solo, dai resti rinvenuti in alcuni stanziamenti è stato trovato anche la droga. Lo ha rivelato uno scavo archeologico nell'isola caraibica di Carriacou, dove sono state scoperte scodelle in terracotta e tubi usati per inalare fumi allucinogeni e polveri. Si ritiene però che si utilizzassero le droghe per raggiungere uno stato di trance per scopi spirituali.
A questo punto, dopo tutte queste notizie sui nostri antenati, siamo poi così sicuri di essere tanto diversi da loro? Viene in mente un noto detto popolare: "Nulla di nuovo sotto il Sole".